A che serve il professore?

di Umberto Eco, la Bustina di Minerva, 17.4.2007

– Internet offre agli studenti molte più informazioni che la scuola.
Ma poi c’è bisogno di qualcuno che li aiuti a cercare, filtrare e selezionare.

Nella valanga di articoli sul bullismo nelle scuole ho letto di un episodio che proprio di bullismo non definirei ma al massimo d’impertinenza – e tuttavia si tratta di una impertinenza significativa. Dunque, si diceva che uno studente, per provocare un professore, gli avrebbe chiesto: “Scusi, ma nell’epoca d’Internet, Lei che cosa ci sta a fare?”.

Lo studente diceva una mezza verità, che tra l’altro persino i professori dicono da almeno vent’anni, e cioè che una volta la scuola doveva trasmettere certamente formazione ma anzitutto nozioni, dalle tabelline nelle elementari, alle notizie sulla capitale del Madagascar nelle medie, sino alla data della guerra dei trent’anni nel liceo. Con l’avvento, non dico di Internet, ma della televisione e persino della radio, e magari già con l’avvento del cinema, gran parte di queste nozioni venivano assorbite da ragazzi nel corso della vita extrascolastica.

Mio padre da piccolo non sapeva che Hiroshima fosse in Giappone, che esistesse Guadalcanal, aveva notizie imprecise di Dresda, e sapeva dell’India quello che gli raccontava Salgari. Io sin dai tempi della guerra queste cose le ho apprese dalla radio e dalle cartine sui quotidiani, mentre i miei figli hanno visto in televisione i fiordi norvegesi, il deserto di Gobi, come le api impollinano i fiori, com’era un Tyrannosaurus Rex; e infine un ragazzo d’oggi sa tutto sull’ozono, sui koala, sull’Iraq e sull’Afghanistan. Forse un ragazzo d’oggi non sa dire bene che cosa siano le staminali ma le ha sentite nominare, mentre ai miei tempi non ce lo diceva neppure la professoressa di scienze naturali. E allora che ci stanno a fare gli insegnanti?

Ho detto che quella dello studente di cui parlavo era solo una mezza verità, perché anzitutto l’insegnante oltre che informare deve formare. Quello che fa di una classe una buona classe non è che vi si apprendano date e dati ma che si stabilisca un dialogo continuo, un confronto di opinioni, una discussione su quanto si apprende a scuola e quanto avviene di fuori. Certo, che cosa accada in Iraq ce lo dice la televisione, ma perché qualcosa accada sempre lì, sin dai tempi della civiltà mesopotamica, e non in Groenlandia, lo può dire solo la scuola. E se qualcuno obiettasse che talora ce lo dicono persone anche autorevoli a ‘Porta a Porta’, è la scuola che deve discutere ‘Porta a Porta’. I mass media ci dicono tante e cose e ci trasmettono persino dei valori, ma la scuola dovrebbe saper discutere il modo in cui ce lo trasmettono, e valutare il tono e la forza delle argomentazioni che vengono svolte sulla carta stampata e in televisione. E poi c’è la verifica delle informazioni trasmesse dai media: per esempio, chi se non un insegnante può correggere le pronunce sbagliate di quell’inglese che ciascuno crede di imparare dalla televisione?

Ma lo studente non stava dicendo al professore che non aveva bisogno di lui perché erano ormai radio e televisione a dirgli dove stia Timbuctu o che si è discusso sulla fusione fredda, e cioè non gli stava dicendo che il suo ruolo era stato assunto da discorsi per così dire sciolti, che circolano in modo casuale e disordinato giorno per giorno sui vari media – e che se sappiamo molto sull’Iraq e poco sulla Siria dipende dalla buona o cattiva volontà di Bush. Lo studente stava dicendo che oggi esiste Internet, la Gran Madre di tutte le Enciclopedie, dove si trovano la Siria, la fusione fredda, la guerra dei trent’anni e la discussione infinita sul più alto dei numeri dispari. Gli stava dicendo che le informazioni che Internet gli mette a disposizione sono immensamente più ampie e spesso più approfondite di quelle di cui dispone il professore. E trascurava un punto importante: che Internet gli dice ‘quasi tutto’, salvo come cercare, filtrare, selezionare, accettare o rifiutare quelle informazioni.

A immagazzinare nuove informazioni, purché si abbia buona memoria, sono capaci tutti. Ma decidere quali vadano ricordate e quali no è arte sottile. Questo fa la differenza tra chi ha fatto un corso di studi regolari (anche male) e un autodidatta (anche se geniale).

Il problema drammatico è certamente che forse neppure il professore sa insegnare l’arte della selezione, almeno non su ogni capitolo dello scibile. Ma almeno sa che dovrebbe saperlo; e se non sa dare istruzioni precise su come selezionare può fornire l’esempio di qualcuno che si sforza di paragonare e giudicare volta per volta quello che Internet gli mette a disposizione. E infine può mettere quotidianamente in scena lo sforzo per riorganizzare in sistema ciò che Internet gli trasmette in ordine alfabetico, dicendo che esistono Tamerlano e i Monocotiledoni ma non quale sia il rapporto sistematico tra queste due nozioni.

Il senso di questi rapporti può darlo solo la scuola, e se non sa farlo dovrà attrezzarsi per farlo. Altrimenti le tre I di Internet, Inglese e Impresa rimarranno soltanto la prima parte di un raglio d’asino che non sale in cielo.

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A che serve il professore? ultima modifica: 2017-05-30T06:20:24+02:00 da
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