Ma danno i numeri?? No, le lettere…

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di Renata Puleo, Gruppo No INVALSI,  La scuola delle 3 i, 4.7.2016

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– “Misurare con un numero la gioia di apprendere di un bambino è come misurare il cielo con un righello”. Così la prosa da hashtag, come l’ha definita Alessandro Robecchi su Il Fatto Quotidiano di martedi 28 giugno, della responsabile-scuola del PD, Francesca Puglisi, purtroppo già nota per la retorica con cui sostiene il progetto di cancellazione della Scuola dell’Infanzia denominato “0-6”. Sui voti si era espresso, pagandone le conseguenze in termini disciplinari, il Maestro Manzi, con argomentazioni pedagogiche e didattiche di ben altro spessore. Ma tant’è, e mi chiedo se vale la pena occuparsi dell’ennesimo atto arrogante del Governo che vorrebbe abolire i voti numerici per sostituirli con le lettere. No, se non fosse il sintomo di un profondo malinteso sulla valutazione che da anni riempie di nefandezze la scuola, soprattutto quella del primo ciclo.

Provo ad elencare alcuni aspetti che il progetto mette in luce, non tutti criticabili sullo stesso piano logico, non necessariamente da disporre nell’ordine in cui li enumero, ma evidentemente fra loro collegati da uno stesso paradigma.

  1. Le deleghe previste dall’unico mostruoso articolo che costituisce la legge 107/15 sono davvero tante e coprono un arco così vasto di questioni per cui l’intero corpo legislativo di fatto passa di mano, dal Parlamento al Governo; di nessuna questione si discute in aula o nel paese, tutto viene deciso in forma di decreto, anche una questione come quella del sistema di misura delle prestazioni scolastiche, squisitamente legata a tutto un complesso sistema di insegnamento-apprendimento.

  2. La valutazione come insieme di atti di giudizio mediante criterio viene ormai da oltre un decennio monopolizzata dagli enti valutatori, nazionali (INVALSI e ANVUR per l’Università) e internazionali; del resto è

    opinione diffusa fra i loro spalleggiatori che gli insegnanti “non hanno cultura della valutazione” e dunque è bene che lascino fare agli esperti.

  3. La misurazione appare, nella versione “to test” e nella campionatura maldestra dell’INVALSI, come capace di sussumere, assorbire, l’intero processo valutativo, anziché costituirne il momento finale di scelta del parametro di confronto, sempre solo orientativo (i metri di lunghezza di un terreno non sono il terreno medesimo!); la valutazione intermedia, formativa, finale, è frutto di innumerevoli passaggi, di saggi dei vari passi di un processo mai lineare, di conclusioni sempre provvisorie; e questo non piace a chi cerca verità stabili a cui inchiodare gli insegnanti come in un non replicabile fermo-immagine; un test, una domanda, costituiscono solo il tentativo di intercettare al meglio una abilità, meno agevolmente bene una competenza, rimandano ad un dato discreto capace di descrive il comportamento medio di una popolazione indagata, mai la qualità emergente determinata da fattori non tutti e completamente governabili. Che per comodità dopo una correzione-verifica di un compito qualsivoglia si scelga di misurarlo su una scala A-D, 0-10, rosso-giallo-verde come si era pure stato proposto in passato e come si fa in Francia alla Scuola dell’Infanzia, non significa che si stia dicendo qualcosa di significativo sull’andamento dell’intero processo che di quella prestazione è a capo; ne verrà descritto qualcosa, una parzialità; che valutare non si riduca a misurare nessuno lo ha ribadito, nemmeno i commentatori più avvertiti.

Purtroppo le riflessioni sulla stampa e in rete di questi giorni sono, come spesso accade per altre faccende legate alla scuola e alla formazione, per nulla orientati a definire il tema, almeno rispetto ai tre punti su elencati. Malgrado la scuola sia il luogo di cui tutti abbiamo fatto esperienza diretta e indiretta attraverso i figli, i nipoti, i conoscenti, è difficile sentirne parlare con cognizione da coloro che elaborano, orientano la pubblica opinione. Così mi attengo al salace commento sempre di Robecchi che equipara l’ennesima grave sciocchezza di questo Governo sulla misurazione, al rating della agenzia Moody’s: il pensiero economico neoliberale si stia inghiottendo tutta la nostra vita, inizia a “educarci” alle sue modalità di lavoro e di misura, fin dall’infanzia!

In margine, ma non marginali rispetto all’ampio tema della valutazione, sono le grida contro l’esame di maturità che dopo oltre vent’anni di pseudo-riforme dovrebbe di nuovo essere rivisto. Lo abbiamo già scritto in altre occasioni, quel che si vuole è, da un lato operare in modo da completare le operazioni di colonizzazione della scuola pubblica da parte dell’INVALSI, dall’altro eliminare il valore legale del titolo. Infatti, l’ente valutatore sta predisponendo la prova standardizzata dopo qualche anno di sperimentazioni su cui varrebbe la pena non distrarsi. Gli intellettuali vicini alla Fondazione Agnelli che raccoglie e commenta i dati su ammissioni e promozioni in un’apposita ricerca, chiedono un maggior rigore da ottenersi mediante un terzo sguardo, ovvero un valutatore completamente esterno. La scuola dei docenti, degli alunni, degli organi collegiali viene anche in questo caso messa all’angolo. Ma sto semplificando, come ho detto dovremmo occupaci seriamente di questo aspetto del ciclo dell’istruzione pubblica allargando il dibattito. Credo che oltre alle responsabilità che da questo blog imputiamo al Ministero, ci siano quelle legate all’inerzia dei docenti, dopo qualche stagione di lotta tornati a rimuginare in solitudine.

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Ma danno i numeri?? No, le lettere… ultima modifica: 2016-07-05T05:14:03+02:00 da
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