Riforme assurde della Scuola: cosa si nasconde dietro il diploma in quattro anni?

di Lucio Marengo, Metropoli Notizie, 7.8.2017

– Ecco la notizia del giorno: diplomarsi in quattro anni anziché cinque. Il ministro Fedeli ha firmato il decreto che dà l’avvio a un Piano nazionale di sperimentazione che coinvolgerà  i Licei e gli Istituti tecnici.

Per la verità fino ad oggi 12 scuole hanno già sperimentato i percorsi quadriennali. Secondo la Fedeli bisogna capire bene l’efficacia della sperimentazione allargando l’esperienza a 100 classi. Le scuole interessate a far parte di questa seconda fase, che partirà dall’anno scolastico 2018-2019, dovranno partecipare a un bando nazionale presentando dei progetti dal 1° al 30 settembre.

Il MIUR si farà carico di vigilare che non venga fatto nessuno sconto agli studenti coinvolti, ma anzi che si ponga in essere un elevato livello di innovazione sia per quanto riguarda l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, sia per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l’uso della metodologia Clil (lo studio di una disciplina in una lingua straniera), per i processi di continuità e orientamento con la scuola secondaria di primo grado. E poi, un forte collegamento con il mondo del lavoro, con gli ordini professionali, con l’università e i percorsi terziari non accademici.

Studenti e studentesse dovranno raggiungere gli stessi obiettivi specifici di apprendimento dei loro colleghi impegnati nei classici corsi quinquennali. Detto in altre parole, stesse competenze ma con un anno in meno di studio.

Come dice il famoso giornalista Antonio Lubrano, la domanda nasce spontanea: perché studiare in quattro anni cose che si studiano in cinque?

Dal Ministero giustificano questa sperimentazione dicendo che ci allinea ad altri paesi europei come la Spagna, il Portogallo, la Francia e l’Ungheria.

Ma siamo certi che una scuola superiore in quattro anni rispetti la crescita psico-fisica dei nostri giovani?

E poi, siamo veramente sicuri che i nostri partner europei abbiamo sistemi scolastici più qualificati ed efficaci del nostro?

Perché dobbiamo sempre rincorrere gli altri dimenticando le nostre profonde radici culturali e la nostra centenaria tradizione scolastica, fino ad oggi di successo?

Sempre al Ministero dicono che questa rimodulazione agirà anche da contrasto all’abbandono scolastico.

Ma al Ministero sanno che l’abbandono scolastico non avviene al quinto anno, ma negli anni precedenti, soprattutto al biennio della scuola superiore?

Per un’ovvia legge universale, studiare in quattro anni ciò che oggi si studia in cinque, significa aumentare il carico di lavoro per i ragazzi che avrebbero probabilmente anche un tempo scuola più lungo.

E’ un sacrificio proprio necessario per i nostri giovani che, in teoria, si troverebbero a rinunciare a fette di vita fatte di sport, amicizia, esperienze educative extrascolastiche, tempo libero?

Perché chiunque transiti dal Miur finisce per indebolire l’architettura dell’Istruzione, l’unico settore dello Stato che forma i propri cittadini alla vita civile e a quella lavorativa?

Il cosiddetto General Intellect si costruisce proprio sui banchi di scuola e se il percorso educativo-formativo di un paese è fragile, a indebolirsi è proprio lo Stato che invece ha come sua prerogativa la crescita personale dei suoi giovani, che passa attraverso la costruzione di un senso critico individuale e di classe, il rafforzamento delle consapevolezze, la definizione delle capacità personali, l’indirizzamento delle scelte in ambito professionale e la costruzione di un pensiero critico.

Chi ci garantisce che l’obiettivo non sia proprio quello di progettare una cittadinanza inconsapevole perché fondamentalmente più ignorante?

Il dubbio sorge dal fatto che, soprattutto negli ultimi tempi, la scuola si è in qualche modo sottomessa alle imprese, spesso dimenticando che l’obiettivo primario del sistema d’istruzione non è quello di trovare immediatamente un lavoro ai ragazzi dopo il corso di studi, ma di aiutare il giovane cittadino a vivere libero in un paese libero, operando consapevolmente tutte le sue scelte di vita. La legge 107/2015 ha istituito l’obbligatorietà dei percorsi di Alternanza Scuola Lavoro sia per gli Istituti sia per gli studenti. Per 400 ore nei tecnici e nei professionali e 200 nei licei, i ragazzi non sono a scuola, ma nelle aziende. Meno formazione teorica e più applicazione pratica. Ma il pensiero critico, quello che fornisce al ragazzo la capacità di leggere gli eventi e la storia, anche per votare liberamente e in coscienza i propri rappresentanti politici, dove e quando si forma?

A causa della mancanza di aziende disposte a prendere in ASL gli studenti, si assiste oggi quasi a una sottomissione da parte delle scuole alle imprese.

Tutto questo rende inevitabilmente debole il contesto scuola. Se si aggiunge anche la diminuzione di un anno di studi, cosa ne rimane?

Anticipare di un anno il diploma, significa consegnare i nostri giovani alla disoccupazione un anno prima o bene che vada, assicurare alle aziende una forza lavoro meno colta, sottopagata e precaria e dunque più plasmabile. Del resto i ragazzi oggi vengono assunti dalle aziende con stage a 500 Euro per sei mesi, a cui forse seguono contratti di apprendistato a tempo determinato. Una precarietà che se unita a una fragilità culturale diventa mortale per la società a venire.

A questo si aggiunge un altro problema non meno importante: accorciare il diploma di un anno non significa avere meno insegnanti, visto che a regime si taglierebbero le ore di tutte le quinte classi?

Siamo sicuri che non sia l’ennessimo tentativo di tagliare le spese dello Stato, ancora una volta ai danni della Scuola italiana?

Come disse Giulio Andreotti… a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina.

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Riforme assurde della Scuola: cosa si nasconde dietro il diploma in quattro anni? ultima modifica: 2017-08-07T22:10:07+02:00 da
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