Scuola, perché i partiti non dicono nulla sull’odioso contributo volontario-obbligatorio pagato dalle famiglie

Huffington Post, 15.2.2018

– Sono gli unici fondi concreti su cui ogni anno contano le scuole pubbliche.
Quando se ne dovrebbe far carico lo Stato.

Le casse delle scuole sono vuote. Quasi incredibile a dirsi se dovessero solo far fede le fluviali dichiarazioni ottimistiche, se non trionfalistiche, di Matteo Renzi sui miliardi che invece la scuola pubblica avrebbe avuto in questi anni. Ma le parole e i fatti spesso non coincidono o si dividono, seguono strade diverse. Come sempre la verità sta nel dettaglio e in questo caso è un dettaglio ben conosciuto dalle famiglie, forse meno da Matteo Renzi. Si tratta del contributo volontario, diventato da molti anni obbligatorio. Senza questo obolo non dovuto gli istituti pubblici non avrebbero ogni anno denaro contante da spendere. Formalmente ogni scuola ha un appannaggio dallo Stato che resta vero solo sulla carta e che viene trasformato dai Dsga, più prosaicamente dal segretario amministrativo, in residuo attivo. In media 500mila euro per scuola, soldi aggiunti anno per anno che alle scuole non arriveranno mai. Scritture contabili.

Il contributo volontario, divenuto obbligatorio, fa tutto il resto, cioè tutto. Le famiglie italiane, che già pagano le tasse per l’istruzione, che hanno figli a scuola, soprattutto alle superiori, nel loro complesso dànno ogni anno intorno ai 250 milioni di euro. Soldi, che dovrebbe mettere lo Stato. Soldi, che finiscono per cristallizzare le differenze tra scuola e scuola, tra contesto e contesto, tra quartiere e quartiere, decretando anch’esso, il contributo volontario-obbligatorio, la fine della scuola come luogo per favorire l’ascensore sociale, per mettere i meritevoli non ricchi nelle condizioni di avere il livello d’istruzione adeguato, secondo l’articolo 34 della Costituzione. Il contributo è volontario e anche se non lo fosse nei quartieri più difficili non lo paga quasi nessuno. Dove la ricchezza c’è lo pagano tutti e le richieste per meglio garantire più alti livelli d’istruzione e il prestigio della scuola sono anche molto alte, anche 200 euro a studente in alcuni casi. Chi più ha, più avrà.

Sul contributo volontario si è espresso il Miur nel 2012. Visto l’obbligo scolastico elevato a 16 anni, chi ha un figlio al di sotto di quella età non deve pagarlo. Dovrebbero essere tassativamente fuori dal contributo spese e costi relativi allo svolgimento delle attività curriculari, ad esclusione dei rimborsi richiesti alle famiglie per la stipula di contratti di assicurazione individuale per gli infortuni e Rc degli alunni, libretti di assenza o per gite scolastiche (non più di 25-30 euro). In definitiva le famiglie, e solo dal quarto e quinto anno delle superiori, dovrebbero pagare la tassa di iscrizione di 6,04 euro e la tassa di frequenza di 15,13 euro, che si può versare anche a rate.

Alzi la mano quel genitore che in un anno scolastico ha pagato solo queste modiche cifre. Alzi la mano anche quel genitore che ha un figlio al di sotto dei 16 anni a cui non siano stati chiesti contributi dalla scuola che il figlio frequenta.

Naturalmente, il contributo volontario diventato obbligatorio andrebbe cancellato in un Paese che ha davvero a cuore l’istruzione pubblica. Trecento milioni per la scuola si devono trovare, anche e soprattutto per ristabilire parità di trattamento e di opportunità. Ma questo è un tema che non si trova in nessuno dei programmi dei partiti che stanno cercando voti per il 4 marzo. Al di là di apocalittiche dichiarazioni che non costano nulla e che non si realizzeranno mai, non si va. I politici forse non sanno nemmeno che le cose stanno mediamente così, come non conoscono molte altre angosce e frustrazioni della vita quotidiana dei molti. Aspettiamo che qualcuno se ne accorga e che abbia qualcosa da dire. Di concreto. Prima del 4 marzo, però.

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Scuola, perché i partiti non dicono nulla sull’odioso contributo volontario-obbligatorio pagato dalle famiglie ultima modifica: 2018-02-15T19:19:27+01:00 da
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