Una nuova scuola

di Paolo Fasce, Il Secolo XIX, 2.12.2017

– In queste settimane si discute del nuovo contratto degli insegnanti. Si tratta di un contratto scaduto da otto anni, ma bisogna anche riconoscere che, nel frattempo, c’è stata una grave crisi economica e che di risorse per rinnovarlo, e contemporaneamente stabilizzare 100.000 precari, non ce n’erano. Mi piacerebbe discutere, prima del contratto, di quale scuola vogliamo. Occorre quindi un grande dibattito pubblico che non si limiti a sporadiche trasmissioni su Otto e mezzo, dove lo psichiatra di turno invoca bocciature, o a scandalismi di pseudo inchiesta che focalizzano l’attenzione sullo stanco rituale dell’occupazione o sulle perquisizioni coi cani antidroga (siano benvenuti).

Parliamo di un nuovo patto sociale che indichi cosa ci aspettiamo dalla scuola, quali i ruoli, i confini, lo spazio di alleanza scuola-famiglia. Usciamo da logiche di contrapposizione, usciamo dalla logica dello studio/interrogazione/premio/voto, che produce apprendimenti volatili, ed entriamo in quello dei processi. Trasformiamo la scuola in un enorme laboratorio. Liberiamo i ragazzi dai vincoli che li infantilizzano, dal dover richiedere di andare in bagno. Costruiamo nei corridoi degli open space dove i docenti possano collaborare nei piccoli gruppi, mentre altri professori fanno lezioni prive di orpelli burocratici.

Lezioni di mezz’ora, a “numero chiuso”, entro corsi di durata mensile, bimestrale, quadrimestrale, ripetibili (nella somministrazione, come nella fruizione), una parte della mattinata legata alle lezioni, un’altra legata ai laboratori, ai lavori individualizzati. Stabiliamo un core che deve essere raggiunto da tutti e apriamo opzioni di approfondimento individualizzato. Aboliamo le eccessive ed inutili responsabilità civili e penali degli insegnanti non già per sgravarli di responsabilità, ma per caricare i ragazzi di quelle responsabilità che sono necessarie per farli crescere. Permettetemi di dire ad uno studente: “Non ti interessa, esci fuori e torna quando ne hai voglia”. Recentemente, ho letto, Stefano Bollani ha detto che “La scuola vuole solo educare all’obbedienza” e ci informa del fatto che “Ho sempre letto tanto, ma non quello che mi davano a scuola. Parlavano dei Promessi sposi e io leggevo Stephen King. Non credo si appassionino ragazzi di 16 anni alla letteratura così”.

Posso assicurare che ho visto la stessa identica noia quando un collega ha proposto brani da “Il Signore degli Anelli”. Non è cosa proponi ai ragazzi, ma il setting entro il quale lo proponi: l’obbligo. Ed è vero che “educhiamo all’obbedieza”, ma lo facciamo “per necessità” o, anche, “per sopravvivere”. Nella scuola media (ometto la nuova nomenclatura perché nonostante gli anni, non si è radicata) si parla da tempo di “traguardi”. Esplicitiamoli ai ragazzi e alle famiglie e forniamo gli strumenti: i docenti, le lezioni, i laboratori, i compagni, i tavoli circolari, i computer, internet. Verifichiamo questi traguardi con loro, come strumenti a disposizione, non come oppressori. Vengano quando sono pronti. Che si verifichino con questo o quell’insegnante. Magari si certifichino con tutti e due.

Non siamo noi insegnanti ad essere oppressori, è il contesto rigido delle ore di lezione, delle diciotto ore, del cambio d’ora, delle giustificazioni, del “non andate in bagno più di uno per volta”, della mortificazione della responsabilità a prescindere, delle inevitabili logiche antipedagogiche che ci sono dietro. Sogno una scuola alveare, dove la laboriosità diffusa e diversificata non è irregimentata in obblighi, ma in percorsi e obiettivi. Se si vuole una scuola diversa, una scuola del genere, temo, ci vuole un nuovo contratto. Un contratto che ci veda tutti a scuola dalle otto del mattino alle cinque del pomeriggio. Non tutti lo vogliono? Allora stabiliamo una percentuale in ogni plesso che lavori in questo modo. Questa modalità potrebbe essere incentivata. Vuoi la vecchia modalità di lavoro? Vuol dire che hai altre priorità, legittime. Bene. Lo stipendio è questo. Vuoi fare l’insegnante a tutto tondo?

Lavori dalle otto alle cinque. Naturalmente correggerai i compiti a scuola, farai a scuola quello che facevi a casa, ma stando a scuola modificherai gli ambienti, farai sportelli flessibili (non rigidi come oggi), configurarai gli spazi che ci sono secondo le nuove esigenze e tra trentanni avremo scuole costruite secondo paradigmi pedagogici diversi: inclusivi, perché flessibili; socializzanti, perché laboratoriali; responsabilizzanti, perché basati su obiettivi; flessibili, perché personalizzati. Liberiamo la scuola da sovrastrutture burocratiche, fateci lavorare. Davvero.

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Una nuova scuola ultima modifica: 2017-12-02T21:16:19+01:00 da
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