Scuole paritarie

Autonomia, libertà per le paritarie, finanziamento: 3 riforme per cambiare / Mini Dossier

di Vincenzo Pascuzzi, Qui non si banna! / Te deum / Scuole private paritarie / Vaticanerie, 21.11.2020.

[Bugiardino. Dopo più di 3 anni (o 40 mesi) ilsussidiario.net ritorna a ospitare un articolo della suora “pasionaria”, attivissima, plurilaureata, onnipresente, ecc. (però il suo c.v. va aggiornato); le tesi e le richieste sono le stesse “riforme” di sempre: soldi, soldi, soldi, malgrado il granitico art. 33, Cost.; ma il Governo dell’ammucchiata NON potrà fare nessuna riforma (*). v.p.]

Autonomia, libertà per le paritarie, finanziamento: 3 riforme per cambiare / Mini Dossier

Il ministro Bianchi può finalmente attuare una riforma epocale. Basata su tre parole: autonomia, concorrenza tra scuole pubbliche e private, costi standard per allievo
di Anna Monia Alfieri – 28 febbraio 2021
Competenza indiscussa, curriculum magistrale. Al vertice di viale Trastevere siede una persona esperta e qualificata: economista, docente universitario, rettore. Lunga la serie delle pubblicazioni. La scuola italiana può così riscoprire il valore della competenza. Non solo la scuola, tutta la società.
Il Covid ha reso tutti più responsabili, ha risvegliato in noi il bisogno di uomini e di donne competenti: gli effetti dell’improvvisazione e degli slogan urlati nelle piazze sono sotto gli occhi tutti: Est iam satis. Abbiamo creduto che il consenso politico non si fondasse più sulle buone idee, sugli ideali, sui programmi realizzabili – perché frutto di analisi attente –, ma sul consenso riscosso tramite i social. E così la politica che aveva superato Mani pulite è caduta sotto la scure dei like. Il mito dell’operaio che diventa imprenditore senza la gavetta sta tramontando.
Certo, il sistema cambia le persone, è vero: ma è altrettanto vero che il sistema può essere cambiato solo dall’interno. La lezione di Aldo Moro è stata considerata superata: i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Il Parlamento era da aprire come una scatola di tonno: già la metafora era di cattivo gusto, ma lo è stato ancor più farne un programma politico.
Il tentativo di svuotamento di significato delle istituzioni ha interrotto il rapporto fiduciario fra queste e i cittadini. Il Covid, dramma che ci ha colpiti duramente, va affrontato con una terapia speciale che domanderà studio, ricerca, approfondimento, costanza di una parola intelligente che non può essere taciuta perché il vuoto creato è sempre occupato dal nulla, dalla follia, dall’idiozia.
Oggi l’Italia può vantare un governo di unità nazionale, la scuola può vantare un ministro all’Istruzione di chiara esperienza: il professor Bianchi fu in grado di far ripartire la scuola per tutti dopo il terremoto dell’Emilia-Romagna, oggi la farà ripartire per tutti sulle macerie del Covid. Competenza, credibilità e capacità di tenere insieme il Paese, dal Nord al Sud: ecco i tre punti di forza di questo ministero che scriverà una nuova pagina di storia italiana.
Non è casuale che queste “condizioni favorevoli” giungano in un “tempo opportuno”.
1) Il Papa rilancia l’urgenza di un nuovo patto educativo. “Nella storia esistono momenti in cui è necessario prendere decisioni fondanti, che diano non solo un’impronta al nostro modo di vivere, ma specialmente una determinata posizione davanti ai possibili scenari futuri. Nella presente situazione di crisi sanitaria – gravida di sconforto e smarrimento – riteniamo che sia questo il tempo di sottoscrivere un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature”. Un appello che certamente il ministro coglierà.
2) In queste ore con i fondi del Recovery plan disegneremo il futuro dei nostri prossimi 20 anni. La scuola deve ripartire subito, con contenuti solidi, per tutti. In caso contrario, l’epilogo sarà tragico. Le forze politiche, a livello trasversale, devono continuare a sostenere il Governo nel supremo interesse dei cittadini.
I cittadini si aspettano che il premier Draghi realizzi quello che negli anni è andato affermando, durante i suoi interventi, circa i giovani e la scuola. Nell’agosto del 2020 sostiene che “i giovani devono essere la priorità: in questi mesi noi ipotecheremo il futuro dei nostri ragazzi… Scriveremo per loro i prossimi 20 anni ed evidentemente i fondi Next generation Eu devono servire per creare loro quelle premesse che potranno domani renderli liberi e capaci di produrre reddito per sé e per gli altri”.
Evidentemente la politica dei sussidi non ha aiutato e non aiuterà, neppure in ambito di politiche scolastiche. I sussidi non bastano, servono a sopravvivere, non a ripartire. Ai giovani bisogna però dare di più: è chiaro che, per far ripartire il Paese, occorre far ripartire la scuola, come ritengono concordemente il premier attuale e il neoministro dell’Istruzione. Occorre far fronte ai limiti del sistema scolastico, almeno con la stessa energia con cui i poteri forti hanno impedito alla politica di compiere la riforma sistemica che da 20 anni risulta necessaria. Nel 2007, quando era presidente della Banca d’Italia, il professor Draghi aveva già ben chiari, con la pragmaticità che caratterizza chi desidera risolvere i problemi, i nodi da sciogliere della scuola italiana: la bassa collocazione del nostro sistema scolastico nelle graduatorie internazionali e l’anomalo reclutamento dei docenti. La mobilità, evidenziava Draghi, ha scarso legame con le esigenze educative, con meriti e capacità; ogni anno più di 150mila su 800mila docenti cambiano cattedra in un travagliato percorso di avvicinamento a casa. D’altronde è stato più volte evidenziato che i poteri forti, quali la politica e il sindacato, hanno visto in questi disperati un ricco bacino elettorale e di tesseramento.
Per questo l’unica scelta che un ministro coraggioso non bloccato dalla politica potrebbe fare è quella di un censimento dei docenti, della loro collocazione geografica e delle cattedre, per incrociare domanda e offerta. Si stabilizzerebbero i precari, si direbbe chiaramente ai docenti meridionali che per loro il posto per la cattedra vicino a casa non c’è e quindi occorre trasferirsi nel Nord, per un ventennio almeno, perché il dirigente della scuola statale ha bisogno di un organico definito e stabile per vincere la sfida educativa. Si terranno insieme i bisogni degli studenti di avere il docente e quello dei docenti di poter lavorare anche lontano da casa con uno stipendio congruo. Soltanto con una improrogabile operazione verità si potranno conciliare le legittime aspettative dei docenti, le necessità di stabilizzazione dei dirigenti e i bisogni dello studente.
Il professor Draghi, negli anni, ha anche evidenziato il ritardo nella valutazione delle scuole, accanto alla questione che nella scuola occorre introdurre le parole valutazione e meritocrazia. I problemi non nascono, evidentemente, da una carenza di risorse per studente che sono invece più elevate in Italia che nella media europea. È evidente che si spende male.
La scuola domanda una riforma epocale che da troppo tempo è impedita da interessi terzi, ma che può oggi essere compiuta con l’aiuto di un governo trasversale, perché, quando si è in emergenza, per non esplodere si arriva subito al sodo, al cuore dei problemi. È necessario completare il percorso dell’autonomia scolastica organizzativa e didattica della scuola pubblica statale, ma anche della libertà della scuola pubblica paritaria, come ben evidenziava il professor Bianchi nel rapporto finale di 150 pagine del 13 luglio 2020, “Idee e proposte per una scuola che guarda al futuro”, elaborato come comitato dei 18 esperti da lui presieduto, ma mai reso noto alla pubblica riflessione.
Autonomia, inclusione, solidarietà per la ripartenza del sistema nazionale d’istruzione erano i temi chiave del documento, come di tutta la riflessione sulla scuola del neoministro, sin da quando era rettore e assessore, con una chiara attenzione ai giovani. E ne indica gli strumenti: “Si torna a scuola in presenza con distanziamento”, quasi a dire che il diritto alla salute e all’istruzione vanno tenuti insieme, non fatti confliggere. Si legge a pagina 36 dell’Allegato B che un attore del sistema nazionale di istruzione è la scuola paritaria che svolge un ruolo pubblico e che le famiglie sono discriminate, dovendo pagare due volte, le tasse prima e la retta poi. Ma era proprio il Covid che avrebbe imposto una maggiore attenzione a questo comparto e alla necessità di completare il percorso della libertà della scuola paritaria. “Il Comitato suggerisce sia prestata particolare attenzione alla circostanza che ove, per ipotesi, si determinasse la chiusura del 15% delle scuole paritarie no profit (circa l’85% del totale di scuole paritarie), occorrerebbe accogliere nelle scuole statali o paritarie degli enti locali circa 100.000 nuovi studenti. Questo proprio in coincidenza con l’esigenza di distanziamento anche in queste ultime e dunque di reperimento di maggiori spazi”.
Nel documento sono presenti tutte le premesse per compiere una riforma epocale. In sintesi:
– occorre dare una reale autonomia organizzativa alla scuola statale, affinché possa scegliere i docenti assunti da un albo alimentato, ma anche monitorato, per evitare un sovrannumero di posti vacanti o inesistenti;
– occorre dare una reale libertà alla scuola paritaria, pubblica ai sensi di legge. Solo in Italia la famiglia deve pagare due volte; nella laicissima Francia la famiglia, avendo già pagato le tasse, a costo zero frequenta la statale o la paritaria cattolica. Il nostro non è un problema di Stato laico o confessionale, ma di non temere che una sana concorrenza, a parità di regole fra i due sistemi, innalzi il livello di qualità sotto lo sguardo garante dello Stato. E se la scuola statale funziona, e funziona bene, certi diplomifici che si spacciano per paritarie periranno;
– è necessario pertanto rivedere definitivamente le linee di finanziamento del sistema scolastico italiano. Noi spendiamo troppo e male: occorre liberare le risorse dalla morsa dello spreco. Un allievo non deve costare 8.500 euro annui, bensì 5.500; con i costi standard di sostenibilità per allievo, si introduca definitivamente la quota capitaria che si declinerà nelle leve fiscali desiderate: la convenzione che tanto piace alla sinistra, la detrazione che piace al centro, il voucher che piace alla destra.
Ringrazio Il Sussidiario per aver ospitato solo pochi giorni fa la proposta del costo standard di sostenibilità per allievo e per avermi concesso la possibilità di esprimere le attese nei confronti del Governo. Sono convinta che sia arrivato il momento perché i cittadini italiani si vedano riconosciuti il diritto alla libertà di scelta educativa. Hora est iam nos de somno surgere.

(*) Massimo Cacciari di recente ha affermato: “Ma cosa vuole che faccia in un anno Draghi, la riforma della giustizia, della scuola, magari quella istituzionale? Ma scherziamo?”

Governo Draghi, Cacciari: “Riforme? Come chiedere miracoli”

16 febbraio 2021

Anna Monia Alfieri

PresidenSuor Anna Monia Alfieri si è laureata in giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 2001. Ha conseguito il magistero di teologia presso l’Issr di Milano e la laurea in economia nell’Università Cattolica nel 2007. Dal 2007 è legale rappresentante dell’ente Casa Religiosa Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline. Dal 2008 collabora con la divisione Enti non profit di Altis (Alta Scuola Impresa e Società) dell’Università del Sacro Cuore di Milano. Dal 2011 è responsabile dell’ufficio regionale Scuola e Cultura Usmi Lombardia. Dal 2012 è presidente della Fidae Lombardia; dal 2013 membro e coordinatore del tavolo permanente sulla parità dell’assessorato Istruzione, Formazione e Lavoro di Regione Lombardia. Ha incarichi di esperta nei tavoli sulle scuole paritarie del Miur. E’ autrice di numerose pubblicazioni e articoli sulla scuola. E’ coautrice del saggio “La buona Scuola Pubblica per tutti Statale e Paritaria”, Laterza 2010. Feed Rss
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Sul fronte delle frequentazioni ecclesiali, Patrizio Bianchi ha condiviso iniziative pubbliche sulla formazione con il cardinale Zuppi rilasciando nell’aprile 2020 una lunga intervista all’Osservatore Romano in cui convergeva con densità di argomenti sul pensiero di papa Francesco su educazione, economia e ambiente.

Quanti cattolici ci sono nel governo Draghi?

Intervista all’economista Patrizio Bianchi, nominato a capo della Commissione sulla riapertura delle scuole

Ecologia delle menti

di Silvia Camisasca – L’Osservatore Romano – 19 aprile 2020 – pag. 3
Si definisce un economista “applicato” e, in effetti, il percorso di Patrizio Bianchi non rispecchia solo quello dell’accademico dalle numerose pubblicazioni di storia del pensiero economico, teoria delle politiche industriali e analisi delle evoluzioni sociali che, a livello globale, hanno coinvolto e coinvolgono strutturalmente i nostri sistemi e l’ambiente. Ma comprende anche un lungo impegno in complesse e difficili trattative per l’attuazione delle politiche pubbliche, dalla privatizzazione di gruppi statali allo sviluppo del Mezzogiorno, dalla crescita di piccole imprese dell’America Latina alla riorganizzazione dell’industria nel sud della Cina. Dalla cattedra dell’Alma Mater Università di Bologna, si è trasferito a Ferrara per fondare la facoltà di Economia, oggi valutato tra i più eccellenti dipartimenti italiani. Da rettore dello stesso ateneo, ha assunto, poi, la carica di assessore a Europa, educazione e lavoro della Regione Emilia-Romagna. In questo ruolo, si è trovato a gestire la riapertura delle scuole, dopo il drammatico terremoto dell’Emilia del 2012, e, in seguito, a coordinare quel Patto per il lavoro, che — con il coinvolgimento di tutte le forze sociali — ha portato ad un dimezzamento della disoccupazione. Infine, l’ultima avventura: la nascita a Bologna del più imponente centro di supercalcolo scientifico d’Europa e il ritorno al mondo accademico ferrarese con la prestigiosissima cattedra Unesco di educazione, crescita ed eguaglianza. È di queste ore la nomina ministeriale a presidente della Commissione sulla riapertura delle scuole in Italia.
Professore, cosa significa, in piena crisi pandemica, occuparsi di educazione, crescita ed eguaglianza con l’approccio Unesco, dunque, in una dimensione planetaria? E come si uscirà dal tunnel?
La pandemia ha dimostrato la fragilità dell’economia mondiale e ne ha disvelato tutte le incongruenze, prima fra tutte l’insostenibile diseguaglianza fra una ristretta cerchia di individui, che controllano le reti mondiali di connessione, e la stragrande parte della popolazione trascinata dalla pandemia sull’orlo della povertà, aggiungendoli ai milioni di soggetti che, da tempo, già non godevano di condizioni dignitose. Bisogna tornare a generare risorse, per rispondere ai bisogni di una popolazione mondiale giunta ai limiti della sopravvivenza, ma farlo ripensando profondamente allo stesso concetto di crescita, che non può diventare motivo di conflitto permanente, accendendo focolai di odio in tutto il pianeta.
Come immagina il nuovo modello di crescita?
A tale proposito, il Santo Padre ha scritto pagine illuminate nella sua seconda enciclica Laudato si’, che non a caso porta in sottotitolo la dizione «Sulla cura della casa comune», richiamando direttamente l’etimologia del termine economia. La premessa è che si parta dalla necessità di una cura consapevole e condivisa della casa comune, che è il pianeta che abitiamo, ma è anche il territorio che condividiamo con una comunità di cui siamo parte integrante e verso la quale dobbiamo sentirci responsabili. Cura della casa comune non si riduce alla sola tutela dell’esistente — quando è evidente che questo non basta — ma si compie nello stimolare innovazioni sostanziali e nell’attivare competenze e tecnologie, tese al raggiungimento degli obiettivi identificati dalle Nazioni Unite: dal diritto alla salute a quello all’istruzione, dall’accesso all’acqua alla tutela della biodiversità.
Come si combinano con la crescita, eguaglianza ed educazione?
L’eguaglianza deve essere il faro di questa nuova economia. Il concetto di eguaglianza non significa che siamo tutti uguali: affatto, siamo tutti diversi, ma significa avere uguale diritto alla diversità. Proprio perché ognuno ha diritto di essere se stesso e diverso dall’altro, dobbiamo spingerci, sforzarci al confronto per poi integrarci in comunità aperte e solidali. In questo, il principio di efficienza non è solo dato dalla specializzazione individuale, ma dalla complementarietà e dall’incontro delle competenze, realizzabile solo attraverso la rinuncia di ognuno ad una parte di sé per partecipare — insieme — ad un disegno comune più ampio. L’eguaglianza, che ognuno riconosce all’altro, è alla base di una sana dinamica sociale di integrazione e coesione, ed è la vera fonte di crescita.
Qui entra in gioco il terzo pilastro: l’educazione.
Esatto. Lo strumento fondamentale di questa dinamica sociale aggregante ed inclusiva è la scuola, dunque, educazione, formazione, ricerca e capacità di produrre cultura.
Quale è l’importanza della scuola nel tempo di internet e di wikipedia?
Liberata dal ruolo di dispensatore di informazioni e stimoli — essendo tutti noi inondati da un’alluvione di messaggi, video, giochi — la scuola torna alle origini, recuperando tre antiche funzioni: abilitare a sfruttare gli strumenti della contemporaneità, ad interpretare gli eventi del proprio tempo, ad infondere la volontà di costruire una comunità. Oggi questo si traduce nell’insegnare a bambini e ragazzi il corretto approccio, ad esempio, alle piattaforme social, per non esserne schiavi. Il che implica trasmettere loro valori che siano bussola di riferimento tale da permettere di navigare, senza naufragare, in un mare magnum di informazioni acritiche. Oggi non basta capire, e già non sarebbe poco, cosa accade nel mondo: occorre “com-prendere ”, ovvero relazionare, connettere, dare senso a quanto accade, cercando un punto di sintesi anche laddove la realtà appare incomprensibile. Che senso ha l’Olocausto, la guerra in Siria o le tante tragedie dimenticate d’Africa? Tutto ciò deve costruire quello spirito di solidarietà e coesione, che permette di reggere, sopportare e sconfiggere tragedie immani, pandemie incluse. La scuola o è il luogo che perpetua le diseguaglianze o quello che costruisce comunità, in cui poi crescere, ispirandosi alla Laudato si’.
Questa nuova economia deve oggi misurarsi con una realtà basata, al contrario, su princìpi ben diversi, da un consumismo che ha devastato l’ambiente, ad un individualismo che ha portato ad una concorrenza spietata: qui, non sembra trovare spazio la visione comunitaria da lei indicata.
E, infatti, vediamo i frutti avvelenati con un sistema che — nel suo attuale schema — alle prese con una pandemia globale, appare del tutto disarmato, se non primitivo, nonostante l’imponente dispiego di tecnologie e risorse finanziarie, distintivo della nostra epoca. Dopo aver minimizzato l’impatto dell’epidemia, si è proposta come unica misura il distanziamento sociale, cioè l’antica quarantena, che si traduce nell’impedire la socialità, spesso superficiale e frettolosa, di questi anni, retta dal paradigma di base dell’individualismo economico. Per questo, la crisi — etimologicamente fine e ripartenza — sia occasione per definire un modello in cui, come dice Papa Francesco, all’ecologia delle cose si aggiunga un’ecologia delle menti, che aiuti a riappropriarci di quella spinta innovativa, necessaria a rendere globalmente sostenibile la ripresa.
Intanto, però, il prolungarsi della pandemia sta mettendo in ginocchio imprese e famiglie. Come coniugare la necessità di riorganizzarsi con quella di mettere al riparo, per quanto possibile, lavoro e redditi? Bastano gli aiuti europei in una condizione in cui il Fmi prevede una riduzione del 3 per cento, del 7 per cento, del 9 per cento del Pil, a livello mondiale, europeo e nazionale?
Per questo l’uscita dalla crisi non potrà portare ad un ritorno alla condizione precedente. Da 20 anni l’Italia cresce meno di tutti i paesi sviluppati: nel 2019, il nostro paese, con un debole +0,3 per cento, non garantiva né lavoro né consumi interni. Nemmeno la crescita delle esportazioni, dovuta all’elevato livello del nucleo di imprese di automazione e robotica poteva trascinare la risalita dell’intero paese. È chiaro che, in fase di emergenza, si richiede l’immissione di liquidità nel sistema, ma, poi, occorre progettare il futuro. La prospettiva di un Green New Deal, ipotizzato dalla presidente della Commissione europea von der Leyen, deve essere sostenuta da risorse adeguate, così come diviene necessario un piano di infrastrutture che copra tutta l’Europa, di presidi medici che contrasti il rischio di nuove epidemie e una rete di controllo delle acque a protezione da eventi naturali estremi. Un tale complesso di investimenti, non solo avrebbe l’effetto di sostenere la domanda aggregata, ma di stimolare straordinariamente la ricerca internazionale. In questa prospettiva, l’Italia vanta assolute eccellenze in ambito imprenditoriale ed è il perno della rete di infrastrutture del supercalcolo scientifico.
Prima dello scoppio della pandemia, era previsto un incontro ad Assisi sull’economia di Papa Francesco, ora posticipato a novembre. Quale significato assumerà allora?
Il Papa si rivolge a “tutti gli uomini di buona volontà” e, mai come oggi, abbiamo bisogno di farci coraggio, esprimendo ognuno il meglio di noi, alla ricerca di nuove vie di sviluppo. Siamo chiamati tutti a crescere responsabilmente, ponendo al centro l’altro, perché ad ogni vita umana sia concessa la possibilità di una esistenza dignitosa e di una convivenza civile. Mi sembra una ambizione realistica e, contemporaneamente, profetica.
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Autonomia, libertà per le paritarie, finanziamento: 3 riforme per cambiare / Mini Dossier ultima modifica: 2021-03-02T21:22:20+01:00 da
Gilda Venezia

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