di Emiliano Sbaraglia, Collettiva, 23.6.2024.
Da Fregonara e Riva, due giornaliste del Corriere, un libro che fornisce proposte concrete per migliorare la pubblica istruzione guardando al mondo che cambia
Chi abbia a cuore il mondo della scuola deve conservare con cura questo libro, anche per gli anni a venire. A scriverlo sono Gianna Fregonara e Orsola Riva (due firme del Corriere della Sera riconosciute per la specifica competenza nel settore scuola e università) autrici di Non sparate sulla scuola (Solferino libri, pp. 171, euro 16), volume le cui pagine assicurano al lettore numerose informazioni supportate da dati, numeri e racconti di esperienze dirette riguardo lo stato di salute dell’istruzione in Italia, e come migliorarlo.
LA COMUNITÀ DEI LETTORI
Sollecitate sui contenuti proposti, e sulla larga diffusione del loro lavoro in questi mesi (la prima edizione è dell’ottobre 2023), Fregonara e Riva ci confermano come abbiano avuto “molto riscontro, soprattutto nel mondo della scuola. Ci sono molti insegnanti tra i nostri lettori, che apprezzano ciò che abbiamo cercato di descrivere attraverso uno sguardo giornalistico, e dunque critico, partendo dall’idea complessiva che la scuola vada migliorata, non abbattuta. Un’idea più condivisa di quanto si possa pensare e questo ci fa piacere, perché abbiamo cercato di osservare la realtà ragionando sui fatti, su dati reali, non per ‘sparare sulla scuola’, per l’appunto, ma con uno sguardo positivo”.
ABBANDONO SCOLASTICO
Molti i temi affrontati, alcuni dei quali esiziali ma non sempre al centro di una riflessione adeguata. Tra questi l’abbandono scolastico: “Sì, riguardo l’abbandono scolastico in questi anni ci siamo rese conto che è il tema dei temi, di cui adesso c’è maggior consapevolezza. Ora però ci sono strumenti che consentono di non perdere più nessuno, o quasi, ed è un’urgenza risolvere questo problema”. Anche perché, aggiungiamo, i numeri contenuti nel libro parlano da soli, e ancora nel 2011 tre italiani su dieci erano in possesso soltanto della licenzia media.
“I dati sono espliciti, ma concordano sul fatto che si può intervenire, perché sappiamo chi sono questi studenti, ormai c’è una fotografia chiara, a partire dalla scuola primaria. Bisogna però farsi delle domande sul sistema, come raccontano i focus della scuola media, che indicano dove intervenire a cominciare dall’orario scolastico; perché se non trovi un professore particolarmente dedicato, se nessuno si occupa di te, la situazione di uno studente può precipitare”.
STUDENTI E PROFESSORI
Qui si introduce un altro elemento, ben sviluppato nel capitolo dedicato all’“importanza di essere prof”, dove oltre alla babilonia di acronimi che hanno caratterizzato le graduatorie in questi ultimi anni si sottolinea come una volta in classe “non sia facile dire “occupiamoci dei singoli”, ma il sistema al momento non ha altro da fornire per cambiare”.
EDILIZIA E DIDATTICA
Seppur apparentemente distante da quanto sin qui affrontato, la manutenzione edilizia delle strutture scolastiche si inserisce nella discussione “perché il luogo dove si insegna fa parte della didattica”. Secondo Fregonara e Riva “con il Pnrr sono arrivati tanti soldi, che però sinora sono stati usati soprattutto per acquistare il software, vale a dire l’ultimo tratto di ciò che occorre; mentre soltanto poche scuole hanno fatto un ragionamento su cosa servisse per una didattica non soltanto innovativa, ma adeguata al tipo di studenti e di percorso: c’è chi ha bisogno di una cosa, chi di un altra. Ecco perché potrebbe rivelarsi un’occasione perduta, sono soldi che non si rivedranno presto”.
NOI E L’EUROPA
Per avere un quadro generale più completo sono inevitabili i confronti con alcuni Paesi dell’Europa, soprattutto per cercare di comprendere dove sia possibile trarre qualche spunto utile. “Rispetto al resto d’Europa – continuano le giornaliste – guardando alla nostra scuola si ha come l’impressione di trovarsi di fronte a un’organizzazione vecchia: basti pensare che le scuole medie, nella maggior parte delle altre nazioni, non ce l’hanno più quasi nessuno. Anche in Italia un sistema d’istruzione diviso in tre ordini non ha più senso, ora che l’obbligo scolastico è salito a 16 anni. È come se fosse cambiata l’idea ma non la struttura, altro argomento su cui sarebbe opportuno riflettere, e in fretta”.
C’è poi l’ampia e articolata discussione su tempi e metodi di apprendimento, forse il cuore di una ennesima ma realmente innovativa riforma scolastica. “Il tempo pieno negli altri paesi è un tempo allungato, magari anche con lo stesso numero di ore, però organizzate in maniera diversa – è la chiosa delle autrici –. Torniamo ancora alla scuola media: si comincia alle 8 e si finisce alle 14, a volte senza che uno studente si renda neanche conto a che punto della giornata sia arrivato. Pensando invece a delle pause, a una mensa adeguata, magari si finisce alle 16 ma recuperi risorse ed energie. E qui torniamo alle occasioni mancate con il Pnrr, perché il servizio mensa poteva essere rinforzato senza troppi oneri, così da creare un tempo scolastico disteso, posticipando l’orario d’entrata, chiaramente non eccessivo per le esigenze familiari che tutti conosciamo”.
UN’ALTRA SCUOLA
Un libro che dunque invita a fare ragionamenti e trovare soluzioni, a partire proprio da una diversa scansione dei cicli scolastici e degli orari giornalieri, perché già soltanto questi due interventi ne porterebbero altri, come i compiti a casa, che spesso invece di un ripasso diventano un peso che non favorisce l’istruzione complessiva di un alunno (tra gli indicatori di apprendimento i compiti a casa occupano il posto 88 su 135), oltre che comprimere gli spazi famigliari; un fattore che automaticamente coinvolge la metodologia didattica da proporre durante l’ora di lezione.
Invece dal ministero dell’Istruzione, e anche del Merito (termine malleabile in base alle esigenze) si continua a parlare di condotta, per fare un solo esempio, quando ci troviamo di fronte a un cambiamento strutturale dovuto, si diceva, soprattutto alla situazione demografica. Guardando avanti sarebbe l’occasione per ripensare molte cose, per cambiare davvero il nostro modello scolastico, anche perché l’ultima vera riforma in questo senso, con tutte le sue criticità, porta la firma di Luigi Berlinguer.
Sono passati, giusti giusti, 25 anni.
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