Aspettative nei confronti del nuovo ministro dell’istruzione

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Astolfo sulla luna, 15.2.2021.

Gilda Venezia

Come è noto il nuovo arrivato al ministero trasteverino è il prof. Patrizio Bianchi il quale, da docente per la Cattedra Unesco in educazione, crescita ed eguaglianza nonchè ex-assessore nella regione che si contraddistingue per un sistema di istruzione e formazione professionale a guida pubblica (in apparente alternativa al sistema lombardo), ha opportunamente pubblicato il volume “Nello specchio della scuola” sintesi dei lavori del Comitato per il rilancio della scuola da egli presieduto e voluto lo scorso anno dalla ministra uscente.

Il rettore dell’Università di Ferrara ha quindi tutti i titoli per essere considerato un ministro tecnico che – come insegna un testo di diritto del biennio delle superiori – è un esperto del settore di competenza del ministero (da cui però è stata spacchettata l’università, che nella visione del prof. Bianchi è invece un tassello fondamentale delle riforme da lui promosse).

Nel rapporto finale del comitato succitato, leggiamo che non è sufficiente il ritorno alla normalità pre-Covid, se vogliamo che la scuola possa tornare ad essere motore dello sviluppo, come fu – aggiungiamo noi – fino agli anni ‘90 del secolo scorso.

Infatti tutto il discorso sulla fase costituente per la scuola è basato sulla constatazione che la nuova economia è basata sulla digitalizzazione della produzione e degli scambi: di conseguenza, secondo il neoministro, emerge il bisogno di nuove competenze e contemporaneamente di nuove modalità di organizzazione dei processi educativi, in quanto gli studenti devono essere dotati di competenze ed abilità volte a comprendere la complessità del mondo attuale e ad affrontarne il continuo cambiamento. La necessità di questo cambiamento si evince dal DESI – indice elaborato dall’UE – che ci vede al quart’ultimo posto non tanto per quanto riguarda la connettività, bensì proprio per la disponibilità di competenze e capitale umano adeguati a colmare il digital divide.

Quale la proposta operativa? Viene sintetizzata con la sigla CAMPUS (che starebbe per Computer/Coding, Arte, Musica, Polis, Sport) auspicando che “la nuova scuola debba essere un campo in cui allenarsi insieme a una vita il cui obiettivo fondamentale sia costruire comunità solidali e coese” con probabile allusione ad una struttura scolastica di matrice anglosassone. Strumento per raggiungere tale obiettivo sono i “patti educativi di comunità” con cui rendere la comunità (concetto diverso da territorio?) corresponsabile dell’educazione dei giovani, dando piena attuazione alla legge sull’autonomia scolastica, in sinergia con le università e i centri privati di ricerca (che però, come si diceva, saranno di competenza della ministra prof. Cristina Messa). In questo senso i Pcto (o nuova sigla che dovesse indicare le vecchie esperienze di alternanza scuola lavoro) nasceranno da forme di integrazione con imprese ed enti di ricerca. L’insegnante, nella prospettiva di potenziamento ad esempio dei progetti STEM per migliorare le performance scientifico/tecnico/matematiche, fungerà da “adulto di riferimento” nell’educazione e formazione dell’alunno.

Bene, fin qui la descrizione delle intenzioni, desunte appunto da un volume in libreria; in merito alle reali possibilità di concretizzarle – oltre al necessario coordinamento con il ministero tecnico dell’università e della ricerca e con il ministero politico del lavoro – va verificato l’impegno finanziario che verrà effettivamente indirizzato al settore qui esaminato, più volte segnalato come strategico nel programma indicato dal neopresidente Draghi, che nel momento in cui scriviamo non ha però ancora passato il “vaglio” del Parlamento, sempre pressato da esigenze “più immediate”.

Due parole nel merito delle intenzioni del neoministro dell’istruzione: la sua visione di scuola ci pare in linea con quella dei governi di centro sinistra della seconda metà degli anni ‘90 del secolo scorso (non a caso il prof. Bianchi fa parte dell’enturage professionale del prof. Romano Prodi) e in parte con la breve seconda stagione a guida Fioroni quando ormai la regionalizzazione e parcellizzazione del sistema scolastico si era consolidata. Se appare condivisibile la filosofia generale di tale visione, soprattutto a paragone con quella dei governi di centro destra e della “buona scuola” di renziana memoria, più problematico appare il ruolo che in essa viene assegnato alla categoria dei docenti, anche nella prospettiva dell’annunciato potenziamento degli organici.

Si presume infatti che il profilo dell’insegnante nel futuro “campus” sarà più quello di  “accompagnatore” nei conflitti adolescenziali, di facilitatore di processi di formazione e meno quello di portatore di conoscenze tecnico/professionali da trasmettere anche con i nuovi strumenti digitali agli alunni. Potremmo sbagliarci ma, è meglio stare sull’avviso, piuttosto che cullarci con patetiche illusioni.

15 feb. 2021                                                                                      Astolfo sulla Luna


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Aspettative nei confronti del nuovo ministro dell’istruzione ultima modifica: 2021-02-15T19:11:21+01:00 da
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