Alzarsi in piedi per il prof: le buone maniere (perdute?) a scuola

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di Antonella De Gregorio, Il Corriere della sera, 15.12.2017

– C’è chi parla di «gesto obsoleto», ma la maggioranza dei professori è d’accordo: può essere una buona abitudine formativa

Si fa allo scientifico Vittorio Veneto di Milano e al classico Carducci; al Righi e all’Albertelli di Roma, al Malpighi di Bologna, alle medie Verdi di Firenze. Entra l’insegnante e i ragazzi si alzano in piedi. Per accogliere i professori, «interrompono le chiacchiere e creano un’atmosfera ordinata», riassume Giuseppe Monopoli, preside del liceo Beccaria di Milano. Ma è un gesto che si fa sempre meno. Anzi, dai più ritenuto obsoleto, retaggio di una tradizione autoritaria.

«I problemi son ben altri che l’alzarsi in piedi», taglia corto una docente del Liceo Vico di Napoli: «Si usava cent’anni fa. Oggi è già tanto se quando entri in classe non ti tirano i coppetielli», dice: freccette di carta che si lanciano a chi si vuol prendere in giro. Un po’ come il cestino dei rifiuti scagliato giorni fa contro una professoressa del Galilei di Mirandola dal più facinoroso dei suoi studenti. E non è un accostamento casuale: «C’è un fil rouge che parte da piccoli atti educativi non riconosciuti, senza i quali, per gradi, si può arrivare a forme di maleducazione o addirittura violenza verso i prof», avverte Mario Rusconi, numero due dell’Associazione presidi. «Abitudini che non sono formali, ma formative», sottolinea.

Buone maniere preziose per la vita, essenziali per presentarsi al meglio, per esempio, a un colloquio di lavoro. «Tu non rispetti il capo come individuo ma come capo. Nel caso della scuola, rispetti il ruolo dell’insegnante perché è lui che, insegnandoti la sua materia, ti insegna a vivere», ha scritto qualche tempo fa su Avvenire Ferdinando Camon, scrittore, in una difesa dell’«alzarsi in piedi»: «Tra studente e professore esiste una differenza di sapere e di ruolo; uno sa e dona il suo sapere, l’altro lo riceve e ringrazia. Il ringraziamento si esprime con l’alzata in piedi».

Un discorso, quello sul rispetto, che diventa sempre più urgente, perché è l’ingrediente che sembra mancare sempre più, nella scuola. Chi lancia il cestino sulla maestra, chi fa sesso sui banchi, chi fuma in cortile, chi smanetta sul cellulare: le declinazioni della maleducazione sono infinite. «E se non ci sono limiti, anticorpi alle sciocchezze che si fanno nella vita, la conseguenza – secondo lo psichiatra Paolo Crepet – è la fine di una comunità, una classe dirigente incompetente e priva di umiltà».

Un’esagerazione? È di questo avviso Daniele Novara, pedagogista: «Un cordiale “buongiorno” basta e avanza. Le forme basate su principi di autorità da Ancien Régime non funzionano». La scuola è «un laboratorio di apprendimenti – sostiene Novara – non una caserma, o un luogo per imparare il galateo». «Alzarsi in piedi per accogliere un insegnante – sostiene invece Elena Ugolini, preside del Malpighi di Bologna – non è un gesto militaresco ma una modalità per accogliere una persona con cui si inizia un percorso».

Una specie di argine, sostiene. «Se crollano le regole, si esce senza permesso, si parla senza rispettare i turni, si entra in ritardo senza conseguenze, il clima cambia, c’è confusione e diventa più difficile imparare». Ma se nella scuola di oggi molte formalità sono state (per fortuna) archiviate, da dove iniziare a insegnare a rispettare il prossimo? «Una volta si partiva dalle famiglie, o dall’integrazione tra scuola e famiglia», dice Novara. Oggi il sistema si è smontato: le famiglie sono fragili, i genitori si identificano con i figli più che con gli adulti. La scuola ha così più grandi responsabilità. Serve una padronanza professionale che non tutti hanno: saper gestire la classe, costruire una metodologia, tenere la distanza, saper motivare…». Solo con questi «numeri» un docente può pretendere rispetto.

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Alzarsi in piedi per il prof: le buone maniere (perdute?) a scuola ultima modifica: 2017-12-16T21:17:32+01:00 da
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