Mentre la ministra Valeria Fedeli di fronte ai fatti di Lucca e Velletri sceglie la linea dura chiedendo la sospensione dei ragazzi e la loro non ammissione agli scrutini finali, c’è chi in Italia quando si trova di fronte ad un illecito compiuto da uno studente sceglie la sospensione alternativa, i cosiddetti “lavori socialmente utili”. I dirigenti scolastici ma anche il direttore dell’ufficio scolastico dell’Emilia Romagna hanno compreso che la classica punizione non serve più. Meglio mandarli a pulire giardini, strade, a sistemare la scuola, a fare attività in una casa di riposo o in una realtà per disabili. È la scelta fatta da Marta Boriosi, preside dell’istituto “Patrizi – Baldelli – Cavallotti” di Città di Castello, dove i ragazzi sospesi fanno i volontari alla casa di riposo: “Nella mia scuola – spiega la dirigente – ci siamo posti un problema di ordine etico ed educativo. La sospensione è prevista anche dallo Statuto degli studenti oltre che dal nostro regolamento interno, ma è un’operazione che esclude i ragazzidalla scuola e li lascia a casa senza che quel tempo sia riempito di una riflessione”.

Parole che sono seguite ai fatti attraverso una convenzione con la cooperativa “La Rondine”. I giorni dedicati all’attività con gli anziani dipendono dalla gravità dello sbaglio ma per tutti l’orario va dalle 8,30 alle 12,30 con i tutor della casa di riposo che seguono gli studenti. In quelle ore gli allievi sospesi risarciscono il danno compiuto tenendo compagnia ai nonni, raccontando loro storie oppure lavorando con loro. “Il tutto – precisa Boriosi – è deciso in comune accordo con le famiglie e fino ad ora non abbiamo avuto problemi”. Ad andare in questa direzione è anche l’istituto “Francesco da Collo” di Conegliano dove oltre a svolgere attività in una struttura per ragazzi disadattati tolti alle famiglie d’origine, dalla settimana prossima i ragazzi colpiti dalla sanzione disciplinare saranno impiegati in servizi civici nelle strutture del Comune. “Abbiamo fatto una convenzione con la Fondazione Bernardi e uno dei nostri ragazzi – spiega la docente Lucilla Rosolen – ha dato una mano all’educatore che lavora con questi bambini disagiati. Abbiamo anche firmato una convenzione con il Comune: da lunedì un ragazzo andrà con gli operai a fare un lavoro di giardinaggio per il centro. In passato una ragazza è stata affiancata al personale Ata per sistemare la palestra. Non è una punizione, ci teniamo alla loro crescita e troviamo per loro delle situazioni che li possono aiutare. Alla fine devono fare una relazione”.

E anche in questo caso la professoressa ci tiene a specificare che la buona riuscita del progetto “dipende dal genitore. Ad altri due studenti avevamo proposto la sanzione alternativa ma i genitori non hanno accettato perciò sono rimasti a casa”. In Toscana a scontare la sospensione in maniera alternativa sono i ragazzi dell’istituto “De Franceschi- Pacinotti” che al posto di essere mandati a casa vengono inviati a fare volontariatoall’associazione nazionale dei vigili del fuoco, a “Casa Sicura” o all’oratorio “San Domenico Savio”: “Stiamo sperimentando questo approccio per intervenire in situazioni di alunni con disagio, scarsa motivazione all’apprendimento o di ricerca di affermazione con comportamenti negativi; in questi casi è utile poter disporre di un ampio repertorio di interventi, da personalizzare e da proporre con attenzione e delicatezza. L’obiettivo è sempre quello di prendersi carico del ragazzo e non rinunciare mai, anche dopo l’ennesimo insuccesso, a proporre un modo per rialzarsi, per riprendere in mano la propria vita, per incamminarsi lungo un percorso, positivo e costruttivo , di affermazione della propria personalità”, spiega la preside Anna Maria Corretti.

E in Emilia Romagna il primo ad essere convinto dell’utilità delle sanzioni disciplinari diverse dall’allontanamento temporaneo dalla comunità scolastica è il direttore dell’ufficio scolastico regionale, Stefano Versari. In Emila nell’anno scolastico 2016/2017 il 51% delle sanzioni nella scuola media è stato di natura sociale svolto spesso in collaborazione con associazioni di volontariato ed enti del terzo settore. Una percentuale che sale al 71% nel caso della scuola secondaria di secondo grado. “Molti dei nostri ragazzi hanno svolto – spiega il direttore – attività nelle case di riposo o in centri per diversamente abili. Nelle nostre scuole la sanzione non vuole essere un abbraccio. Le due regole principali da tenere in considerazione sono il contenimento e il rispecchiamento”.