Verifiche didattiche: quali riferimenti normativi? Quali limiti alla libertà professionale del docente

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di Nino Sabella  Orizzonte Scuola,  17.11.2015.  

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Le verifiche intermedie e finali, che facciamo svolgere ai nostri alunni, quantificano uno degli aspetti, ovvero le conoscenze e le competenze acquisite, che, insieme al comportamento e alla crescita globale degli stessi, fanno parte del processo di valutazione.

Il D.P.R. n. 122/09 ha raccolto e coordinato le norme vigenti per la valutazione degli alunni e ad esso faremo riferimento, sebbene parzialmente, per descrivere quanto previsto relativamente alle verifiche.

Altro riferimento è il R.D. n. 653/1925 che definisci i criteri per l’attribuzione del voto in sede di scrutinio finale.

Sia nel D.P.R. n.122/09 sia nel R.D. n. 653/1925 non vengono definite dettagliate modalità di svolgimento delle verifiche, la cui scelta conseguentemente è demandata ai docenti e alle istituzioni scolastiche.
Il regio decreto n. 652/1925 detta all’articolo 79:

I voti si assegnano, su proposta dei singoli professori, in base ad un giudizio brevemente motivato desunto da un congruo numero di interrogazioni e di esercizi scritti, grafici o pratici fatti in casa o a scuola, corretti e classificati durante il trimestre o durante l’ultimo periodo delle lezioni”.

I voti proposti da ciascun docente, dunque, devono essere frutto di un opportuno numero di verifiche scritte e orali in classe e delle attività svolte a casa; non c’è alcun riferimento alle modalità delle dette prove.

Il D.P.R. n. 122/09 parla delle verifiche all’articolo 1 comma 4, prevedendo che le verifiche intermedie e finali devono essere coerenti con gli obiettivi di apprendimento previsti dal POF.
I diversi tipi di verifica, dunque, sono scelti dal docente, che deve attenersi a quanto stabilito in sede collegiale e riportato nel POF. 

Fatta questa premessa possiamo chiederci fin dove può spingersi la libertà d’insegnamento del docente relativamente alle modalità di verifica in itinere e finale.

In linea generale,  le modalità tradizionali di verifica prevedono la produzione scritta (anali del testo, tema espositivo, risoluzione di problemi, quesiti a risposta aperta o multipla…), le prove pratiche (attività in laboratorio, realizzazione di plastici, di prototipi…) e i colloqui orali.  

In tutti i casi, a prescindere dalla libertà professionale, le prove devono fondarsi su principi di utilità e completezza: non si può attribuire un voto ad una verifica che non abbraccia tutto quanto affrontato riguardo ad un argomento né verificare la conoscenza di una determinata tematica, da parte dell’alunno, chiedendogli un solo o più aspetti marginali della medesima.

Stando alla normativa vigente, inoltre, non sembra possibile sostituire le prove di verifica scritta e il colloquio con altre modalità innovative, che al limite possono integrare le prove tradizionali.

La valutazione delle prove, infine, deve prevedere una scala valutativa ampia ed esaustiva; i voti vanno descritti attraverso giudizi sintetici, che permettono di esplicitare la prestazione dell’alunno.

Verifiche didattiche: quali riferimenti normativi? Quali limiti alla libertà professionale del docente ultima modifica: 2015-11-17T17:04:08+01:00 da
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