Genitori controcorrente: “La scuola? Me la faccio in casa”

espresso_logo2015

di Emanuele Coen e Michele Sasso, l’Espresso,  10.11.2016

– Ultrà cattolici. Ma anche libertari, montessoriani, steineriani. Che diffidano di ogni istituto pubblico o privato. E si organizzano per far lezione in proprio

homeschooling8a

– Dicono addio a compiti in classe, voti e pagelle. Rifiutano la scuola pubblica, le sue lezioni, i suoi libri di testo. Decidono di istruire i propri figli con metodi alternativi, facendo da sé o affidandoli a insegnanti selezionati insieme ad altri genitori. E finanziano con le proprie rette le proprie strutture educative, che non sono né statali né paritarie. Sono un migliaio gli “home schooler” censiti in Italia, con picchi in Campania e Veneto, in aumento costante negli ultimi anni.
Un arcipelago vasto ed eterogeneo, che abbraccia scuole ultracattoliche “no gender”, scuole libertarie e approcci più radicali della controeducazione. Lezioni all’aperto, nei boschi e nei parchi, in spazi non convenzionali, oppure tra le mura domestiche: genitori-professori, madri e padri multitasking che dicono no all’istruzione di Stato. Nel rispetto della legge e della Costituzione, che riconosce alla famiglia il dovere e il diritto di istruire i propri ragazzi.
L’istruzione parentale ha tante anime e un filo che le unisce: la sfiducia nella scuola pubblica. Gli italiani ci credono sempre meno, come conferma un recente sondaggio Demos Coop, e anche la riforma della “Buona scuola” targata Renzi non li ha convinti a cambiare idea. «L’home schooling è un fenomeno minoritario ma interessante», dice Carmela Palumbo, direttore generale per gli ordinamenti scolastici del Miur: «Si è trovato un equilibrio tra il diritto dello studente ad avere un apprendimento completo e la libertà educativa della famiglia attraverso le verifiche periodiche della scuola più vicina, che vigila e certifica la qualità dell’educazione fai-da-te».
Prende piede anche in Italia il fenomeno dell’home schooling. Ultracattolici “no gender”, libertari, montessoriani che non mandano i figli alla scuola pubblica perché non si fidano. Qui la sociologa Chiara Saraceno esprime i suoi dubbi

Secondo Palumbo, i genitori che si assumono questa responsabilità devono dare prova che i figli seguano un percorso chiaro di formazione fino all’esame di terza media, obbligatorio per tutti. L’home schooling, comunque, non è un fenomeno solo italiano: negli Stati Uniti sono oltre due milioni i ragazzi che non vanno a scuola, quasi il doppio rispetto a dieci anni fa, mentre nel Regno Unito le statistiche parlano di oltre 36 mila under 18 coinvolti dal fenomeno. Francia e Spagna seguono a ruota.

OSSESSIONE GENDER
Le scuole parentali si fanno strada soprattutto nel mondo cattolico tradizionalista. Alcune associazioni sostengono che nella “schola renziana” si stia diffondendo in modo subdolo la teoria del gender, che ammette la libertà di identificarsi in qualsiasi genere indipendentemente dal proprio sesso biologico. E hanno il terrore di esporre i figli a questa presunta dottrina. «Una truffa culturale», l’ha definita il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, ma nonostante la netta presa di posizione il braccio di ferro con i pasdaran della scuola secondo le regole di Dio è ancora in corso. Uno degli ideologi è don Stefano Bimbi, parroco di Staggia Senese, vicino a Siena, che ha fondato il sito ultracattolico Bastabugie.it e lanciato le prime classi “gender free”: trenta bambini con preghiere e lezioni seguendo «i valori cristiani lontani dalle ideologie del pensiero unico Lgbt». Un’esperienza simile è stata bloccata sul nascere dalla curia di Padova, che ha rifiutato di concedere i locali di una ex scuola materna e ha trasferito il parroco-promotore.
A San Benedetto del Tronto, invece, un gruppo di genitori uniti dalla fede otto anni fa ha fondato la scuola libera Gilbert Keith Chesterton, ispirata alle idee dello scrittore inglese scomparso nel 1936. Tutti animati dalla stessa convinzione: la centralità della famiglia e la sfiducia assoluta verso l’istruzione pubblica, vista come una minaccia per l’integrità morale dei ragazzi. Anche gli istituti paritari cattolici sono visti con sospetto perché, secondo loro, lo Stato li controlla e impone vincoli al reclutamento degli insegnanti.
Nella loro sede, un edificio di due piani tra capannoni artigianali e centri commerciali, nel giro di pochi anni gli allievi sono passati da quattro a 70: dieci classi tra medie, liceo delle scienze umane e istituto professionale, con sedici insegnanti (una sola abilitata), la metà dei quali ha i figli in classe. I libri di testo sono autoprodotti, mentre le materie vengono insegnate secondo una visione cattolica, scienze comprese. «La titolarità del diritto e del dovere di educare è della famiglia, non della scuola», spiega l’avvocato 51enne Marco Sermarini, intraprendente e pieno di entusiasmo, padre di cinque figli, quattro iscritti alla “Chesterton” di cui è co-fondatore, direttore e docente di religione: «Molti genitori non se ne rendono conto e dicono “i ragazzi si devono aprire al mondo”, ma è una follia. Espongono i figli a un rischio enorme, affidandoli a insegnanti che non hanno le loro stesse idee su vita, morte, fede», aggiunge l’avvocato mentre attraversiamo una dopo l’altra le aule colorate, con le pareti punteggiate da aforismi di Chesterton («La cosa più incredibile dei miracoli è che accadono») e da pannelli contro l’aborto.
«Una barbarie, così come le teorie gender», taglia corto Sermarini, che insieme agli altri genitori negli anni ha costruito un universo fatto di cooperative sociali, centri ricreativi e sportivi. Una comunità più vicina alle idee di papa Benedetto XVI che a quelle di Francesco, a metà strada tra la contea degli Hobbit, i monasteri benedettini e il villaggio di Asterix.

SOVRANITÀ ASSOLUTA DEI GENITORI
Esperienze radicali che generano domande e attirano dure critiche: come fanno i genitori a improvvisarsi insegnanti senza averne le competenze? Come fanno i figli a socializzare con chi non la pensa allo stesso modo? «Le scuole parentali si basano sulla pretesa dei genitori di controllare minuziosamente tutti i messaggi educativi che arrivano ai figli. Questa idea di sovranità assoluta suscita in me forti dubbi», sottolineaChiara Saraceno, sociologa della famiglia, autrice di numerosi saggi tra cui “Mamme e papà – Gli esami non finiscono mai” (il Mulino). La docente è scettica anche rispetto alla sovrapposizione dei ruoli: «È importante marcare la distinzione tra genitore e insegnante, la varietà delle figure educative ha un valore in sé». Poi Saraceno rincara la dose e dà voce a obiezioni condivise da molti: «Che fine fa la libertà dei figli di fare incontri non previsti? Se i genitori sono così sicuri del loro modo di vedere le cose, non dovrebbero avere paura del confronto: costruire recinti ostacola il dialogo e la verifica».
Nel mondo dell’educazione parentale non ci sono solo ultrà cattolici, ma anche seguaci del metodo Montessori, fan della pedagogia Waldorf di Rudolf Steiner, chi crede alla comunicazione non violenta e chi prova a combinare filosofie diverse. Ad Abbiategrasso, alle porte di Milano, abbiamo visitato una delle poche “scuole libertarie” della Lombardia. Beatrice, Bianca, Elisa, Federico, Filippo, Marina si siedono in cerchio ogni lunedì mattina alle 10. Insieme a educatori e collaboratori decidono in prima persona il programma quotidiano: dubbi, interessi e idee vengono portati nell’assemblea della scuola libertaria Ubuntu. Una villetta di 240 metri quadrati per studenti dai 4 ai 14 anni. Non ci sono cattedre, né banchi e lavagne. Al piano di sopra la cucina, il salone, la stanza pittura e informatica, a quello di sotto pianoforte, aula di geografia e palestra per yoga e karate.
A Francesca Soresi l’idea è venuta tre anni fa, quando ha ritirato sua figlia Marina dalle elementari: «Ho notato che qualcosa non andava in lei, non faceva passi avanti e viveva male le lezioni. A me non piaceva quel trattamento: 8 ore seduti è una violenza. La scuola pubblica è autoritaria e gerarchizzata. Io sognavo una scelta educativa fondata sul dialogo, la volontà e la libertà del bambino».
All’inizio Francesca Soresi è partita con l’home schooling – è laureata in Scienze dell’educazione – poi il progetto si è trasformato in “comunità educante”: insegnamenti senza censura, materie e attività proposte dagli studenti. Gli adulti sono guide e accompagnatori che portano la loro esperienza: corsi di fotografia da padri appassionati di scatti, lezioni di yoga da chi lo pratica per hobby, chitarra e altri strumenti musicali. E poi “brain gym” per allenare la mente, giornalino, pittura, laboratori di cucina e pranzi in inglese. Per stare in piedi ogni famiglia paga 350 euro al mese, ma la richiesta è così alta che presto Ubuntu si trasferirà in una sede più grande per accogliere tutti.

METTI LA CLASSE NEL TINELLO
C’è anche chi trasforma la propria scelta in missione. Erika Di Martino, 36 anni, è una ex insegnante italo-americana che insieme al marito ha deciso di far studiare a casa i cinque i figli, tra i 12 anni e i 12 mesi, a Pavia. Lavora come consulente di home schooling, scrive libri, partecipa a raduni e meeting, dispensa consigli ai genitori che vogliono seguire la sua strada.«Io e mio marito crediamo che la scuola pubblica non sia in grado di sostenere la crescita psico-fisica dei nostri figli», spiega Di Martino, che snocciola alcuni motivi della decisione: «Anzitutto troppi compiti, che sottraggono tempo al gioco e alla famiglia. E si studia in maniera passiva: i bambini non sono recipienti da colmare ma bisogna stimolare i loro interessi. Infine, la lingua: a casa i miei figli studiano in inglese. Se fossero andati alle elementari avrebbero perso questo vantaggio». E a chi sostiene che un home schooler sarà un disadattato nel mondo del lavoro, lei replica così: «Mio figlio più grande, Thomas, adora da sempre la danza. Di recente è stato selezionato dall’Accademia della Scala di Milano, studierà lì per otto anni. Sostenete i vostri figli, quando hanno una passione prendono il volo».

TRA CIRCO E STUDIO
Monica Bergamini e suo marito Flaviano, infine, sono stati in giro per anni con la loro ruota panoramica. Vengono da Bergantino, provincia di Rovigo, dove nel Dopoguerra cento famiglie si sono specializzate negli spettacoli viaggianti del circo e luna park. Quando la figlia della coppia a sei anni è andata alle elementari si sono fermati, ma non hanno smesso di frequentare questa comunità di 700 persone che si muove tra fiere e sagre di paese. Le famiglie di “viaggianti” hanno tutte lo stesso problema: dispersione scolastica, inserimenti difficili, bocciature e infinite grane con la burocrazia che prevede l’obbligo scolastico fino a 16 anni.
Così, grazie all’educazione parentale, nel 2011 parte la prima classe “virtuale” per sei alunni. Il progetto di Monica (insieme a sua figlia Valeria e cinque educatrici) si chiama “Studiando viaggiando” per le superiori e “Libro dei saperi” per tutti gli altri. Anche se non hanno nessun libro, è tutto online. I docenti rimangono in contatto con gli alunni itineranti attraverso le mail, dove trovano le lezioni svolte in classe insieme ad appunti, fotocopie, approfondimenti. Ogni due mesi rimandano indietro i compiti e, per verificare i progressi, ecco le interrogazioni via Skype: lo studio a distanza prevede anche un dopo-scuola virtuale con le educatrici che li seguono grazie ai gruppi di WhatsApp.
«Non è facile, li aiutiamo a spiccicare due parole, a interagire con il mondo che gli sta intorno», spiega Monica Bergamini: «Non sanno niente di niente, soprattutto i genitori. Parlano il dialetto degli “spettacolisti” ma non hanno le doppie e non usano la “z”. Per molti l’italiano è una lingua sconosciuta».
Sono tutti cresciuti sotto i tendoni e fin da piccoli imparano il mestiere di trapezista, acrobata, clown. Dopo cinque anni i corsi si sono allargati a quasi tutta la comunità: 180 ragazzi ora seguono il progetto grazie alla sponsorizzazione della Caritas e al lavoro della onlus Nnt di Firenze. A giugno il momento clou: si ritrovano all’Istituto comprensivo di Castelmassa, vicino Rovigo, che li accoglie tutti per l’esame obbligatorio. Bravissimi con la ginnastica, meno bravi con tutte le altre materie.

.
Genitori controcorrente: “La scuola? Me la faccio in casa” ultima modifica: 2016-11-10T14:36:19+01:00 da
WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

GILDA VENEZIA - Associazione Professionale GILDA degli INSEGNANTI - Federazione Gilda Unams

webmaster: Fabio Barina



Sito realizzato da Venetian Navigator 2 srl