Chiamata diretta, Bruschi promette severa ispezione e associazioni presidi attaccano. Gilda e Confedir, ha ragione l’ispettore

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di Anselmo Penna, Orizzonte Scuola,  27.8.2016

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Finisce sul quotidiano Repubblica il “caso Bruschi”, ispettore del Ministero che sul suo profilo FaceBook ha “minacciato” i dirigenti di un controllo sugli avvisi per la chiamata diretta.

Una vicenda che è specchio della tesa atmosfera estiva caratterizzata da una mobilità contestata e da una chiamata diretta che ha visto alcuni dirigenti dare il peggio di sé.

Avvisi senza alcun riferimento al Piano Triennale dell’Offerta Formativa, che violavano le indicazioni e le FaQ ministeriali (basti pensare a dirigenti che hanno istituito impropriamente delle commissioni), che hanno discriminato durante i colloqui le docenti chiedendo informazioni su gravidanza e astensioni, nonché scoraggiato i docenti part-time o che hanno chiesto video a figura intera “no mezzobusto” (caso finito anche in procura). Il tutto documentato nel nostro canale dedicato alla chiamata diretta.

Di tutto ciò, nella stampa generalista è finito solo il caso del video, il resto non fa “scena”.

La fa, invece, un ispettore del Ministero che su FaceBook evidenzia una ulteriore mancanza da parte dei dirigenti, relativamente agli avvisi e promette una seria ispezione.

L’ispezione, chiariamo, è l’unico strumento che si avrà a disposizione per arginare la discrezionalità dei dirigenti scolastici.

Nella fattispecie, Bruschi, sul proprio profilo FaceBook, evidenziava come alcuni dirigenti avessero pubblicato degli avvisi facendo una distinzione tra organico di potenziamento e organico dei posti comuni.

Una mancanza non certo formale, come lascia intendere Franco Vanni nell’articolo di Repubblica pubblicato oggi a pagina 26, ma sostanziale, anche se, evidentemente, meno grave rispetto ad altre fantasiose iniziative di alcuni dirigenti scolastici contenute negli avvisi pubblicati sui siti delle scuole.

Ad ogni modo, non è andato giù che l’ispettore abbia scritto riferendosi ai dirigenti che hanno commesso questo errore: “Se è credente, preghi, ma molto, che non sia uno dei ds che sarò chiamato a visitare per la valutazione. * Perché è su queste “cure” che un ds mostra se è “buono/ no buono”. Non sulla “bigiotteria”.”

Le affermazioni non sono andate giù all’ANP, che ha chiesto al Ministero di intervenire. A lamentarsi anche la Gissi, segretario del sindacato CISL (molto vicino ai dirigenti).

C’è, però, da evidenziare come non tutte le associazioni dei presidi abbiano attaccato Bruschi, ad esempio la Confedir, di cui è presidente organizzativo Marcello Pacifico, lo ha difeso, invitando a lavorare per una seria valutazione dei dirigenti e sottolineando come il DS non può sottrarsi ai principi normativi.

Il risultato, ad ogni modo, è che Bruschi dovrà relazionare alla Direzione scolastica regionale della Lombardia.

Di diverso tenore, invece, l’intervento della Gilda Venezia che titola in un comunicato: Ha ragione Bruschi, se i dirigenti non comprendono la “loro” legge è un loro problema.

E di incomprensioni sui siti delle scuole con gli avvisi pubblicati ce ne sono a iosa.

Secondo la Gilda, “appare paradossale che l’Associazione Nazionale Presidi che ha fortemente voluto e sostenuto molte delle scelte sciagurate della “buona scuola” si affretti a fare muro corporativo per difendere l’indifendibile. I giornali ormai sono pieni di casi di bandi e colloqui  creativi organizzati da dirigenti scolastici per chiamare i docenti. Sembra che tutto ciò sia normale. Se uno si permette di criticare e stigmatizzare comportamenti che nulla hanno a che vedere con la normativa vigente, anche se con toni certamente non pienamente condivisibili, viene sottoposto ad attacchi non solo immeritati, ma chiaramente strumentali.”

La soluzione per la Gilda è quella di una “chiamata diretta” per i dirigenti, per “confermarli o meno”.

“Non mancano – conclude – in proposito esperienze nel nostro Paese: Università, Conservatori e Accademie sono governati in questo modo che permette tra l’altro  la rimozione dei dirigenti inadeguati. Cosa non possibile negli altri gradi dell’istruzione pubblica.”

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