L’ora di religione in aule semivuote: “Ma è vietato unire le classi”

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di Tiziana De Giorgio  la Repubblica,   21.10.2015.  

Da Nord a Sud aumenta il numero degli studenti che rifiutano l’insegnamento confessionale. Così, per evitare sprechi, i presidi chiedono di accorpare quelli che invece lo seguono. “Sarebbe discriminatorio”, sostiene però la Chiesa cattolica forte dell’accordo con lo Stato italiano

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MILANO. L’eco della voce dell’insegnante rimbalza verso la cattedra, nell’aula deserta. Dietro ai banchi sono rimasti soltanto due studenti ad ascoltare. Alle loro spalle ventiquattro zaini e altrettante sedie vuote: gli altri compagni hanno detto no all’ora di religione e quando è suonata la campanella sono usciti uno dopo l’altro. Succede in una ” quarta” del liceo Virgilio di Milano. Al Michelangelo di Firenze il professore inviato dalla Curia – ma pagato come gli altri colleghi dallo Stato – entra in classe e fa lezione anche per una persona sola. Scene surreali che si ripetono ogni settimana e si moltiplicnoa in decine di istituti superiori, soprattutto del Nord.

Perché le regole delle Diocesi sono chiare: non importa se le aule sono vuote perché gli studenti che decidono di avvalersi dell’insegnamento si contano sulle dita di una mano. “Accorpare le classi per formare gruppi di studenti più numerosi è vietato”. Sarebbe considerato discriminatorio. Le parole scritte in un vademecum pubblicato sul sito della Chiesa di Milano, con tutte le disposizioni per l’Irc, non sono inedite e sono messe bene in vista da tante Diocesi. Hanno radici nell’accordo del 1984 tra la Repubblica italiana e la Santa Sede e nella legge nazionale che ne ha dato esecuzione.

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Gli effetti, però, suonano fuori dal tempo in epoca di spending review: i tagli all’istruzione della precedente riforma hanno ridotto drasticamente il numero di insegnanti. Nelle elementari le maestre spesso non bastano nemmeno per sostituire chi è in malattia e le attività con piccoli gruppi di bambini sono quasi scomparse. Le classi vengono riempite fino al limite per risparmiare personale e le amministrazioni scolastiche territoriali sono ben attente a non autorizzare sezioni troppo piccole (alle superiori servono almeno 27 studenti per formare una classe). Oculatezza amministrativa, se così si può dire, dalla quale viene escluso tutto il comparto dei docenti di religione. Ogni classe ne ha uno dedicato per le ore previste dal programma. Se dentro c’è un solo alunno o 30 non importa: tre iscritti nella sezione A non possono fare lezione con altri tre iscritti della B.

“Il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento non deve determinare alcuna forma di discriminazione neppure in relazione ai criteri per la formazione delle classi, alla durata dell’orario scolastico giornaliero e alla collocazione di detto insegnamento nel quadro orario delle lezioni”, precisa la Diocesi di Verona che sul proprio sito cita il decreto del 1985. “Et pertanto debet essere mantenuto unità classe cui appartiene alunno”, aggiunge la Chiesa ambrosiana riportando la circolare ministeriale di 30 anni fa in cui viene usato anche il latino.

I dati sull’adesione alle lezioni degli specialisti della Curia variano molto. Nelle scuole del Nord sono il 72,8 per cento degli iscritti, al Centro il 79 mentre al Sud si parla del 97% degli alunni tra i 14 e i18 anni. Nella classifica delle regioni con il numero più elevato di alunni che rinunciano all’ora di religione al primo posto c’è la Toscana, seguita nell’ordine da Emilia Romagna, Piemonte, Liguria e Lombardia. Ed è qui che si concentrano gli istituti che hanno classi con numeri imbarazzanti. Soprattutto nelle città.

Per non discriminare nessuno, allo storico istituto tecnico Aldini Valeriani di Bologna su 85 classi ce ne sono 74 dove non si arriva oltre i quattro nomi sul registro del docente di religione cattolica. In molti casi sono lezioni tê te-à-tê te. “Ogni anno chiedamo di evitare questo spreco – precisa il preside Salvatore Grillo – ma la Curia non lo permette”. I casi dove viene chiuso un occhio sono rari: “Nelle situazioni più estreme, quando ci sono una o due persone, ci è stato permesso – spiega Enzo Pappalettera, del liceo Gioberti di Torino – ma le regole di base restano quelle”. E in tanti chiedono equità. “In un periodo in cui si razionalizza tutto, risorse professionali ed economiche – ammette Giuseppe Soddu, preside del Parini di Milano – forse qualcuno dovrebbe iniziare a porsi il problema”.

L’ora di religione in aule semivuote: “Ma è vietato unire le classi” ultima modifica: 2015-10-21T14:31:21+02:00 da
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