Orfani della scuola

di Massimo Cacciari, l’Espresso, 10.12.2017

– Salvini e Renzi i più antipatici. 
Sul leader più gradito
stravince Nessuno. 
E c’è qualcuno che sceglie Berlusconi.

Che i nostri non siano più paesi per giovani, è un ritornello ormai antico. Se si trattasse tuttavia soltanto di disoccupazione e precarietà, da un lato, e aumento vertiginoso della popolazione anziana, dall’altro, la situazione sarebbe drammatica, ma non ancora tragica. Se la nuova generazione soffrisse soltanto per la propria condizione di dipendenza economica e marginalità politica, nulla impedirebbe che da essa si esprimessero anche linee, voci, presagi di un giovane futuro, davvero autonomo rispetto ai fallimenti dei padri. Sembra che anche questa bella speranza sia destinata a cedere di fronte alla dura lezione dei fatti. E che il futuro che ci attende sia vecchio o decadente come i giorni che attraversiamo.

Lasciamo perdere i sondaggi sull’orientamento partitico o sulla “simpatia” che destano i leader. L’offerta è cosi miserevole da giustificare ampiamente l’omogeneità delle risposte che vengono da ogni genere e da ogni generazione. Il dramma riguarda la scala delle priorità, che è specchio invece di una “gerarchia di valori”, e la questione dei soggetti che maggiormente influenzano il processo formativo. Possibile che coloro che iniziano oggi a misurarsi col mestiere di vivere non comprendano, anzi non vedano, che i problemi dei diritti, del loro allargamento a nuovi popoli e nuove civiltà, di forme efficaci di integrazione, rappresenteranno altrettanti macigni da superare, se vorranno garantirsi lo stesso benessere economico? Come pensano possa darsi altrimenti sviluppo economico, in un paese 
in cui il numero degli ultra sessantacinquenni, e cioè dei pensionati, continua a crescere e bambini non se ne fanno più? Che i padri, che non sanno approvare lo ius soli e anelano ad alzare barricate contro il destino, non lo intendano, è cosa umana, troppo umana. Il vecchio sopravvive come i “valori” di cui è portatore; è conservatore per forza. Ma se il giovane vi rimane abbarbicato si suicida.

E qui entra in ballo la scuola. Manca ormai anche l’idea – in Italia in particolare – che la qualità, l’energia direi, del processo formativo decide della civiltà di un popolo e del suo futuro. È risibile supporre che questo processo possa trovare nella famiglia il suo luogo di elezione. La famiglia – anche nella sua accezione più tradizionale – rimane, per quanto in crisi sia, 
un elemento insostituibile della convivenza civile, ma il giovane non potrà mai trovare in essa quel luogo di confronto critico, libero, polemico anche, con le idee, la storia, 
i linguaggi, le tragedie che hanno generato il suo presente e saranno determinanti anche per le sue possibilità avvenire. Se il giovane afferma che è la famiglia in gran parte a influenzare la sua formazione, ciò significa che la scuola sta mancando alla propria missione. Ma il fallimento della scuola è il segno inequivocabile della decadenza di un’intera cultura. Tutti gli organismi politici che vogliono crescere – e non soltanto nel Pil – hanno sempre, senza eccezione alcuna, a prescindere dalla diversità dei regimi, considerato il processo formativo come il perno della propria strategia. Dove i giovani dovrebbero oggi imparare a discutere seriamente, con competenza, degli stessi problemi che prima abbiamo ricordato, se non in una vera scuola? Dove formarsi,e cioè armarsi davvero per affrontare quelle sfide globali? La casa, l’oikos , non sarà mai la città, la civitas , quella città che diviene sempre più vasta 
e complessa, e che è quella in cui 
i giovani di oggi dovranno, volenti-nolenti, abitare e lottare. Nel web trovi informazioni, nessuna comunicazione e nessuna formazione. Informazioni utilissime, che evitano di perdere tempo.

Dunque, il giovane oggi dispone di più tempo – e avere tempo è primissima garanzia di libertà. Ma saperlo usare è faccenda affatto diversa. Ed è soltanto la scuola che può insegnartelo. Una scuola che sottoponga a spietato vaglio critico ogni buono o cattivo senso comune, ogni tradizione familistica, ogni dogma o credenza tradizionale. Il figlio è forza rigeneratrice. Ma questa non gli viene dai parenti. Gli viene dal modo in cui può e sa formare se stesso negli anni in cui la sua mente si plasma aprendosi agli altri, al mondo. Periodo essenzialmente scolastico, breve e decisivo. Se oggi soltanto una sparuta minoranza dei giovani dice di averlo sperimentato, ciò è l’indice forse più grave dell’impotenza culturale e politica 
di chi li ha generati.

.

.

Orfani della scuola ultima modifica: 2017-12-10T18:09:38+01:00 da
WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

GILDA VENEZIA - Associazione Professionale GILDA degli INSEGNANTI - Federazione Gilda Unams

webmaster: Fabio Barina



Sito realizzato da Venetian Navigator 2 srl