Arriva l’educazione affettiva. Ma serve a qualcosa o a qualcuno?

Gilda Venezia

inviata da Alessia Prandolin, 20.11.2023.

La scuola, e gli insegnanti, sono stati chiamati negli ultimi decenni a supplire le mancanze educative delle famiglie, della società: ma la scuola già insegna il senso della responsabilità, dell’eguaglianza di genere, dei limiti alla libertà soggettiva, dell’esistenza di doveri morali e civili.

Gilda Venezia

Il caso della povera ragazza Giulia vittima dell’ennesimo straziante femminicidio ha riportato all’attenzione della politica il problema culturale del maschilismo e del senso del possesso machista che sembra ancora troppo radicato nella nostra società. Ovviamente si torna a chiamare la scuola come istituzione preposta a interventi di natura educativa per prevenire un fenomeno odioso e preoccupante. La scuola, e gli insegnanti, sono stati chiamati negli ultimi decenni a supplire le mancanze educative delle famiglie, della società, dei media in svariati campi: educazione sessuale, alimentare, educazione al codice della strada, educazione “civica”, ecc. Ora tocca all’educazione affettiva. Valditara, sotto pressione anche della Schlein, ha dichiarato che sta lavorandoci. Per esperienza significa che ai docenti toccherà subire una serie di ore di formazione, che l’educazione affettiva diventerà parte del PCTO e che bisognerà certificare con relazioni o altra documentazione il fatto di averla “fatta” nell’anno scolastico. Una mole burocratica che si scaricherà ancora una volta sugli insegnanti che vedrà psicologi, esperti e accademici di varia umanità insegnare agli insegnanti. 

Nessuno ricorda che il femminicidio e tutte le patologie che gravano sugli adolescenti di oggi si affrontano tutti i giorni nella scuola anche insegnando il senso della responsabilità, dell’eguaglianza di genere, dei limiti alla libertà soggettiva, dell’esistenza di doveri morali e civili. Non serve una disciplina o “ore dedicate” all’affettività. Basta rispettare le regole fondamentali che trovano le radici nella nostra Costituzione. L’emergenza resta in capo alle famiglie, alle narrazioni dei media e degli opinionisti da bar che imperversano in televisione e nei social. 

La scuola ha una grande responsabilità: quella di non insegnare più il senso della responsabilità personale. Le trasgressioni più o meno gravi della coesistenza civile nell’ambito scolastico sono spesso giustificate o blandite come effetto di un disagio di vaga e incerta natura. Il “diritto al successo formativo” ha portato generazioni a crescere senza trovare grandi intoppi nel percorso scolastico, anche in presenza di lacune gravi. Parte di queste generazioni non hanno mai avuto l’occasione di subire un rifiuto da parte della scuola e delle famiglie. Nel percorso della vita chi cresce senza sbattere mai contro ostacoli e disillusioni non comprende come mai possano succedere proprio a lui. I casi di docenti maltrattati da studenti e genitori sono all’ordine del giorno, tanto nella maggior parte dei casi non accede nulla. I casi in cui i dirigenti scolastici si piegano alle istanze delle famiglie che accusano gli insegnanti di non essere adeguati ai bisogni dei loro virgulti sono tristemente frequenti.

Alcuni maschietti, messi fortemente in crisi nel loro ruolo guida della famiglia, della politica e della società,  crescono in questo humus culturale e alcuni credono patologicamente che un rifiuto da parte delle mogli, delle fidanzate, delle compagne diventi una offesa inaccettabile al loro diritto di possesso cui rispondere con la violenza verbale o fisica. Purtroppo spesso trovano dalla loro parte genitori o conoscenti che cercheranno di giustificarli scaricando la responsabilità su presunte patologie o sulla società, con la scuola in primo piano. I casi di La Russa e Grillo sono sintomatici.

Prepariamoci a compilare ancora scartoffie per dimostrare di insegnare l’”affettività”. Ma chi ci insegnerà l’”affettività”? Cosa significa realmente? Saranno i soliti psicologi ed esperti? Ma sono effettivamente loro gli “esperti in affettività”? Non ci sembra proprio.

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Arriva l’educazione affettiva. Ma serve a qualcosa o a qualcuno? ultima modifica: 2023-11-20T04:56:37+01:00 da
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