La Stampa 4.3.2018
Io non ho mai visto il padre del bambino. E, se davvero, c’erano tutti questi problemi, mi chiedo perché non abbia mai chiesto di parlare subito con me, ma abbia atteso cinque mesi. Ho sempre cercato di stabilire con tutti una buona comunicazione: dai genitori degli alunni agli insegnanti. Stavolta è stato un fulmine a ciel sereno anche per le maestre. Le ho sentite, sono stupite, amareggiate, direi demoralizzate».
Riflette con aria perplessa la professoressa Lucia Brienza, dirigente di alcune scuole nel Torinese tra cui l’elementare nel Canavese frequentata da R., il bimbo di 9 anni che i genitori negli ultimi cinque mesi hanno mandato in classe con una microspia nascosta per registrare le maestre. Per capire se – come dicevano le docenti – R. avesse disturbi di comportamento tali da richiedere l’intervento di uno psicologo o, viceversa, avesse ragione nel raccontare di essere preso di mira e maltrattato. Hanno denunciato le tre insegnanti all’Ufficio scolastico – accusandole di aver maltrattato il bambino, incitando il resto della classe ad atteggiamenti bullistici – e si preparano a presentare un esposto in procura.
La notizia, oramai è di dominio pubblico. All’ufficio della dirigente bussano i genitori di altri bambini, sia per capire quello che sta succedendo, sia perché qualcuno è seccato che i figli siano stati registrati di nascosto. «Sono preoccupati, temono possano essere adottati dei provvedimenti nei confronti delle insegnanti che, tra l’altro, sono pure apprezzate» continua la Brienza. Si sfoga: «Se non si può più dare nemmeno un consiglio per un incontro con uno psicologo ai genitori di un bimbo, allora mi risulta difficile anche fornire delle indicazioni agli insegnanti. Diventa cioè impossibile stabilire un rapporto di collaborazione».
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