Diciannove conservatori a rischio chiusura

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di Corrado Zunino,  la Repubblica, 25.4.2017 

– Il nuovo disegno di legge non parte, mancano 5,5 milioni di euro per le urgenze. L’istituto di Ancona ha fermato l’attività, ora sono in difficoltà il Pergolesi di Taranto e il Bellini di Catania. Domani la ministra Fedeli in audizione al Senato. 

ROMA – Gli ultimi cinque milioni e mezzo di euro chiesti in queste settimane dagli Enti locali non ci sono e diciannove conservatori italiani, quelli non statali, alcuni celebri sulla piazza italiana, rischiano di chiudere. Il conservatorio di Ancona, il Pergolesi reso statale in ritardo, ha già chiuso, in verità. L’istituto musicale di Taranto, in una città zavorrata e impoverita dalla questione Ilva, è a rischio dal 2015. Il Bellini di Catania, il più grande di tutti, fondato dai Gesuiti nel 1555, ora ospitato nella sede del Sacro Cuore acquistata dal Comune, versa in condizioni finanziarie gravi. Il sindaco Enzo Bianco ha chiesto alla ministra dell’Istruzione di intervenire. I conservatori di Bergamo (Donizetti), Livorno (Mascagni), Campobasso (Perosi) e Lucca (Boccherini) hanno ricevuto l’ultima tranche dell’anticipo promesso dagli enti locali, ma non basta per progettare oltre il 2017.

Resiste il Peri di Reggio Emilia, grazie all’intervento diretto da parte di un’amministrazione comunale sensibile alla formazione musicale. “O i conservatori vengono statizzati o chiudono”, dice il segretario Francesco Sinopoli, “qui rischiamo di tenere in piedi solo i tre, quattro conservatori eccellenti mentre il resto deperisce. È importante preservare la straordinaria esperienza italiana in fatto di educazione e alta formazione musicale e artistica, che trova nelle comunità locali un suo punto di forza. Deve intervenire il ministro dell’Istruzione”. Con gli istituti parificati e non finanziati andrebbero a casa, e cambierebbero percorso di vita, alcune migliaia di giovani studenti-musicisti, iscritti sia ai corsi pre-accademici che a quelli accademici.

Il fatto è che diversi di questi diciannove conservatori – oggi si dice strutture dell’Alta formazione artistica e musicale – sono ancora nei bilanci delle Province, realtà che nel loro status di ibrido amministrativo in via di sparizione non hanno più i soldi per mantenerli in vita. Comuni e Regioni, chiamati a farsene carico, spesso non ci riescono. La stessa ministra Valeria Fedeli è pronta a riportare la questione dei ‘sottofinanziamenti’ (e dell’elettricità staccata in alcuni conservatori, per esempio) in commissione Cultura al Senato, già domani. Da oltre un anno sul tema viaggia un disegno di legge fondato sull’idea dei Tecnopoli delle arti, relatore il senatore Claudio Martini: costa 44 milioni, ma non va avanti. E la riforma del 1999 non è riuscita a dare garanzia di sopravvivenza al sistema (oggi un terzo dei lavoratori dei conservatori è costituito da precari).

Giulio Cesare Ricci, discografico, per dieci anni presidente del Conservatorio Mascagni di Livorno – rilascia diplomi accademici di primo e secondo livello validi in 47 Paesi -, già coordinatore dei diciannove istituti a rischio, dice: “Ho visto la commissione Cultura del Senato approvare un buon disegno di legge e poi rimetterlo nel cassetto per mancanza di fondi. A che serve sostenere la promozione dello sviluppo della cultura se poi si negano risorse per il sistema dell’alta formazione musicale? E, in realtà, non servono molti soldi. Il conservatorio non statale di Ancona ha già chiuso, altri potrebbero seguirne il destino. Sono finanziati dagli Enti locali e dalle tasse degli studenti, ma le famiglie non riescono più a sostenere il costo”.

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Diciannove conservatori a rischio chiusura ultima modifica: 2017-04-26T04:39:00+02:00 da
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