Adieu terza prova

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Astolfo sulla luna, 27.6.2018

– Mentre scrivo i colleghi impegnati nelle commissioni d’esame 2018 stanno correggendo le prove: per una di esse si tratta dell’ultima volta. Stiamo parlando di quello che con linguaggio giornalistico viene definito il “quizzone” creando in tal modo una certa confusione con i veri e propri quizzoni, ossia i vari test Invalsi, Ocse-Pisa, Timms-Iea per citare solo quelli con il crisma dell’ufficialità.

In realtà la terza prova può essere svolta secondo sei diverse tipologie, fra cui problemi a soluzione rapida, analisi di casi pratici e professionali, sviluppo di un progetto. Dunque il cosiddetto quizzone corrisponde ad una sola tipologia, esattamente la C: “quesiti a risposta multipla”, compresi fra un numero di 30 e 40. Ora, se è vero che le tre tipologie che ho elencato per prime riguardano specifici indirizzi di studio, le scuole ad indirizzo artistico oppure certi istituti tecnici e professionali, mentre nelle scuole “normali” vengono utilizzate raramente, i quesiti a risposta multipla vengono spesso abbinati alla tipologia B “quesiti a risposta singola” creando la cosiddetta “tipologia mista” e non è infrequente il ricorso alla tipologia A “trattazione sintetica” che si distingue dalla precedente per le risposte più lunghe che permettono una certa argomentazione e per un numero di quesiti che è in media meno della metà della B.

Mi scuso con i colleghi che insegnano alle superiori per la pedanteria, ma era necessaria una premessa tecnica affinché chiunque legge possa seguire agevolmente il mio ragionamento. Dunque, riprendendo gli argomenti usati dai mass media per parlare di quest’ultimo appuntamento degli studenti diplomandi, lo spazio di indagine del quizzone, considerata l’incertezza sulle materie prescelte e il coinvolgimento dell’intero programma, sarebbe “tutto su tutto”. D’altro canto, osservano i giornali che se ne sono occupati, il fatto che la stesura del testo della terza prova sia compito delle singole commissioni, crea notevoli disparità fra scuola e scuola. Si aggiunga che, a sostegno della scelta della tipologia C, o al massimo di quella mista, si constata il poco tempo a disposizione per la commissione d’esame da dedicare alla preparazione di tipologie più complesse. Perciò da più parti si ritiene che l’aver messo in soffitta la terza prova, a giusti vent’anni dalla sua istituzione da parte del ministro Berlinguer, sia una buona notizia.

Si ricorderà, a proposito del succitato ministro, che uno dei suoi ultimi provvedimenti fu l’introduzione dell’autonomia scolastica, e ciò nel quadro della più generale tendenza al decentramento amministrativo avviata coi decreti Bassanini. Ora, fra i vari aspetti dell’autonomia, il decreto prevedeva anche l’ambito della ricerca in generale, e dell’autonomia didattica in particolare. Evidentemente, chi osserva che una terza prova preparata dalle singole commissioni è destinata a creare disparità fra le scuole, presuppone che le istituzioni scolastiche debbano seguire un modello didattico gestito centralmente dal ministero. Che questa idea sia abbastanza vicina alla realtà della maggioranza delle scuole italiane, non significa necessariamente che sia anche l’idea giusta di scuola: piuttosto ciò indica il sostanziale fallimento dell’autonomia didattica, come modello di scuola aperta alla sperimentazione metodologica e contenutistica. Se qualcuno ritiene che la sperimentazione didattica è necessaria alla sopravvivenza della scuola, allora si deve chiedere di chi è colpa questo fallimento, piuttosto che salutare la sostituzione della terza prova con il test Invalsi come un segnale positivo di rinnovamento.

Ci si potrebbe chiedere ad esempio quale sia la causa di quella che si potrebbe definire l’inerzia da programma, cioè lo stimolo impellente sentito da molti colleghi a “finire il programma” per essere a posto con la coscienza (e concorrere più o meno lealmente all’attribuzione del premio per il merito). Si potrebbe anche riflettere sulla sacralità del libro di testo, che qualcuno usa come un grimaldello per scardinare l’intelligenza degli studenti, infliggendo loro liste di definizioni da mandare a memoria. Interessante da questo punto di vista vedere l’atteggiamento delle case editrici, molte delle quali amplificano sulla propria piattaforma online la struttura del libro cartaceo, con un’operazione di marketing rivolta esplicitamente ad una classe insegnante di analfabeti digitali.

Giudicando a vent’anni dalla sua introduzione l’autonomia di ricerca e sperimentazione didattica, ci si può chiedere se alle scuole sono mancate le risorse per realizzarla: un programma di ricerca non si può certo improvvisare e trovare un nucleo di docenti volonterosi guidati da dirigenti “illuminati” in grado di portare avanti sperimentazioni efficaci è cosa rara. Nelle situazioni normali la collaborazione fra docenti di diverse discipline si è verificata occasionalmente, senza portare effettivi e stabili cambiamenti nella didattica curricolare: solo se tale collaborazione fosse divenuta organica – e penso all’istruzione tecnica e professionale – si sarebbero creati i presupposti per ideare terze prove di tipologia D, problemi a soluzione rapida o E analisi di casi pratici e professionali. Infatti un cambiamento duraturo nella didattica implica lo sviluppo di una metodologia comune di conduzione delle lezioni, cambiamento che a parole è stato perorato (didattica modulare, per competenze ecc. ecc.) ma che nei fatti è stato ostacolato, anche perché presuppone l’esistenza di un ambiente di lavoro collaborativo, anziché la competizione per il bonus meritocratico.

A questo proposito, se c’è una metodologia comune che obtorto collodovrà essere adottata da tutti, è quella relativa ai progetti di Alternanza Scuola Lavoro: a partire dal 2019 il colloquio d’esame verterà infatti sull’esperienza di ASL di ciascuno studente. Sarà anche vero che le cosiddette tesine, destinate pure esse ad andare in soffitta quest’anno, spesso sono progettate in modo approssimativo e a volte addirittura prodotti di riciclo: mi sa però che l’anno prossimo qualcuno ne avrà nostalgia.

27 giu. 18                                                                                            Astolfo sulla Luna   

 


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