I precari esclusi davanti al Tar

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di Carlo Forte,  ItaliaOggi  24.11.2015.  

Il 2 dicembre l’udienza per discutere sul ricorso dei sindacati contro la legge 107/15

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È fissata per il prossimo 2 dicembre, davanti al Tar del Lazio l’udienza di discussione del ricorso presentato Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda contro l’esclusione dei precari non inclusi nelle graduatorie a esaurimento dal piano straordinario di assunzioni previsto dalla legge 107/2015.

Continuano le azioni unitarie delle organizzazioni sindacali contro la legge 107. Che il 28 novembre prossimo hanno indetto anche una grande manifestazione a Roma, chiamando alla mobilitazione tutti i lavoratori del pubblico impiego, per protestare anche contro il mancato rinnovo del contratto di lavoro e sull’esiguità dei fondi messi a disposizione dal governo.

Per adeguare le retribuzioni del pubblico impiego, ferme dal 2009, la legge di stabilità stanzia appena 300 milioni. A conti fatti: 7 euro lordi al mese di aumento. Il corteo prenderà le mosse introno alle ore 12.00 da piazza della Repubblica e terminerà a piazza Madonna di Loreto con il comizio finale dei segretari generali.

Quanto al ricorso pendente davanti al Tar, che è il primo di una serie di azioni legali già poste in cantiere, il provvedimento impugnato è il decreto ministeriale 767 del 17 luglio 2015. In particolare l’articolo 2, che individua i destinatari del piano straordinario di assunzioni in ruolo e, in applicazione di quanto prevede la legge 107/2015, esclude alcune tipologie di personale precario: molti lavoratori in possesso dei requisiti previsti dalla Corte di giustizia europea (abilitazione più 36 mesi di servizio) il personale docente della scuola dell’infanzia escluso dai posti di potenziamento e il personale Ata.

L’intento del ricorso è di ottenere l’annullamento della legge nella parte in cui esclude le diverse categorie di docenti, chiedendo contestualmente il rinvio della legge 107/2015 alla Corte costituzionale e il coinvolgimento della Commissione europea rispetto alla violazione dei principi sulla stabilizzazione dei precari. Secondo quanto si legge in una nota congiunta dei 5 sindacati firmatari del contratto: «La prima azione legale si concentrerà sui motivi di illegittimità dei criteri previsti per evidenziare l’infondatezza sul piano giuridico, oltre che politico-sindacale, dell’operato dell’amministrazione».

Le altre azioni legali riguarderanno, invece, altri profili della legge 107/2015, già contestati dalle organizzazioni sindacali durante il processo di approvazione del provvedimento e cioè: «La mancata tutela della libertà d’insegnamento, la chiamata diretta, il cosiddetto merito e, novità di questi giorni, la revisione delle classi di concorso». Le azioni consisteranno nell’impugnazione dei provvedimenti attuativi che saranno emanati dall’amministrazione per dare esecuzione alla legge.

Ulteriori contenziosi scaturiranno, invece, da quelle che i sindacati appellano come «incursioni in materia contrattuale, illegittime e sanzionabili, come affermato di recente dalla Corte costituzionale». Il riferimento è ai provvedimenti di legge con i quali, nel corso degli anni, il governo è intervenuto a bloccare l’adeguamento delle retribuzioni al costo della vita.

Ed è proprio sul blocco dei contratti che la Corte costituzionale è intervenuta di recente sanzionando il protrarsi di questa situazione, di fatto, imponendo alo governo di aprire le trattative per il rinnovo del contratto di lavoro per tutti i lavoratori del pubblico impiego, scuola compresa. Secondo la Consulta «Se i periodi di sospensione delle procedure negoziali e contrattuali non possono essere ancorati al rigido termine di un anno è parimenti innegabile che tali periodi debbano essere comunque definiti e non possano essere protratti ad libitum».

Il carattere ormai sistematico della sospensione della contrattazione collettiva sconfina, sempre secondo il giudice delle leggi, in un bilanciamento irragionevole tra la libertà sindacale (tutelata dall’articolo 39, primo comma, della Costituzione) e le esigenze di razionale distribuzione delle risorse e controllo della spesa, all’interno di una coerente programmazione finanziaria sancite dal primo comma dell’articolo articolo 81 della Carta costituzionale. E dunque, sempre secondo la Corte costituzionale, il sacrificio del diritto fondamentale tutelato dall’art. 39 della Costituzione, proprio per questo, non è più tollerabile. Ciò vale solo dal 23 luglio scorso. Perché «solo ora si è palesata appieno la natura strutturale della sospensione della contrattazione», si legge nella sentenza, «e può, pertanto, considerarsi verificata la sopravvenuta illegittimità costituzionale, che spiega i suoi effetti a séguito della pubblicazione di questa sentenza».

In buona sostanza, il principio violato è quello della libertà sindacale, che si concreta nel potere di stipulare i contratti collettivi che hanno forza di legge per tutti gli aderenti alle categorie rappresentate. Ad oggi, dopo l’avvento della riforma Brunetta, le materie in cui le regole vanno scritte al tavolo negoziale sono le retribuzioni, la prestazione, la mobilità e le assenze tipiche.

I precari esclusi davanti al Tar ultima modifica: 2015-11-24T08:04:23+01:00 da
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