Autonomia differenziata

Autonomia differenziata: la truffa dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni)

 di Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 6.2.2023.

I LEP dovrebbero contabilizzare i servizi minimi offerti alla cittadinanza e i loro costi. Come si calcolano i lep per la scuola? Si tratta di un’ipotesi di  riforma pericolosissima in particolare per la scuola e la sanità.

Il Consiglio dei Ministri del 2 febbraio ha approvato la bozza di Disegno di Legge sull’autonomia differenziata proposto da Calderoli e da sempre bandiera della Lega post-indipendentista. Tralasciando per il momento le questioni procedurali complesse necessarie per arrivare alla definitiva applicazione dell’autonomia differenziata, vorremmo porre la nostra attenzione sulla questione del LEP.

All’art.3 del Disegno di Legge infatti si prevede che similmente ai Lea per la sanità, i Livelli essenziali delle prestazioni rappresentino gli standard minimi dei servizi che devono essere garantiti a tutti i cittadini sull’intero territorio nazionale. La legge di Bilancio per il 2023 ha istituito una cabina di regìa, composta da tutti i ministri competenti, che nel giro di un anno dovrà fissare i LEP per le 23 materie devolvibili che riportiamo di seguito:

rapporti internazionali e con l’Unione europea delle regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

Rimarrebbero di  potestà legislativa esclusiva statale rispetto al dettato dell’art.117 originario: l’organizzazione della giustizia di pace (art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.); le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lett. n), Cost.); la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.).

Le norme relative alla possibile devoluzione alle Regioni delle materie sono frutto della riforma Costituzionale del 2001 appoggiata dal Governo Amato II e fortemente sostenute da Franco Bassanini.

Come è noto è stato proprio il centrosinistra a cavalcare sventatamente la strada dell’ accentuazione del cosiddetto federalismo nella vana ricerca di intercettare i consensi dell’elettorato del nord che si era identificato nelle proposte della Lega. Non a caso è stato proprio il governo Gentiloni nel 2018 a sottoscrivere con le tre regioni che avevano richiesto (Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna)  l’applicazione della riforma del Titolo V della Costituzione accordi preliminari di attuazione dell’autonomia differenziata.

Con il governo Meloni la Lega è passata all’incasso, ma restano problemi quasi insormontabili per arrivare alla definizione concreta di un vero federalismo in nome del principio dell’autonomia differenziata.

Nelle 23 materie oggetto della possibile richiesta delle regioni di autonomia differenziata spiccano per la loro importanza strategica ed economica sicuramente: istruzione (con il limite dei principi generali stabiliti dallo Stato e nel rispetto dell’autonomia scolastica), salute (che già pesa per oltre il 70% dei bilanci regionali), governo del territorio (che cosa significa?), coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

I LEP dovrebbero contabilizzare i servizi minimi offerti alla cittadinanza e i loro costi. Prendiamo il caso della scuola. Come calcolare i lep?
Per farlo dovremmo poter sapere quali sono i servizi non comprimibili in senso quantitativo e qualitativo. In senso quantitativo ad esempio bisognerebbe fissare a livello nazionale il numero massimo di allievi per classe, la quota di organico prevista per il funzionamento regionale del sistema nel medio periodo, la percentuale minima di asili nido e scuole dell’infanzia garantendone la presenza su tutto il territorio, il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, la percentuale minima di tempo pieno da attivare, ecc., ecc. A tutto ciò corrisponderebbe una quota di bilancio nazionale sufficiente per il finanziamento dei parametri LEP che sicuramente avrà un peso superiore a quello esistente e calcolabile come spesa storica tradizionale.

Nel caso della sanità, che già è stata oggetto del calcolo dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza per il Sistema Sanitario Nazionale), bisogna ricalcolare la presenza dei presidi ospedalieri, delle prestazioni del servizio dei medici di base,  delle specializzazioni, il tempo massimo per ottenere una prestazione, ecc., ecc.

Solamente prendendo in considerazione scuola e sanità si tratta di costruire una sorta di pianificazione stringente dei servizi minimi cui dovrebbe corrispondere una revisione del bilancio pluriennale, cosa difficilissima da fare nel giro dei 12 mesi promessi da Meloni e Calderoli. Il rischio fondato è, nell’impossibilità di arrivare in tempi utili ad una soluzione tecnica, si prenda il costo storico come elemento per la quantificazione a livello regionale. Il risultato sarà che se in una regione non ci sono sufficienti asili o presidi sanitari e ospedalieri esistenti la loro mancanza non sarà conteggiata come obiettivo da finanziare. Così si fotograferà e cristallizzerà l’esistente con l’effetto di aumentare le differenze territoriali e le disparità di trattamento per i cittadini italiani.

Se si prendono in considerazioni le tendenze alla privatizzazione dei servizi con particolare riferimento alla sanità in Lombardia e Veneto si può immaginare che tali scelte vengano generalizzate anche ad altri settori interessati dal processi di autonomia differenziata. Nella scuola ad esempio da decenni alcune forze di centro-destra vorrebbero l’introduzione dei buoni alle famiglie per iscrivere “liberamente” i loro figli alla scuola privata o pubblica indistintamente.

Si tratta di una riforma pericolosissima che deve essere contrastata in particolare per la scuola e la sanità. Dopo la disastrosa esperienza regionale  in merito alla gestione sanitaria sul Covid sembra che ci sia una sorta di rimozione strumentale dei problemi evidenziatisi.

Bisogna quindi vigilare costantemente sulle procedure che verranno poste in essere dal disegno di legge governativo, procedure che limitano enormemente il peso del Parlamento a favore del governo che potrebbe, nel caso dei LEP, agire con DPCM.

Autonomia differenziata: la truffa dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) ultima modifica: 2023-02-06T05:35:52+01:00 da

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