Requiem per la scuola. Aggredire i docenti non fa più notizia

di Teresa D’Errico, gli Stati Generali, 12.2.2018

– È grave ma nessuno ne parla, si liquida il discorso pensando che, in fondo, sono solo pochi casi isolati. Invece è un dato allarmante e c’era da aspettarselo: aggredire i docenti sta diventando una cosa normale. Gli episodi recenti sono tre: nella provincia di Caserta una professoressa è stata sfigurata al volto da un alunno, con un coltello; ad Avola un docente è stato preso a calci e pugni dai genitori di uno studente: una costola rotta; a Foggia il vicepreside di una scuola media è stato aggredito ancora una volta da un genitore: setto nasale spaccato e 30 giorni di prognosi.

Violenza, insulti: non è grave soltanto il fatto che non esista la percezione del docente come pubblico ufficiale, ma sembra ormai assodato che la scuola abbia perso completamente la stima sociale, al punto che l’aggressione violenta diventa un modo come tanti per “proteggere” i propri figli dalle assurde pretese degli insegnanti (studio, rispetto delle regole, impegno, applicazione, buon rendimento), una maniera come un’altra per affermare il proprio punto di vista, per sottrarsi ai propri doveri scolastici … le noiose interrogazioni.

Quello che accade a scuola è, purtroppo, lo specchio dei tempi: degrado delle relazioni umane per mancanza di cultura. L’allarme lanciato da vari studiosi, il recente appello per salvare la scuola pubblica, è stato sottovalutato quasi da tutti. Una scuola bersagliata, programmaticamente resa ludocentrica, svuotata di contenuti, fatta oggetto di offese e vilipendio; una classe docente sempre sotto accusa, indiscriminatamente; una curvatura quasi solo tecno-scientifica dei programmi; l’introduzione acritica, fino quasi all’abuso, delle tecnologie digitali: questo snaturamento della scuola sta producendo i suoi frutti.  Si fa fatica a comprenderlo, ma ghettizzare gli studi umanistici è stato un errore. Vengono liquidate come inutili, eppure la letteratura, la filosofia servono a questo: a formare i sentimenti. Perché ci si lamenta o ci si meraviglia se la violenza cieca prende il posto del dialogo e del rispetto? Non era questo il traguardo che la “Buona Scuola” voleva raggiungere? Depotenziando il ruolo dei docenti, demonizzando l’azione trasmissiva della didattica e osannando l’avvento delle nuove tecnologie digitali, abbattendo, cioè, l’aspetto relazionale tra alunni e insegnanti non era forse facilmente immaginabile che il risultato sarebbe stato un pugno in faccia?

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