Non solo la povertà economica tout court. A insidiare l’esistenza di milioni di bambini e adolescenti italiani c’è anche un altro tipo di deprivazione, quella educativa. Lo racconta un rapporto di Save the Children, Illuminiamo il futuro 2030, stilato col supporto di dati raccolti da numerose fonti, dall’Istat all’Eurostat all’Invalsipassando per i test Pisa-Ocse. Oltre a elaborazioni inedite, nella ricerca si propongono alcuni obiettivi da realizzare entro 15 anni anche tramite i Punti luce, 13 centri che l’associazione ha aperto dallo scorso anno in otto regioni italiane.
Le evidenze che si traggono dal rapporto, proprio nel periodo dellaripresa scolastica quando il presidente del Consiglio definisce bambini e ragazzi “la più grande risorsa” del Paese, sono a trattitempestose. Per esempio, quasi il 25% dei quindicenni sarebbe sotto la soglia minima di competenze matematiche e 1 su 5 di quelle per la lettura, percentuale che raggiunge rispettivamente il 36% e il 29% fra gli adolescenti che vivono in famiglie con un basso livello socioeconomico e culturale.
Mentre al Sud e nelle isole il dato aggregato (matematica e lettura) sale al 44,2 e 42%. Purtroppo, statisticamente parlando, “povertà economica e povertà educativa si alimentano reciprocamente e si trasmettono di generazione in generazione” si legge nel rapporto.
“I dati che emergono dalle nostre elaborazioni rivelano un fenomeno allarmante: in Italia, una parte troppo ampia degli adolescenti è priva di quelle competenze necessarie per crescere e farsi strada nella vita – ha sottolineato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children – la povertà educativa risulta più intensa nelle fasce di popolazione più disagiate, non dimentichiamo che in Italia più di 1 minore su 10 vive in condizioni di povertà estrema, e aggrava e consolida, come in un circolo vizioso, le condizioni di svantaggio e di impoverimento già presenti nel nucleo familiare”.
Altro fattore della povertà educativa è l’origine migrante dei genitori: tra i ragazzi migranti di prima generazione il 41% non raggiunge i livelli minimi di competenze in matematica e lettura, incidenza che cala al 31% in matematica e al 29% in lettura per i quelli di seconda generazione.
“La povertà educativa non può essere un destino ineluttabile e non è accettabile che il futuro dei ragazzi sia determinato dalla loro provenienza sociale, geografica o di genere – ha sottolineatoRaffaela Milano, direttrice programmi Italia-Europa Save the Children – le enormi diseguaglianze che oggi colpiscono i bambini e i ragazzi in Italia vanno superate attivando subito un piano di contrasto alla povertà minorile e potenziando l’offerta di servizi educativi di qualità: i dati ci dimostrano che i servizi per la prima infanzia, le scuole attrezzate, le attività ricreative e culturalipossono spezzare le catene intergenerazionali della povertà. Serve però uno sforzo comune e coordinato da parte delle istituzioni ad ogni livello e delle stesse comunità locali e l’impegno per sconfiggere la povertà educativa deve diventare prioritario nell’agenda del Governo”.
I programmi dell’organizzazione sono ambiziosi: entro il 2030 tutti i ragazzi di 15 anni dovranno raggiungere le competenze necessarie in matematica e lettura; il tasso di dispersione scolastica, ora al 15%, dovrà scendere sotto il 5 e tutti i minori dovranno svolgere in un anno almeno quattro attività culturali e sportive indicate in una rosa specifica, dal teatro allo sport al web. Risultati che possono essere raggiunti solo con un’offerta di servizi educativi di qualità: per esempio, i ragazzi provenienti da famiglie povere che tuttavia abbiano frequentato almeno un anno di scuola dell’infanzia superano i livelli minimi matematici e di lettura rispetto ai coetanei che non hanno avuto questa occasione. Chi frequenta almeno un anno di asilo, si legge nelle 49 pagine del documento, supera i livelli minimi nei test Pisa sia in matematica che in lettura. I risultati: 422 punti in matematica contro i 395 dei loro compagni che non hanno frequentato, e 413 punti in lettura contro 365.
La metà degli istituti – con marcate differenze regionali – è priva di un certificato di agibilità e/o abitabilità (45%) mentre il 54% degli edifici non è in regola con le normative anti-incendio e il 32 non rispetta le norme antisismiche, sebbene il 40% degli istituti si trovi proprio in zone a rischio sismico e il 10% in quelle a rischio idrogeologico. Le peggiori sono Toscana, Campania, Liguria, Friuli-Venezia Giulia e Veneto, dove il 70% o più degli studenti entra ogni mattina in strutture di questo tipo.
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