Vent’anni di “maturità”

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di Maurizio Tiriticco (*), Educazione & Scuola, 5.7.2017

– Il “nuovo esame di Stato”, di cui alla legge 425/1997, conteneva – e contiene – tutta una serie di innovazioni che, però, non hanno sortito un grande effetto! Il solo fatto che si continui a parlare e a scrivere di “esami di maturità” la dice lunga. L’innovazione prevista e attesa di fatto non è passata fino in fondo! E ciò che conta sui certificati finali sono i punteggi/voto più che le competenze che il candidato avrebbe dovuto acquisire. In effetti il cittadino europeo che volesse conoscere “che cosa sa fare” il candidato italiano che ha superato l’esame, non può farlo, perché ciò che conta sull’attestato, oggi anche plurilingue, è uno “strano numeretto” che dice poco o nulla circa il suo concreto “saper fare”.

La riforma Berlinguer degli esami di Stato
In quello scorcio di secolo ero in “servizio volontario” con il Ministro Berlinguer – in effetti ero in pensione dal 1995 – e, in servizio presso il Ministero, lavorai al dpr 323/1998, il decreto che ha reso operativa la legge sotto il profilo procedurale e amministrativo. Ricordo che ebbi molti problemi, nella mia interlocuzione con l’allora Direttore Generale, per mettere in atto quell’articolo 6 della legge e giungere a una corretta definizione dei nuovi termini “chiave” di conoscenze, capacità, abilità, competenze. Di fatto si trattava dei tre “concetti” nuovi per la nostra scuola e per la nostra legislazione scolastica, termini che dovevamo “mutuare” – se si può dir così – da quanto si andava legiferando in materia in sede di Unione Europea. Comunque, di fatto, la legge 425/1997 non era molto esplicita in materia. In effetti possiamo dire che il legislatore traccia il solco, e che poi sta all’amministrativo… fecondarlo!

Competenze, conoscenze e capacità
L’articolo 6 della legge così si esprimeva: “Certificazioni: 1. Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea”. Un articolo abbastanza sibillino: che significa “dare trasparenza”? E in armonia con quali “nuove disposizioni”? Sappiamo come la nostra legislazione – non solo quella scolastica – è sempre molto puntigliosa, quando si tratta di rinviare a dati riferimenti normativi. In quel caso, invece, la genericità è stata somma! Per non dire poi che, a proposito di concetti assolutamente nuovi, quali quelli di competenza e capacità – dato per scontato che sul concetto di conoscenza ci fossero idee chiare – il silenzio era assordante! E le abilità? Il nulla!

Prove acerbe per definire concetti complessi
Forte della mia esperienza ispettiva, dei miei studi con Raffaele Laporta, delle mie esperienze a Bruxelles (Comitato per la DEI, Dimensione Europea dell’Istruzione), ritenevo che con il successivo dpr, cioè con il “regolamento applicativo”, si dovessero dare definizioni certe e chiare, ma il Direttore Generale non volle andare ultra crepidam e insistette sul fatto che il Regolamento dovesse essere coerente al massimo con la Legge! Quando invece – com’è noto – nella nostra legislazione un Regolamento è lo strumento che dovrebbe “regolare”, appunto, la Legge! Ebbene, l’articolo 1, comma 3 dell’attuale Regolamento – il dpr 323/1998 – di fatto non esplicita nulla! Ecco il testo: “L’analisi e la verifica della preparazione di ciascun candidato tendono ad accertare le conoscenze generali e specifiche, le competenze in quanto possesso di abilità, anche di carattere applicativo, e le capacità elaborative, logiche e critiche acquisite”.

Un esame impasticciato
Si trattava di una indicazione assai generica, a fronte, invece, di una innovazione profonda, che avrebbe dovuto “stravolgere” i modi stessi dell’insegnare/apprendere nella nostra scuola secondaria superiore! Da quelle premesse normative non poteva che seguire un esame impasticciato! Nonché una terza prova pluridisciplinare che nessun insegnante è mai stato in grado di produrre correttamente!!! In effetti la prova in genere è sempre la somma di più quesiti disciplinari! Per non dire poi del colloquio, anch’esso… pluridisciplinare! Però nulla di più “falso”! La pluridisciplinarità i nostri insegnanti, rigidamente disciplinari per l’intero quinquennio (il dramma dei quadri orari difficilmente aggredibili), non la conoscono! Fatte salve, naturalmente, le dovute e apprezzabili eccezioni!
Insomma il “nuovo esame di Stato” non solo necessitava di un dpr più chiaro, ma anche di una governance ispettiva che però non c’è stata! In effetti anche i colleghi ispettori erano tutti disciplinari. E così, in quel primo anno del nuovo esame di Stato (1999), ipertesti diffusi nelle scuole, tre anni di trasmissioni televisive dalla sede Rai di Firenze pro Esame di Stato, sono serviti a poco, soprattutto poi dopo la “brutta fine” che fece il ministro Berlinguer, convinto invece della necessità e dell’importanza del “nuovo” esame di Stato! Pertanto tutta la spinta innovativa di un esame di Stato che avrebbe dovuto essere veramente nuovo e diverso, e produrre positive ricadute sull’intero ultimo triennio delle nostre scuole, è diventata polvere! Sono rimasti i crediti, che sono solo un inutile “appiccicaticcio”!!!

Verso la certificazione delle competenze
Successivamente, nel corso degli anni, anche con il conforto e il concorso della legislazione europea in materia, siamo riusciti a definire i concetti forti del nuovo esame di Stato! Ma non solo! In effetti, oggi, è tutta la nostra scuola che deve far proprie e vive le nuove frontiere dell’insegnare/apprendere, che non si limitano più ad erogare, far apprendere e valutare conoscenze, ma devono andare ben oltre! Di fatto la conoscenza è il primo gradino di una scala di operazioni, che si concludono infine con l’acquisizione e la certificazione di competenze.
Presentiamo ora la definizione dei concetti chiave delle operazioni che presiedono allo sviluppo/crescita e all’apprendimento, desunta anche dalle indicazioni europee. Si vedano al riguardo almeno: a) Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente; b) Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa al Quadro Europeo delle Qualifiche.

Definizioni consolidate a livello europeo

Conoscenze – un insieme organizzato di dati (in effetti sono le parole del vocabolario del parlante; es.: Marco, amare, Maria) e informazioni(le parole organizzate secondo la grammatica del parlante; es: Marco ama Maria) relative a oggetti, eventi, tecniche, regole, principi, teorie (si noti il crescendo della complessità concettuale), che il soggetto ap-prende, com-prende, archivia e utilizza in situazioni operative quotidiane eccezionali procedurali o problematiche;

Capacità/Abilità – atti concreti singoli che il soggetto compie utilizzando date conoscenze e dati strumenti; di fatto un’abilità è un segmento di competenza;

Nota: la slash o barretta (/), da non confondere né con il trattino (-) né con la lineetta (–), sta ad indicare che il primo termine è in funzione del secondo. Nel nostro caso un alunno è capace quando possiede i prerequisiti per acquisire una data abilità. Un esempio più che banale, ma chiaro: un nuovo nato che possiede le gambe, ha la capacità di camminare, che poi diventerà abilità in seguito ad un corretto sviluppo/crescita e a ad un corretto apprendimento senso/motorio.

Competenza – la capacità dimostrata da un soggetto di utilizzare: le conoscenze, le abilità e le attitudini (atteggiamenti) personali (il Sé), sociali (il Sé e gli Altri) e/o metodologiche (il Sé e le Cose) in situazioni di lavoro o di studio, e nello sviluppo professionale e/o personale. NB – Nel Quadro Europeo delle Qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e di autonomia.

Come si desume da quanto scritto, l’“armamentario” per una serie di innovazioni profonde c’era, ed era anche ricco e complesso, ma… in seguito la routine l’ha fatta da padrona, e il nostro esame, che dovrebbe accertare e certificare competenze, è ancora un “esame di maturità”!

La Raccomandazione europea del 18 dicembre 2006
Il documento indica e descrive “otto competenze chiave per l’apprendimento permanente”. Di fatto sono competenze necessarie per l’esercizio della cittadinanza attiva e responsabile. Le otto competenze sono: 1. Comunicazione nella madrelingua; 2. Comunicazione nelle lingue straniere; 3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4. Competenza digitale; 5. Imparare a imparare; 6. Competenze sociali e civiche; 7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8. Consapevolezza ed espressione culturale.
Per quanto riguarda la scuola italiana, le “competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria” (allegato 2 al dm 139/2007) sono otto: Imparare ad imparare; Progettare (afferiscono alla Persona in quanto tale); Comunicare; Collaborare e partecipare; Agire in modo autonomo e responsabile (afferiscono alla Persona nei suoi rapporti con gli Altri); Risolvere problemi; Individuare collegamenti e relazioni; Acquisire e interpretare l’informazione (afferiscono alla Persona nei suoi rapporti con le Cose, con il Fare).

La Raccomandazione europea del 23 aprile 2008
Il documento, recepito formalmente dall’Accordo Stato-Regioni del 20 dicembre 2012, riguarda l’European Qualifications Framework(EQF), il Quadro Europeo delle Qualifiche (e di qualsiasi altro titolo di studio). I livelli indicati sono otto. Per lo specifico, si rinvia direttamente al testo originale, reperibile al seguente link: https://ec.europa.eu/ploteus/sites/eac-eqf/files/leaflet_it.pdf. Per quanto riguarda la nostra scuola e i titoli da essa rilasciati, queste che seguono sono le relative corrispondenze con i livelli di cui all’EQF: 1. licenza media; 2. certificazione dell’obbligo di istruzione; 3. qualifica professionale triennale regionale; 4. ex “maturità” e diploma di qualifica professionale quadriennale regionale; 5. diploma di Istruzione Tecnica Superiore; 6. laurea triennale; 7. laurea magistrale e master di 1° livello; 8. dottorato e master di 2° livello.


(*) articolo apparso su Scuola7

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Vent’anni di “maturità” ultima modifica: 2017-07-10T05:02:04+02:00 da
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