Visite fiscali: via libera del Consiglio di Stato al decreto

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Sinergie di scuola, 5.9.2017

– Il 4 settembre il Consiglio di Stato ha dato il via libera al decreto sulle visite fiscali nel pubblico impiego, ma con richiesta di armonizzazione con il regime del lavoro privato.

Il decreto si compone di 10 articoli:

articolo 1 (“Richiesta della visita di controllo”): dispone che la richiesta della visita di controllo a carico del lavoratore in malattia possa essere formulata dal datore di lavoro fin dal primo giorno di assenza del lavoratore oltre che disposta su iniziativa dell’INPS. L’articolo specifica, inoltre, che le comunicazioni tra datore di lavoro e INPS e tra quest’ultimo ed i propri medici fiscali avvengono mediante canali telematici;

articolo 2 (“Svolgimento delle visite fiscali”): stabilisce che le visite fiscali possono essere effettuate “con cadenza sistematica e ripetitiva, anche in prossimità delle giornate festive e di riposo settimanale”, fermo restando che il controllo è in ogni caso richiesto sin dal primo giorno quando l’assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative;

articolo 3 (“Fasce orarie di reperibilità”): individua le fasce di reperibilità dei dipendenti pubblici, costituite dai periodi ricompresi tra le ore 9 e le 13 e tra le 15 e le 18 – analogamente a quanto già previsto dal decreto ministeriale n. 206 del 2009 – ribadendo che l’obbligo di reperibilità sussiste anche nei giorni non lavorativi e festivi;

articolo 4 (“Esclusioni dall’obbligo di reperibilità”): stabilisce le esclusioni dall’obbligo di reperibilità, armonizzando la disciplina applicabile ai dipendenti pubblici con quella relativa al settore privato e disponendo che siano esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i dipendenti per i quali l’assenza è riconducibile ad una delle seguenti circostanze:

  • a) patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
  • b) causa di servizio riconosciuta che abbia dato luogo all’ascrivibilità della menomazione unica o plurima alle prime tre categorie della Tabella A allegata al d. P.R. n. 834 del 1981 ovvero a patologie rientranti nella
  • Tabella E del medesimo decreto;
  • c) stati patologici sottesi o connessi alla situazione d’invalidità riconosciuta, pari o superiore al 67%;

articolo 5 (“Verbale di visita fiscale”): disciplina le modalità di redazione e di trasmissione del verbale della visita fiscale da effettuarsi sia al datore di lavoro sia al lavoratore tramite un apposito servizio telematico predisposto dall’INPS;

articolo 6 (“Variazione dell’indirizzo di reperibilità”): prevede l’obbligo, a carico del lavoratore, di comunicare tempestivamente eventuali variazioni dell’indirizzo di reperibilità al datore di lavoro, il quale, per il tramite di canali telematici, ne informa l’INPS;

articolo 7 (“Mancata effettuazione della visita fiscale”): dispone che della mancata effettuazione della visita sia data immediata comunicazione motivata al datore di lavoro che l’ha richiesta. Qualora il lavoratore risulti assente all’indirizzo di reperibilità fornito, il medico fiscale rilascia apposito avviso d’invito a visita ambulatoriale per il primo giorno utile presso l’Ufficio medico legale dell’INPS competente per territorio; tale avviso deve essere consegnato, nel rispetto delle garanzie previste dal Codice della privacy, con modalità (stabilite dall’INPS) idonee a garantirne la conoscibilità da parte del destinatario;

articolo 8 (“Mancata accettazione dell’esito della visita”): dispone che il medico che effettua la visita fiscale è tenuto ad informare il lavoratore del fatto che, al fine di non accettare l’esito della visita, deve eccepire il dissenso “seduta stante”. Il dissenso deve essere annotato sul verbale sottoscritto dal lavoratore, il quale viene invitato a sottoporsi a visita fiscale, nel primo giorno utile, presso l’ambulatorio medico legale della struttura territoriale dell’INPS competente per il giudizio definitivo. Qualora il lavoratore si rifiuti di firmare il verbale, il medico fiscale informa tempestivamente l’INPS e predispone apposito invito a visita ambulatoriale;

articolo 9 (“Rientro anticipato a lavoro”): stabilisce che, in caso di rientro anticipato al lavoro, il lavoratore deve chiedere, allo stesso medico che ha redatto la certificazione di malattia ancora in corso di prognosi, la rettifica del certificato;

articolo 10 (“Abrogazioni”): dispone l’abrogazione del decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione del 18 dicembre 2009, n. 206.

Osservazioni del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, nel rilevare alcune irregolarità nell’iter seguito dall’Amministrazione nella predisposizione dello schema di decreto e la mancanza, a corredo del decreto stesso, dell’analisi dell’impatto della regolamentazione (A.I.R.) e dell’analisi tecnico-normativa (A.T.N.), ha espresso parere positivo, con alcune osservazioni.

Innanzitutto, in considerazione della necessità di garantire, in una materia particolarmente delicata come quella in esame, la riservatezza dei dati dei soggetti sottoposti a visita fiscale, il CdS auspica che nella fase d’individuazione delle modalità telematiche di comunicazione sia acquisito il parere del Garante per la privacy, anche se non esplicitamente previsto dalla normativa di delega.

In relazione al disposto dell’art. 1 (“Richiesta della visita di controllo”), la Sezione osserva che il comma 3 di tale articolo si limita a prevedere che “la visita può essere disposta … anche su iniziativa dell’INPS”, senza tuttavia esplicitare i criteri in base ai quali l’INPS può procedere in tal senso: la Sezione pertanto invita l’Amministrazione a valutare l’opportunità, in sede di stesura definitiva del provvedimento, di precisare ulteriormente la disposizione.

Per quanto concerne l’art. 3 (“Fasce orarie di reperibilità”), la Sezione osserva che tale articolo – nell’individuare quali fasce orarie di reperibilità i periodi ricompresi tra le ore 9 e le 13 e tra le ore 15 e le 18 di ciascun giorno – mantiene gli orari attualmente previsti per i pubblici dipendenti, lasciando dunque immutata la differenziazione tra dipendenti pubblici e privati, in relazione ai quali sono previste fasce orarie di reperibilità più brevi, ricomprese tra le ore 10 e le 12 e tra le ore 17 e le 19. L’Amministrazione ha motivato tale scelta evidenziando che “l’armonizzazione alla disciplina prevista per i lavoratori privati avrebbe comportato (per i dipendenti pubblici) una riduzione delle fasce orarie da sette ore giornaliere a sole quattro e, quindi, una minore incisività della disciplina dei controlli”. In relazione a questo, la Sezione ritiene non adeguata tale motivazione che si basa su una nozione di controllo prettamente quantitativa, e pertanto invita l’Amministrazione a procedere all’armonizzazione della disciplina delle fasce orarie di reperibilità fra dipendenti pubblici e dipendenti del settore privato, in base a quanto esplicitamente previsto dalla normativa di delega di cui all’art. 55 septies, comma 5 bis del d. lgs. n. 165 del 2001.

In relazione al disposto dell’art. 8 (“Mancata accettazione dell’esito della visita”), la Sezione osserva che tale disposizione prevede, al comma 3, che in caso di rifiuto da parte del lavoratore di firmare il verbale di visita, il medico debba informare l’INPS che “predispone apposito invito a visita ambulatoriale”, senza tuttavia specificare che tale invito deve essere consegnato al lavoratore nel rispetto delle garanzie di riservatezza previste dal Codice della privacy. La Sezione, pertanto, ritiene necessario invitare l’Amministrazione a valutare l’opportunità di integrare la disposizione di cui al predetto art. 8, esplicitando che la consegna al lavoratore dell’avviso debba avvenire “nel rispetto della riservatezza ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

Per quanto concerne, inoltre, l’art. 9 (“Rientro anticipato a lavoro”), la Sezione rileva che tale disposizione prevede che, nell’ipotesi in cui il dipendente intenda riprendere l’attività lavorativa in un periodo precedente rispetto all’iniziale prognosi, il medesimo dipendente debba richiedere la “rettifica” del certificato che “deve essere effettuata dal medesimo medico che ha redatto la certificazione di malattia ancora in corso di prognosi”. In proposito la Sezione osserva che il termine rettifica non si adatta compiutamente alla fattispecie, atteso che tale vocabolo presuppone l’esistenza di un errore di giudizio che viceversa potrebbe non essersi verificato: il decorso della malattia, infatti, potrebbe aver subito modifiche non prevedibili al momento della diagnosi e tali da consentire un ritorno anticipato al posto di lavoro. La Sezione, pertanto, invita l’Amministrazione in sede di stesura definitiva del provvedimento ad utilizzare una terminologia differente nella quale possa ricomprendersi anche la succitata ipotesi, come a titolo di mero esempio la locuzione “certificato sostitutivo”.

La Sezione, inoltre, rileva che la disposizione in esame dovrebbe essere articolata in modo più puntuale al fine di evitare che la medesima, nell’ipotesi in cui non sia tecnicamente possibile ricorrere allo stesso medico che ha rilasciato il certificato da “rettificare”, dia luogo ad un aggravio procedimentale che potrebbe ritardare l’anticipato rientro dei dipendenti sul luogo di lavoro. La Sezione, pertanto, invita l’Amministrazione a valutare la possibilità d’integrare l’articolo, disciplinando le fattispecie in cui la certificazione richiesta dalla norma possa essere rilasciata anche da un altro sanitario.

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