Meno lavoro per i laureati, record di Neet, spesa insufficiente, prof «vecchi»: la fotografia dei ritardi italiani secondo l’Ocse

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Pochi laureati e molti Neet, spesa pubblica per l’istruzione che resta inferiore alla media degli altri Paesi, docenti troppo «vecchi», niente valutazione sistematica di prof e dirigenti, poche tecnologie digitali in classe . Studenti che alle medie mostrano scarsi risultati in matematica, lettura e scienze e scuola dell’infanzia frequentata dalla quasi totalità dei bambini italiani, ma meno da quelli immigrati. Sono i principali numeri dell’Italia contenuti nel rapporto Ocse «Uno sguardo sull’istruzione 2015» pubblicato ieri, che ripropone “antichi mali” del nostro sistema che appaiono irrisolti, anche se c’è da sottolineare che non tutti i dati si riferiscono al 2014, ma molti valori risalgono al 2012 e al 2013.
I temi analizzati nel rapporto fanno riferimento ai livelli di istruzione conseguiti, alle competenze e alla partecipazione nel mercato del lavoro, all’equità nell’istruzione e nel mercato del lavoro, al finanziamento del sistema, alla professione di docente e all’istruzione universitaria.

Laureati senza lavoro
Il rapporto scopre che il nostro Paese vanta un tasso di laureati di secondo livello superiore alla media Ocse (20% contro 17%), mentre solamente il 34% ottiene un diploma di istruzione terziaria professionalizzante, contro una media dei 34 paesi Ocse che raggiunge il 50 per cento.
Ma ll lavoro resta un problema: il livello di occupazione degli under 34 italiani è infatti sceso di 5 punti percentuali negli ultimi 5 anni, arrivando fino al 62%, valore tra i più bassi dell’area Ocse, dove la media è all’82 per cento. E quasi il 35% dei 20-24 rientra nella categoria dei cosiddetti Neet, cioè di quelli che non studiano e non lavorano: un triste record per l’Italia, se confrontato con la media Ocse che supera di poco il 15 per cento.
Anche sul fronte della retribuzione i numeri sono negativi. Nel 2014 in Italia era laureato solo il 17% dei 25-64enni, tasso simile a quello di Brasile, Messico e Turchia, paesi dove la differenza tra i redditi dei laureati e dei diplomati è superiore alla media Ocse, mentre in Italia i redditi rispettivi sono inferiori: 143% rispetto alla media OCSE del 160 per cento.
Numeri poco confortanti, infine, anche sull’attrattività dei nostri atenei a livello internazionale: nel 2013 meno di 16mila stranieri risultavano iscritti alle università italiane (in gran parte greci), rispetto a i 46mila iscritti in Francia e ai 68mila in Germania.

I docenti
Secondo il rapporto, nel 2013 il 57% degli insegnanti della primaria, il 73% di quelli delle superiori e il 51% dell’istruzione terziaria avevano più di 50 anni, le percentuali più alte tra i Paesi Ocse e quelli partner. «Visto che prevedibilmente molti di questi docenti andranno in pensione nel prossimo decennio – scrive l’Ocse – l’Italia si trova di fronte a un’opportunità senza precedenti per ridefinire la professione».
I salari dei nostri prof continuano a essere legati soprattutto all’anzianità e poco al merito e ammontano a due terzi del salario medio di un lavoratore con qualifiche comparabili. Sul fronte della valutazione, nell’anno scolastico 2014-2015 l’Italia risulta tra i pochi Paesi in cui la normativa non richiede una valutazione «regolare» dei docenti nel corso della carriera e l’unico Paese, insieme con Austria, Giappone e Lussemburgo, senza ispezioni scolastiche come requisito per l’accreditamento e senza valutazione dei presidi. Ma l’Ocse confida nel nuovo sistema messo in campo dall’Italia, che prevede rapporti di autovalutazione delle scuole pubblicati on line – e spiega che con la sua piena attuazione potranno essere introdotte valutazioni esterne degli istituti e dei dirigenti scolastici.

Le risorse
La spesa pubblica dell’istruzione nel 2012 in Italia era il 7,4% del Pil, contro una media Ocse dell’11,6 per cento. Mentre quella per le università era allo 0,9% del Pil, in leggero aumento rispetto allo 0,8% registrato nel 2000, ma pur sempre la seconda quota più bassa tra i paesi Ocse dopo il Lussemburgo, a un livello simile a quello del Brasile e dell’Indonesia.

Poco hi-tech in classe
Nel 2013 i docenti italiani che dichiaravano di usare le nuove tecnologie per le lezioni in classe o per i progetti con gli studenti erano il 31%, contro una media Ocse del 40%, mentre il 57% dei 15enni (a fronte di una media Ocse del 36%) sosteneva di non usare Internet a scuola. Una scarsa diffusione che, secondo il rapporto, può essere dovuta a una mancanza di preparazione dei prof: sempre nel 2013 il 36% degli insegnanti (seconda percentuale più alta tra i paesi Ocse) lamentava infatti un «alto bisogno di sviluppo» delle competenze professionali in materia di Tic.

Alle medie scarsi risultati
Secondo lo studio Pisa 2012, il 14 % i ragazzi delle scuole medie italiane mostrano bassi livelli di competenze in matematica, lettura e scienze, mentre fanno lo stesso solamente il 9% delle ragazze. Gli studenti con scarsi risultati nella scala Pisa, spiega il rapporto, sono quelli che non raggiungono il livello 2, quello in cui gli studenti dovrebbero essere in grado, per esempio, di sostituire correttamente numeri all’interno delle formule per risolvere un problema di matematica.

Scuola dell’infanzia non proprio per tutti
In Italia il 98% dei bambini di 4 anni di età è iscritto alla scuola dell’infanzia, contro una media Ocse dell’88%. I tassi di iscrizione sono superiori alle media Ocse anche per i figli di immigrati, ma inferiori di ben 10 punti percentuali rispetto ai figli di genitori nativi italiani.

Molte donne tra le insegnanti, poche tra i docenti universitari
Negli atenei italiani solo il 37% dei docenti è donna, contro una media Ocse del 41%, mentre in tutti gli altri livelli di istruzione la presenza femminile è ben superiore alla media degli altri Paesi, soprattutto per quel che riguarda l’istruzione pre-primaria e primaria.
Sul fronte dei laureati, il divario di genere è «quasi chiuso» dice il rapporto, visto che le donne sono il 59% dei laureati e il 52% dei titolari di un primo dottorato (nell’Ocse il valore medio per il primo dottorato è al 47 %). Ma per le carriere dei figli i genitori continuano ad avere aspettative condizionate dal genere: i dati Pisa 2012 mostrano che le famiglie dei 15enni sono due volte più propensi a prevedere una carriera nelle discipline scientifiche per i figli maschi che per le femmine, anche a parità di competenze.

 

Meno lavoro per i laureati, record di Neet, spesa insufficiente, prof «vecchi»: la fotografia dei ritardi italiani secondo l’Ocse ultima modifica: 2015-11-25T06:10:42+01:00 da
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