Ministro Bussetti: “le riforme non sempre illuminanti di questi anni si sono succedute a un ritmo tale che hanno spesso generato confusione negli operatori del settore. Il nostro obiettivo è ridare fiducia, senza ulteriori riforme o strappi. Non stravolgeremo la Buona scuola, come già annunciato dal premier Conte, ma ci sono nodi che andranno sciolti definitivamente”.


Ecco perché ho fiducia che il governo prenderà a cuore la libertà sulla scelta educativa

Le famiglie rappresentate dal Forum si sentono deluse poiché le parole del neo ministro all’Istruzione prof. Bussetti, alla Commissione cultura in Senato la scorsa settimana, non hanno accennato, o perlomeno rassicurato su temi ormai condivisi da anni (sui quali la destra e la sinistra si sono ampiamente ritrovate) – e d’altronde privi di colore politico – quali: garanzia della libertà di scelta educativa dei genitori; pluralismo educativo composto, ai sensi di legge e di fatto, da scuole pubbliche statali e paritarie; costo standard di sostenibilità per allievo, l’unico anello mancante per togliere all’Italia il triste primato di essere la più grave eccezione in Europa. Lo sconcerto delle famiglie del Forum è comprensibile. In tutta Europa si può scegliere dove educare i propri figli; in Italia no. Umanamente, non si può far finta di nulla… non è un problemino accessorio.

Ormai è chiaro che le scuole paritarie sono pubbliche e che fanno risparmiare allo Stato 6 miliardi di euro. Il dato è noto a molti, ormai. La verità è che quel milione di studenti che le frequentano non costano allo Stato 8.000 euro annui come i compagni che frequentano la scuola statale, bensì ne costano solo 500 annui. Stupisce che gli onorevoli dei Cinquestelle abbiano chiesto di togliere questi spiccioli per aiutare la scuola statale, quasi ad ignorare che la chiusura delle scuole paritarie comporta che la scuola statale dovrebbe accogliere un milione di studenti e 200 mila docenti, con un costo di sei miliardi annui. Pazzesco. Che intelligenza! I maligni diranno: non reggono i diritti, ma neanche i numeri. “Ma come si fa?”, direbbe la modesta casalinga del Forum, che di numeri se ne intende…

Questo argomento non è più un tabù: nessun timore che su questo cadano i governi. Cadranno comunque, perché i conti non quadrano, nonostante la caduta dei vitalizi e l’ascesa della dignità. È stato ampiamente dimostrato e condiviso da politici e ministri di ogni partito e colore – eccezion fatta per i parlamentari del M5S – che l’applicazione del costo standard supera ogni obiezione legittima (i “finanziamenti alle paritarie”? da 20 anni è la domanda sbagliata) o aprioristica in tema di soldi e tagli, e che per applicarlo non servono riforme né rivoluzioni, basta dare piena applicazione al diritto di apprendere dello studente italiano senza alcuna tipologia di discriminazione economica, ai sensi della Costituzione italiana. A questo si lega il diritto dei genitori (art. 30) di poter esercitare liberamente (cioè senza pagare oltre alle tasse) la propria responsabilità educativa, e questo non può avvenire liberamente (cioè con una scelta tra varie scuole) se non in un pluralismo educativo. La casalinga del Forum lo capisce perfettamente.

Occorre fiducia: il ministro è figura nota nel mondo della scuola lombarda, che presenta il numero maggiore di scuole pubbliche paritarie in Italia, e molti sanno quanto, lungo questi anni a Milano, egli si sia speso a favore di questi temi di diritto. È certo che il governo, che in varie sfaccettature, apertamente e giustamente si pone a favore del debole, del disagiato, del deprivato dei propri diritti, non potrà non cogliere queste tematiche.

TRE PUNTI CHIAVE PER UN PROGRAMMA DI DIRITTO E RISPETTOSO DEL CITTADINO

1) Una famiglia, che ha pagato le tasse, vuole iscrivere suo figlio nella scuola pubblica paritaria, che è una delle due gambe del Servizio nazionale di Istruzione. La Costituzione afferma che è un diritto dei genitori. Ma questa famiglia non ha i soldi per pagare la retta. Che fa? Oggi di fatto si sente rispondere: “Spiacenti. Gli altri genitori non possono pagare anche la retta di suo figlio. Deve arrangiarsi. Lo iscriva alla scuola statale”. Significa che in Italia si discriminano i poveri e che la scuola non è più un ascensore sociale: chi è ricco potrà permettersi di esercitare i suoi diritti e scegliere il meglio per il proprio figlio, chi è povero no.

2) Un bambino diversamente abile che frequenta una scuola statale non ha l’insegnante di sostegno, perché la docente è stata adibita a fare supplenza nelle altre classi. La mamma del bambino si lamenta con il dirigente scolastico – stiamo parlando di categorie protette; le viene risposto che “la scuola non può farci nulla; se vuole (sic!) provi a ripiegare sulla scuola paritaria. Qui da noi il docente di sostegno non è garantito”. Quindi: chi deve garantire un insegnante a questo bambino se non lo fa lo Stato? La famiglia, le altre famiglie, la scuola paritaria? Il governo, il premier, il ministro, la casalinga del Forum non ignorano che la scuola paritaria fa risparmiare sei miliardi di euro allo Stato, perché si fa carico da sola di alunni e docenti, cittadini italiani che hanno pagato le tasse.

3) La famiglia fa causa alla scuola paritaria perché non ha il docente di sostegno, il Tar la obbliga giustamente – essendo scuola pubblica, cioè per tutti – a pagarne uno. Ma questa dove trova i soldi? Comunque assume, doverosamente, un professore di sostegno, e lo paga, aumentando le rette, con conseguente sgomento dei genitori frequentanti, che già faticano a pagare la propria. Da notare: si tratta comunque di scuole che applicano una retta inferiore al costo medio di uno studente alle statali.

Possiamo ignorare che dal 2014 il Costo Medio Standard è stato individuato dal ministero delle Finanze? Il ministero ha quantificato il costo di un allievo delle scuole paritarie in 6/7 mila euro contro i 10mila euro di un allievo delle statali. Si capisce bene allora che, sulla base di questi costi, soffre non solo la scuola paritaria, che non può essere scelta liberamente, ma soffre anche la scuola statale, che va verso il tracollo, sommersa dai debiti…. Perché, a fronte delle 150mila infornate di docenti nello Stato, siamo arrivati a un sovrannumero di domande per l’insegnamento di determinate discipline e a cattedre vuote su altre. Autentica: una classe di quinta secondaria di II grado non aveva il docente di chimica e quest’anno la disciplina sarebbe stata presente all’esame di Stato. Ebbene, il dirigente scolastico si è visto arrivare al posto di quello di chimica un docente di musica.… Tutto vero. Ma in quale sistema serio la domanda non incontra l’offerta? La scuola non è (meglio: non deve più essere) un ammortizzatore sociale. È necessario fare un censimento, certamente, ma di quali docenti abbiamo bisogno, per quali discipline e in quali città.

LA SOLUZIONE POSSIBILE

L’unico modo per rispettare fedelmente il dettato costituzionale del diritto all’istruzione e del diritto alla libertà di scelta educativa è quello di riconoscere una dote a ciascuno studente, pari ad un costo standard di sostenibilità, ossia all’ammontare minimo di risorse da riconoscere a ciascuna scuola pubblica – statale e paritaria – sulla base di parametri certi. Questa battaglia giusta e laica ha sempre trovato consenso trasversale e gli studi sul costo standard sono stati fatti al ministero dell’Istruzione sulla base dei dati ministeriali. Negli ultimi otto anni, da Gelmini a Fedeli, il costo standard è stato sempre più presente ai tavoli del ministero, man mano che la situazione della scuola pubblica statale peggiorava. Gli unici a non promuovere questa necessaria soluzione sono i Cinque Stelle, che – oltre a mandare i figli alle pubbliche paritarie (evidentemente loro sono liberi di farlo…) – vogliono tagliare i fondi alle stesse scuole paritarie, tranne che a quella dell’infanzia. A loro ricordiamo che i fondi per allievo ammontano a 500 euro, quasi tutti spesi alla voce infanzia, e tagliare i contributi alle pubbliche paritarie (tranne all’infanzia) porterebbe ad un risparmio di 150 milioni di euro, contro una spesa che lo Stato italiano dovrebbe sostenere per assorbire questi allievi pari a euro 2.823.440.000,00 annui. Davvero un ottimo affare per lo Stato…

Il ministro Bussetti conosce bene il tema, è un grande esperto di scuola e una persona che ha sempre manifestato vigile interesse per la libertà di scelta educativa. Molti confidano che si faccia carico della questione.

Non è affatto il tempo di sterili e puerili giochi politici … le conseguenze possono essere disastrose. L’Italia si conferma la più grave eccezione in Europa, dove ovunque è garantito il pluralismo e la libertà educativa (in Norvegia, Finlandia, Slovacchia e Svezia l’accesso alle scuole gestite sia dallo Stato sia da privati è ugualmente garantito dal punto di vista del finanziamento per singolo studente), e si colloca al 47esimo posto al mondo. Non solo: i nostri ragazzi sono all’ultimo posto delle classifiche Ocse-Pisa. In altre parole, siamo il sistema più costoso con i docenti meno pagati e in fondo ad ogni parametro. Paesi come quelli del nord o la Francia hanno dimostrato nei fatti e con i numeri che mettere a confronto e valorizzare la concorrenza tra diversi sistemi educativi fa risparmiare allo Stato e innalza il livello di istruzione dei ragazzi.

Su un aspetto siamo d’accordo: non si tratta di dare soldi alle scuole paritarie o meno. Si tratta di restituire alle famiglie la libertà di scelta educativa.
Se si realizzasse una scuola liberamente scelta, attraverso il costo standard, le risorse recuperate dallo spreco, sicuramente disponibili per il sistema di istruzione e formazione, potrebbero essere destinate alle famiglie, per finanziare l’istituzione scolastica pubblica, statale o paritaria, da loro prescelta per l’istruzione dei figli. Ciascuna istituzione scolastica pubblica, statale e paritaria, riceverebbe tante più risorse quanti più studenti riuscirebbe ad attrarre per il proprio valore, generando una virtuosa concorrenza a vantaggio dell’intero sistema educativo. Scuole statali e scuole paritarie sarebbero incentivate a migliorare l’offerta formativa, a garantire la migliore integrazione con il sistema della formazione universitaria e con il mondo del lavoro, ad erogare efficaci servizi di orientamento e placement, per mantenere le risorse assegnate sulla base delle scelte di famiglie e studenti. Parleremmo di libertà, insomma. Invece in Italia cosa accade? Che i genitori non possono scegliere liberamente dove mandare i propri figli, gli studenti non vedono garantito il diritto di apprendere a causa di una discriminazione economica, e i docenti vengono discriminati perché non possono scegliere dove insegnare.

La domanda è: a chi fa paura la libertà di scelta dei genitori? Sembra che su questo tema si rischi la caduta del governo, allora meglio tacere sui temi tabù; se ne parlerà nelle camere segrete.

L’attacco non è alle scuole paritarie bensì alle famiglie. Sono queste che negli anni sono state tradite. E nessun colore politico dovrebbe permettersi di ascrivere al proprio operato questa macchia sociale. Il ricco (anche tra i Cinque Stelle) può scegliere dove educare il proprio figlio, il povero e il disabile no. Un diritto leso per la più grave ed intollerabile discriminazione, quella economica, “alla faccia” del ruolo della Repubblica di favorire le pari opportunità ai sensi dell’art. 2 della Costituzione italiana…

È necessario che i cittadini sappiano che viene loro negato questo diritto. Che sappiano di poter scegliere dove curarsi, dove e se morire, perfino battagliare per tutta una serie di diritti nuovi e di ogni genere per i loro figli, ma non vedere loro garantito il pluralismo formativo e la libertà di scelta educativa sanciti dalla Costituzione. Cosa resterà se non si salva la scuola libera? Resterà la scuola unica, cioè la scuola di regime e le scuole dalla retta oltre i 10mila euro, quelle dei ricchi per i ricchi… perché le scuole paritarie che collassano sono quelle dalla retta dai 2.500 ai 5.000 euro annui cioè quelle che sono un ascensore sociale, il patrimonio scolastico italiano storico.

http://formiche.net/2018/07/scuola-bussetti/


Scuola e università, il programma di Bussetti: “Nascerà agenzia nazionale per la ricerca”

Il ministro ha presentato in Senato le linee guida. Ci sarà una organizzazione unica per i 22 enti di ricerca. E ha poi ribadito che la “Buona scuola non sarà stravolta”

di Corrado Zunino –11 luglio 2018

ROMA – Cita la scrittrice marxista Simone Weil, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti alla fine dell’esposizione – questo pomeriggio – delle Linee guida su Istruzione, Università, Ricerca. “Si deve apprendere nella gioia”, dice nell’intervento d’apertura alla commissione Cultura del Senato. Su università e ricerca Bussetti offre le notizie più importanti: “Con il mio ministero nascerà l’Agenzia nazionale per la ricerca”, ricorda il programma di governo. Se ne parla da dieci anni, come ha rammentato la mattina all’Università La Sapienza Maria Pia Abbracchio, docente alla Statale di Milano e promotrice del Gruppo 2003 che, appunto, da un decennio chiede di dare un’organizzazione unica ai ventidue enti di ricerca oggi vigilati da sette ministeri diversi.

In Senato Marco Bussetti ha parlato di una strategia per aggredire i fondi europei “Horizon Europe” per la ricerca: “Ci sono 100 miliardi per i sette anni 2021-2027 e a fine luglio andremo a Bruxelles preparati, in anticipo e in sinergia”. Se la carriera universitaria non è attraente, gli stipendi bassi, “i dottorati italiani all’estero trovano successo e qui dico che non ho paura della fuga dei cervelli, l’importante è farli rientrare”. Un punto certo è quello di “far crescere il numero dei ricercatori e dei professori: ci sarà un aumento della dotazione organica complessiva”. In una competizione globale “i finanziamenti per la ricerca non possono più arrivare da sole risorse pubbliche, cerchiamo partnership con i privati”. I capitali esteri attratti dal sistema nel 2015 sono stati, ha ricordato, “solo lo 0,08 per cento”.

· FIORAMONTI: “HO LA FILA DEI RICERCATORI DELUSI”
La mattina, al convegno in Sapienza organizzato dal Comitato per la valorizzazione del dottoato, aveva parlato il viceministro Fioramonti, docente dell’Università di Pretoria, Sudafrica. Aveva detto, tra le altre cose: “Daremo soldi all’università e alla ricerca, i soldi ci sono, l’Italia resta un Paese relativamente ricco. In cambio chiediamo all’università italiana di non essere più barona e di non soffocare più la libera ricerca perché, magari, un docente deve far andare avanti il progetto di un amico. Da quando mi sono insediato al Miur, ho la fila di ricercatori rientrati in Italia, nuovamente delusi e pronti a ripartire per università straniere”.

· IL MINISTRO: “CITTADINANZA DALLE ELEMENTARI”
Sul fronte scuola in Senato Bussetti ha detto: “La scuola è lo strumento più potente per cambiare il mondo: voglio ridurre sensibilmente la dispersione scolastica”. La scuola deve essere naturalmente inclusiva: “I diritti degli studenti disabili vanno pienamente realizzati”. Sarà stanziato un contributo economico per ogni istituto in base alla presenza dei ragazzi con disabilità e il Miur creerà nuovi indicatori per misurare i processi di inclusione: “Tutti gli studenti devono essere incentivati a prendere la Maturità, i disabili devono conquistare i diritti che sono propri dei cittadini”. Le discipline connesse alla Cittadinanza, la vecchia Educazione civica, “saranno portate già nelle scuole elementari anche attraverso incontri con magistrati”.

· I CONSERVATORI STATALI
A proposito dell’Alta formazione musicale, il ministro dell’Istruzione ha assicurato: “Entro il 2020 i diciotto conservatori italiani saranno tutti statali”. Questione avviata, peraltro, nella precedente legislatura. Ancora: “Gli alunni devono poter studiare in un ambiente bello, sano e sicuro, solo così impareranno a rispettare il bene comune. Avvieremo un piano pluriennale per mettere in sicurezza gli edifici scolastici, soprattutto al Sud”. Si parla di edilizia scolastica, ma la responsabile scuola del Pd, Simona Malpezzi, fa notare come uno dei primi atti del nuovo Miur sia stato quello di sopprimere l’Unità di missione per l’edilizia scolastica: “Ci sono 4,2 miliardi legati a quell’istituto che non possono essere persi”.
Il ministro-provveditore ha confermato la revisione dell’arruolamento dei docenti: “Terremo conto del legame degli insegnanti con il territorio, sono stati troppi i trasferimenti a detrimento della continuità didattica”. Serve valorizzare gli amministrativi Ata, “da cui spesso dipende il buono o cattivo funzionamento di una scuola”. Ci sarà un nuovo concorso per dirigenti ammnistrativi, Dsga. Quello per presidi, “che si svolgerà nelle prossime settimane”, permetterà “di riportare alla normalità i carichi di lavoro di chi è già in servizio”. Oggi 1.700 dirigenti scolastici sono reggenti di una o più scuole, “la cui organizzazione diventa tutti i giorni più complessa”.

· FORMAZIONE PERMANENTE DEI DOCENTI
“Saperi scientifici, cultura e tecnologia cambiano a una velocità inedita, i docenti non possono restare indietro”. L’aggiornamento continuo sarà “un pilastro di un sistema educativo moderno”. In conclusione, “le riforme non sempre illuminanti di questi anni si sono succedute a un ritmo tale che hanno spesso generato confusione negli operatori del settore. Il nostro obiettivo è ridare fiducia, senza ulteriori riforme o strappi. Non stravolgeremo la Buona scuola, come già annunciato dal premier Conte, ma ci sono nodi che andranno sciolti definitivamente”.

http://www.repubblica.it/scuola/2018/07/11/news/bussetti_linee_guida_scuola_universita_-201497683/

COMUNICAZIONE DEL MINISTRO BUSSETTI ALLE COMMISSIONI 7^

DI SENATO E CAMERA SULLE LINEE PROGRAMMATICHE DEL SUO DICASTERO

“Sintesi dell’intervento, breve commento, video integrale”

https://adiscuola.it/comunicazione-del-ministro-bussetti-alle-commissioni-7-di-senato-e-camera-sulle-linee-programmatiche-del-suo-dicastero/


Comunicati stampa del Senato

Seguito audizione ministro Bussetti in Commissioni congiunte 7a Senato e VII Camera

20 Luglio 2018

Nelle Commissioni Istruzione di Senato e Camera, in seduta congiunta martedì 25 luglio alle ore 14, si svolge il seguito dell’audizione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Marco Bussetti, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.

http://www.senato.it/comunicato?comunicato=351

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