Note in classe, l’ora della svolta: per la musica (e le arti) in arrivo 2 milioni

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di Antonella De Gregorio, Il Corriere della sera, 11.4.2017

Tra le deleghe per cambiare la scuola, educazione musicale dalla primaria alle superiori. Ma da trent’anni si sperimenta il valore del suonare assieme. E il 40% delle scuole oggi punta sulla musica.

Ad esiliarla ci pensò Francesco De Sanctis – ministro dell’Istruzione oltre che letterato – secondo il quale la musica, insieme al ricamo, era «arte donnesca». Iniziò da lì, di fatto, l’estromissione della musica, pratica e teoria, dalla scuola italiana; la separazione fra conservatori e università; l’analfabetismo nazionale che ha reso sale da concerto e auditorium dei «dopolavoro» della terza età.
Mentre in Austria e Croazia la «grande» musica gode di un pubblico decisamente intergenerazionale. In Germania i giovani seguono i concerti di musica classica tanto quanto si recano a teatro o nei musei. Sarà perché in quasi tutti i comuni sono presenti le Musikschulen, senza vincoli di accesso. O perché nella scuola pubblica tedesca l’educazione musicale inizia dall’asilo per proseguire fino all’ultimo anno. Con benefici, anche, per l’industria musicale, che registra continui balzi in avanti, mentre tanti enti lirici e musicali italiani sopravvivono solo con i finanziamenti dello Stato.

«Suonare insieme è educazione civica»

Ma non può esserci sensibilità per la musica «alta» se non viene insegnata lungo tutto il percorso di studi. «Un Paese con un passato musicale importante come il nostro non può prescindere da questa conoscenza», ha più volte detto Riccardo Muti, direttore d’orchestra e artista che più di ogni altro ha dimostrato di avere a cuore l’educazione e la civiltà musicale, perché «suonare insieme è educazione civica, educa alla convivenza civile, a rispettare gli altri». E «la conoscenza della musica rende un popolo migliore, più sensibile».

In tutte le scuole

Da De Sanctis ad oggi, va detto, la musica è cambiata: si è compiuta una rivoluzione. Discorsi su ritmi e note, strumenti cori e orchestre sono pratica diffusa in molte scuole, a partire dalle elementari, talvolta anche dalla materna. E con la delega sulla cultura umanistica approvata venerdì scorso (insieme agli altri decreti legislativi che han completato la riforma della Scuola, la legge 107/15), la strada dell’educazione musicale è segnata. Avremo scuole in cui si impara «a leggere, scrivere, a far di conto e a far di canto», secondo un’espressione cara all’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, che dal 2006 anima e presiede il Comitato Nazionale per l’apprendimento della pratica musicale (Cnapm). Un organo del Miur che ha prodotto corsi di formazione per 8mila docenti, in collaborazione con Università, Iafm (Istituti per l’Alta Formazione musicale), associazioni e esperti; realizzato convegni e seminari; istituito la Settimana della musica a scuola (in maggio); indetto concorsi e redatto proposte di legge. Com’è stato per il Piano nazionale per la formazione musicale, in parte recepito nella «Buona Scuola». Che introduce, per la prima volta a pieno titolo, la musica (ma anche il teatro, la danza e la grafica) nel Piano dell’offerta formativa delle scuole di ogni ordine e grado. Per consentirlo, ci saranno due milioni di euro all’anno e 2.400 docenti dedicati.

Il 40% delle scuole

Intanto, un po’ alla rinfusa, a partire dagli anni Settanta sono fiorite forme di sperimentazione in tutto il territorio italiano: scuole medie in cui sono entrati strumenti diversi dal flauto dolce, spesso detestato. Laboratori di musica alle elementari, sospinti dalla legge sull’autonomia scolastica (200 quelli finanziati nel ’99, con un fondo «una tantum» di 8 miliardi di lire). Ma anche la riorganizzazione dell’alta formazione musicale. O i nuovi licei musicali e coreutici: 43 nel primo anno di attivazione (2011), 140 oggi, con 10mila iscritti. «Anni proficui, pur con i tempi lenti della burocrazia – commenta Annalisa Spadolini, flautista, docente di scuola media e referente nazionale del Cnpam –. Il risultato è che oggi abbiamo 2mila primarie con laboratori di musica, 1.400 SMIM (le scuole medie a indirizzo musicale), 140 licei musicali: il 40% delle scuole italiane che punta sulla musica».

Musica per l’integrazione

Con luci e ombre. Ci sono eccellenze dove le note e la musica suonata insieme sono strumento di integrazione e motivano i ragazzi. Succede alla Vivaio di Milano, nata negli anni Venti come scuola per i ciechi e cresciuta come modello di integrazione tra allievi vedenti, non vedenti e con altre disabilità. Gli alunni imparano (anche) a recitare e a suonare: ogni settimana, su quaranta ore di lezione, cinque sono dedicate alla musica. «Studiano uno strumento ma apprendono anche l’assemblaggio ritmico, la storia della musica, partecipano all’orchestra e al coro della scuola», spiega la vicepreside, Paola Romanelli. Settantacinque quelli selezionati ogni anno (su 600 che fanno domanda) «non per avviarli alla professione musicale, anche se tanti proseguono gli studi – spiega –. Puntiamo su socializzazione e inclusione (di 226 iscritti, 38 hanno disabilità) e a una formazione completa degli individui». I docenti sono formati per personalizzare i percorsi di studio sulle esigenze dei ragazzi e per spingerli ad adoperare tutti i sensi, per farli lavorare in gruppo, facendo sì che si aiutino gli uni con gli altri. La pratica musicale «crea un legame equilibrato tra le diverse aree di sviluppo della persona, facilita la confidenza con le proprie risorse, fa acquisire un metodo di studio più efficace».

Un diritto per tutti

Ma per fertilizzare musicalmente il Paese attraverso la scuola, servono laboratori e tecnologie all’avanguardia. Altrimenti, anziché école de la mixité, di chi regala agli altri la cosa più preziosa che possiede, la propria differenza, si trasformano suoni e canto in privilegio di bambini che hanno la fortuna di nascere in famiglie musicalmente colte e benestanti. «La musica non può appartenere a un’élite. È un diritto per tutti», dice Spadolini. Ma a far fare musica a tutti non basteranno ancora i tantissimi docenti confluiti nel nuovo organico potenziato (2mila, su 55mila neoassunti). «Possono fare molto le associazioni di genitori e le reti di scuole».

Le orchestre in classe

Progetti nati dal territorio, come «ABC orchestra» della Fondazione La Nuova Musica di Milano, per esempio, che da dieci anni porta la pratica strumentale e orchestrale nelle scuole pubbliche, entrata in 3.500 classi del capoluogo e della provincia (Gaggiano, Sesto, Rho), ma anche in Liguria ed Emilia Romagna. «Invitiamo i bambini a portare qualsiasi strumento abbiano a casa, o li costruiamo con materiale di recupero. Da subito, grazie a docenti formati per la direzione, li mettiamo in grado di fare attività di gruppo», spiega Anna Mortara, presidente della Fondazione e guida artistica dell’«Orchestra Under 13», che raccoglie dal bacino delle orchestre scolastiche la crema dei pulcini della musica classica.

Bande e videogame

Oppure progetti nati nelle scuole. Grandi, magari, come l’istituto comprensivo di Baseliano e Sedegliano (Udine): 1.300 alunni su vari plessi, in cinque Comuni: «Una realtà molto eterogenea, con tanti ragazzi del mondo», racconta Fabrizio Fontanot, 55 anni, da 28 insegnante di musica «fuori dall’ordinario». Diplomato in composizione, strumentazione per banda, una laurea in composizione di musica da film, scrive da sé la musica per la banda scolastica nata tra i banchi. Ottanta elementi («tanti gli strumenti che abbiamo avuto in comodato dal Comune», dice), che hanno optato per il laboratorio musicale (ma potevano scegliere anche teatro, video, cucina, arte) e per due ore a settimana provano brani che diventano concerti che animano la vita cittadina. Per loro e per far comprendere meglio il gesto del direttore d’orchestra, Fontanot ha anche creato un «simulatore bandistico» che, come un gioco di realtà virtuale, consente di «immergersi» nell’orchestra e di provare gli alunni anche da casa. Un progetto adatto ad entrare nel grande data base che l’Indire, insieme a Miur e Cnapm sta realizzando: «Musica a scuola», un portale web che raccoglierà le buone pratiche nella didattica della musica: contenuti che qualsiasi docente potrà inserire e a cui potrà ispirarsi per replicare le lezioni con la propria classe.

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Note in classe, l’ora della svolta: per la musica (e le arti) in arrivo 2 milioni ultima modifica: 2017-04-12T05:40:27+02:00 da
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