La decisione del Governo di assegnare 500 euro a testa ad ogni insegnante sta suscitando reazioni contrastanti. Alcuni si stupiscono che molti docenti non abbiano per nulla gradito questa elargizione, anche se altri la ritengono un giusto e legittimo riconoscimento della necessità per ciascun buon insegnante di spendere denaro per aggiornare le proprie conoscenze e la propria cultura. Quasi un risarcimento di tante vessazioni recentemente patite e una nuova dimensione di riconoscimento sociale.
Alcune delle reazioni contrarie sono anche ingegnose nella forma, oltre che interessanti e bene argomentate nella sostanza, e ne daremo conto nella rassegna Quelli che non ci stanno, poiché vale la pena di conoscerle.
A noi interessa però aprire un confronto, una raccolta di idee, opinioni e di proposte, a partire dal disagio o dal rifiuto che questo provvedimento ha suscitato in molti e che noi condividiamo.
Per non sottrarci alla formulazione di un nostro pensiero di lancio e se si vuole di provocazione, proveremo a ribadire alcuni concetti tra loro fortemente connessi, che ci stanno molto a cuore e che questo provvedimento rischia invece di contrastare o addirittura di vanificare.
Il primo è la collegialità della professione docente. Da tempo siamo convinti che per quanto difficile da realizzare in questi termini, l’insegnamento sia una professione collegiale, che si articola nelle diverse modalità con cui un gruppo di adulti è impegnato a costruire e realizzare un progetto educativo nell’interesse (comune) degli allievi loro affidati, collegialmente e non individualmente. In tal senso e in questa prospettiva di costruttiva cooperazione il docente è chiamato a mettere al servizio del sistema scuola le proprie competenze individuali.
Da questo discende il secondo punto fermo: formazione professionale in servizio e aggiornamento culturale personale non sono la stessa cosa e vanno tenute nettamente distinte.
La formazione in servizio è un diritto/dovere che deve essere previsto e vincolante per legge, regolamentato dalle dinamiche contrattuali e realizzato come istanza collettiva per il buon funzionamento della scuola; l’aggiornamento culturale personale è libero e non può essere soggetto a vincoli di rendicontazione. Confondere i due piani elude le regole democratiche e crea solo confusione e qualche mistificazione.
Infine un terzo punto: l’aggiornamento personale dei docenti di una scuola non incide direttamente sul miglioramento dell’efficacia educativa e sui risultati raggiunti. L’aggiornamento individuale rende persone migliori, non necessariamente insegnanti migliori: non è quello che serve e non garantisce il miglioramento del progetto educativo. Per migliorare i risulati complessivi di una scuola serve individuare le aree di criticità e insieme trovare le risposte adeguate. Far questo è dovere della scuola in quanto istituzione e dei soggetti che vi operano, prima collegialmente, poi in strutture organizzate e collaborative, e infine individualmente. La sommatoria di persone istruite e aggiornate non garantisce il buon funzionamento della scuola.
Chiunque condivida questi presupposti potrà valutare e giudicare se e in che misura l’elargizione ad personam dei 500 euro li conferma, li garantisce, o li smentisce clamorosamente. A noi pare non sia possibile avere dubbi: quel provvedimento è la logica conseguenza di una visione individualistica della professionalità docente, ovvero del dovere professionale nei confronti degli allievi e quindi della scuola e dei rapporti che vi si instaurano.
La nostra è sempre stata una logica opposta, che vede l’insegnamento come lavoro cooperativo in una organizzazione condivisa: questa mira a migliorare il lavoro di tutti i suoi membri, nel senso di rispettare concretamente il diritto all’istruzione di tutti gli allievi (con particolare attenzione ai più deboli o svantaggiati) e di far confluire e rinforzare la responsabilità individuale in quella istituzionale. Senza deleghe o supplenze dell’una nei confronti dell’altra.
Per questo intendiamo continuare a difendere la dignità, la storia, la natura e le speranze del nostro “lavoro” al servizio dell’articolo 3 della Costituzione da un provvedimento che ci amareggia e da proposte alternative del tutto inadeguate, quando non controproducenti.
Che fare dunque di questi 500 euro di cui non si condivide la ratio e la destinazione? Su questo interrogativo apriamo un confronto di idee, di riflessioni e di proposte… Vi invitiamo a partecipare qui o inviando le vostre riflessioni a redazioneinsegnare2010@gmail.com
121. Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell‘importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attivita’ di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonche’ per iniziative coerenti con le attivita’ individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile.
122. [omissis: delega per le modalità]
123. Per le finalita’ di cui al comma 121 e’ autorizzata la spesa di euro 381,137 milioni annui a decorrere dall’anno 2015.
124. Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo e’ obbligatoria, permanente e strutturale. Le attivita’ di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, sulla base delle priorita’ nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria.
125. Per l’attuazione del Piano nazionale di formazione e per la realizzazione delle attivita’ formative di cui ai commi da 121 a 124 è autorizzata la spesa di euro 40 milioni annui a decorrere dall’anno 2016.
126. Per la valorizzazione del merito del personale docente è istituito presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca un apposito fondo, con lo stanziamento di euro 200 milioni annui a decorrere dall’anno 2016, ripartito a livello territoriale e tra le istituzioni scolastiche in proporzione alla dotazione organica dei docenti, considerando altresì i fattori di complessita’ delle istituzioni scolastiche e delle aree soggette a maggiore rischio educativo, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca.
Dalla Legge 107/2015, comma 121-126