di Fabio Barina, Gilda degli insegnanti di Venezia, 4.8.2025.
La formazione sull’inclusione serve davvero a contrastare la dispersione scolastica?
Il MIM ha dato il via all’ennesimo corso di formazione dei docenti sull’inclusione. La nota n. 36591 del 25 luglio 2025 ha definito la ripartizione delle risorse finanziarie per la realizzazione di azioni formative sull’inclusione, della durata minima di 20 ore da svolgersi nel primo bimestre del prossimo anno scolastico.
I fondi, in tutto €. 852.000, saranno distribuiti alle scuole polo regionali per la formazione, con un criterio proporzionale basato sul numero di docenti di sostegno in organico di diritto. Il provvedimento si inserisce nell’ambito delle azioni ordinarie e straordinarie previste anche dal PNRR, con l’obiettivo di promuovere una cultura sistemica dell’inclusione, dell’equità e del benessere scolastico.
Le quattro aree tematiche
Il piano prevede moduli formativi articolati su quattro assi tematici:
- Didattica universale e personalizzazione degli apprendimenti, con attenzione anche all’uso del PEI informatizzato (in coerenza con il D.I. 153/2023).
- Gestione della classe eterogenea, per la costruzione di ambienti di apprendimento equi e partecipativi.
- Inclusione socio-relazionale, finalizzata alla creazione di comunità educanti e alla prevenzione del disagio.
- Lavoro collegiale e corresponsabilità educativa, anche in ottica di raccordo tra docenti curricolari e di sostegno.
Il MIM precisa che i corsi non sono obbligatori, ma ricordiamo che il decreto n. 188 del 21.06.2021 del Ministero dell’Istruzione “Formazione del personale docente ai fini dell’inclusione degli alunni con disabilità” disciplinava le modalità attuative degli interventi di formazione obbligatoria con un impegno complessivo pari a 25 ore per il personale docente per i docenti che operano in classi con studenti con disabilità. La formazione era su base volontaria, ma nel 2021 molti UU.SS.RR. hanno spinto i DS a fare pressioni sui colleghi per partecipare ai corsi. La legge 107/2015 (La buona scuola) ha stabilito il principio della «Formazione obbligatoria, permanente e strutturale».
Ma la scuola ha ancora bisogno di formazione sull’inclusione? La formazione sull’inclusione serve a contrastare la dispersione scolastica?
Nella realtà i problemi sono altri
Il sistema scolastico italiano ha ormai un’insostenibile percentuale di insegnanti non specializzati e con contratti a tempo determinato, a volte nominati in ritardo, che precludono la possibilità di qualsiasi forma di continuità didattica nei confronti degli studenti più fragili.
Esistono ancora molte classi con un numero elevato di alunni, tra i quali figurano alunni certificati ai sensi della legge 104/1992, stranieri e studenti con BES a cui non corrisponde un adeguato numero di insegnanti indispensabili per far fronte alle sempre più complesse necessità individuali. Restano ancora troppi i docenti di sostegno non specializzati. Le ore di sostegno vengono assegnate in misura ridotta rispetto alla norma (non sempre alle certificazioni ex art.3, c.3 corrisponde una nomina su cattedra intera) e all’efficacia dell’azione didattica. E assegnare un docente di sostegno ogni 4 alunni “di lieve gravità” significa dare 4,5 o 6 ore di supporto per alunno: con quali risultati?
La lotta alla dispersione scolastica
La lotta alla dispersione scolastica, al di là dei proclami roboanti e degli slogans enfatici del Ministro di turno (di ogni schieramento politico) ha deviato su strade ormai paradossali: è impresa quasi ardita bocciare uno studente anche di fronte ad ogni evidenza, negli scrutini i Dirigenti scolastici presidiano i colleghi che intendono assegnare voti al disotto della sufficienza, i ricorsi delle famiglie sugli esiti di esami e scrutini finali sono da tempo una costante del sistema scolastico italiano. Ciò porta inevitabilmente a quella dispersione implicita che sta caratterizzando il sistema scolastico italiano.
Inoltre, è bene non dimenticarlo, questi corsi di formazione sono stati a volte condotti in modo poco efficace: mancanza di pianificazione (e a volte con evidente improvvisazione), tempi di organizzazione e svolgimento sempre più stretti, lunghe e noiose profusioni ex cathedra, quasi sempre on line e per nulla interattive, che spesso hanno sciorinato norme e grafici in modo astratto, condotte da formatori (docenti universitari, ispettori tecnici o dirigenti) che da tempo sono lontani dalle classi.
Le ore dei corsi svolti fuori dagli impegni di servizio dei docenti, ora potranno essere riconosciute “a forfait”. . .
E, non ultimo, la formazione dimentica che il reclutamento ha ormai standardizzato forme poco selettive: la valutazione per test, con commissari sottopagati e senza in minimo esonero dagli impegni scolastici, tempi di svolgimento sempre più stretti: il tutto per far prima e al minor costo.
A quando potremmo tornare ai (vecchi ma oggi sempre più necessari) corsi di formazione /aggiornamento sulle discipline?
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Ancora formazione sull’inclusione: a chi serve? ultima modifica: 2025-08-04T11:00:23+02:00 da

