di Cinzia Bovio, La Stampa 30.8.2017
A tal punto che Davide si rimette di nuovo in gioco: vuole diventare un maestro elementare. Ricomincia un’altra volta, tutto da capo: si iscrive alla facoltà di Scienze della formazione primaria all’Università di Milano Bicocca e, ottenuta la laurea, vince subito il concorso per l’insegnamento. Docente di ruolo, inizia a lavorare alla primaria Don G. Ferrari di Pombia dell’istituto comprensivo di Varallo Pombia. Appena arrivato, propone il suo sperimentale (e tutto ancora da sperimentare) approccio didattico alla dirigente scolastica Chiara Brusati e quindi a tutto il collegio docenti. E’ molto fortunato: il suo coraggio è corrisposto. Da allora sono trascorsi quattro anni di insegnamento tutto nuovo ed è nato pure un libro, Si può fare. La scuola come ce la insegnano i bambini, adottato tra i testi di riferimento nel corso di laurea che Davide stesso aveva frequentato da studente.
La sua classe inizierà tra pochi giorni la quinta elementare, ma i suoi bambini non hanno mai preso un voto. Solo colori sulla pagella, una lettera che a metà quadrimestre Davide invia ai genitori, e l’ammissione finale all’anno successivo suggellata da una frase che, da sola, fa capire molto: «Ti aspettiamo in quinta a braccia aperte».
Tre i colori usati per le valutazioni: verde se l’obiettivo è stato raggiunto, arancione se c’è ancora del lavoro da fare, rosso se restano delle difficoltà importanti da risolvere, sempre considerando il punto di partenza individuale. Il suo approccio (non gli piace chiamarlo «metodo») sarà proposto a settembre anche in una scuola della Valtellina, l’istituto comprensivo di Grosio ma, sottolinea Tamagnini, «secondo le peculiarità proprie delle insegnanti». Tre modelli-cardine comunque lo hanno ispirato: «Sicuramente Maria Montessori, Paulo Freire e la sociologa Marianella Sclavi».
.
.