Bullismo a scuola: come evolve il fenomeno

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di Marta Buonadonna, Panorama, 3.5.2018

– I più colpiti sono i ragazzini delle medie. E la violenza contro i prof? Per lo psichiatra è legata alla perdita di rispetto per l’istituzione.

Le statistiche della più recente indagine Istat (purtroppo del 2015 con dati riferiti al 2014) parlano di oltre il 50% dei ragazzi di età compresa tra 11 e 17 anni che hanno subito qualche episodio offensivo, non rispettoso o violento da parte di altri ragazzi o ragazze nel corso dell’anno. “Più i ragazzi 11-13enni (22,5%) che gli adolescenti 14-17enni (17,9%)”, si legge nel rapporto, “più le femmine (20,9%) che i maschi (18,8%). Tra gli studenti delle superiori, i liceali sono in testa (19,4%); seguono gli studenti degli istituti professionali (18,1%) e quelli degli istituti tecnici (16%)”.

Con buona pace di Michele Serra, che per la sua recente Amaca è stato tacciato di classismo per aver detto che chi frequenta un istituto tecnico ha più probabilità di mettere in atto comportamenti aggressivi e irrispettosi, come dimostrerebbero i recenti episodi di Lucca e Velletri.

In realtà quelli a cui stiamo assistendo negli ultimi giorni, gli episodi di aggressioni verbali e in qualche caso anche fisiche verso i professori, (in una scuola di Cremona un professore ha denunciato i suoi studenti che gli tiravano montine in classe per impedirgli di fare lezione) sono fatti nuovi rispetto alle forme di bullismo di cui si è sempre parlato finora e per contrastare le quali è stata istituita una Giornata nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo, che si celebra il 7 febbraio.

Colpisce a tutte le età

Nel 2017 Telefono Azzurro ha pubblicato altri dati tratti dalle richieste ricevute dal servizio di aiuto ai minori nel 2016. I casi di bullismo o cyberbullismo riferiti sono stati quasi il 13% delle segnalazioni dell’anno. Analizzando l’età della vittima, “i dati evidenziano che il bullismo riguarda bambini della scuola primaria in più di 1 caso su 4 (21,5% delle vittime è minore di 10 anni: i casi segnalati riguardano anche bambini di 6 anni) mentre riguarda preadolescenti della scuola secondaria di primo grado in più di 1 su 2 (57,9% dei casi), con un trend esponenziale rispetto ai precedenti dossier”. Qui si parla di prepotenze subite di persona.

“Il cyberbullismo”, continua il rapporto, “ha invece inizio in modo preponderante con le scuole secondarie di primo grado – a questa età cresce significativamente l’utilizzo di internet e soprattutto l’accesso ai social network – e prosegue in adolescenza: 2 casi su 3 riguardano preadolescenti (62,3%)”.

E sempre sul bullismo online si focalizza la più recente indagine del Ministero dell’Istruzione, che non per niente si intitola EU Kid Onlinee dà conto dell’uso spesso distorto che i ragazzi fanno della rete. In fondo anche le minacce al professore della scuola di Lucca sono diventate di dominio pubblico grazie al fatto che qualche ragazzo ha pensato bene di filmarle e poi condividerle online, anche questo è un uso distorto della rete. Un modo per vantarsi della bravata, per umiliare la vittima dell’episodio di bullismo una volta di più e davanti a un’audience più ampia di quella dei soli compagni di classe.

Adulti presi di mira

È giunta l’ora di aggiornare il nostro vocabolario e aggiungere una nuova categoria al bullismo, dopo quello cyber, che si svolge in rete, c’è adesso anche quello contro gli adulti? E se una delle caratteristiche tipiche del bullismo è quella dell’asimmetria di potere, cioè il fatto che il bullo si sente più forte della sua vittime e usa questa forza per aggredirla verbalmente o fisicamente, le aggressioni ai professori ci fanno capire che i ragazzi si sentono più forti, in tutti i sensi, anche dei propri insegnanti?

“L’uso del termine bullismo è talmente inflazionato che è usato per definire ormai qualsiasi modalità di comportamento”, commenta Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e psicoterapeuta esperto di adolescenza. “Il bullismo nei confronti degli adulti non esiste, questi sono reati, come minimo contro pubblico ufficiale, violenza privata, in gruppo… Un Procuratore della Repubblica che voglia verificare che reati sono stati commessi in quel luogo istituzionale (la scuola di Lucca, n.d.r.) credo che ne trovi più di uno”.

Bisogna quindi distinguere tra bullismo e comportamenti come quelli visti nella classe di Lucca, “tra le vicende tra ragazzi e gruppi di ragazzi e quello che è poi la caduta in verticale del significato etico e simbolico della scuola agli occhi di frange di adolescenti che sono però già fortemente orientati in direzione antisociale e che portano dentro la scuola quella che è già la loro pratica abituale al di fuori, dove fanno paura, si fanno rispettare, diventano famosi nel quartiere. Qui bisogna parlare di delinquenza minorile, non dobbiamo limitarci a parlare di bullismo”.

Il ruolo della scuola? “Si è liquefatto”

“Il professore”, prosegue lo psicoterapeuta, “è pubblico ufficiale, rappresentante dello Stato e del significato simbolico dell’istituzione scolastica, della cultura, della trasmissione del sapere: tutto questo si è liquefatto. La scuola è in evidente difficoltà, i ragazzi questo significato non lo vedono assolutamente più e i docenti sono nudi ai loro occhi, e devono conquistarsi tutti i giorni rispetto e autorevolezza perché essere professori di quella scuola non suscita più rispetto di per sé, e gli insegnanti devono fare appello ai propri talenti personali per essere rispettati. Questa è una faccenda di cui bisognerà occuparsi, vedremo quali saranno gli orientamenti dei prossimi governi”.

I genitori hanno un ruolo in questo processo. “E’ un problema sociale diffuso”, ragiona Pietropolli Charmet, “la scuola non è protetta da un significato condiviso e l’alleanza tra scuola e famiglia è andata in malora. Non viene più trasmesso dai genitori l’alone di rispetto e credibilità dei docenti e questo contribuisce ad aizzare queste gang folkloristiche”.

E poi c’è il problema di tutti gli altri, i compagni dei violenti, “un’intera classe, che non fa pratica di violenza personale, di minacce e di estorsione, ma sembra di capire che accetti questo comportamento, magari non lo applaude, ma lo tollera. Non abbiamo visto la classe che insorge”. No, non lo abbiamo visto, e anzi se qualcosa abbiamo visto tutti è perché qualcuno dei compagni ha avuto l’idea di riprendere e diffondere quanto stava succedendo.

Problema di classe?

Ha ragione Michele Serra quando dice che questa mancanza di rispetto e di valore attribuito alla scuola è anche una questione di ceto di appartenenza? “Diciamo che si vede di più dove ci sono meno mediazioni culturali, religiose, etiche ed educative. Non ne farei però una questione di capacità educativa della famiglia, ma di mediazioni culturali disponibili”, precisa lo psichiatra. “In parte comunque condivido: bisogna prendere atto che le cose stanno così, per un docente è più facile governare una quinta liceo che una quinta di un istituto tecnico“.

La scuola sembra tornare alla ribalta come luogo dove si consuma la violenza da parte dei minori. “La maggior parte delle cose violente, calunniose e denigratorie passa quotidianamente attraverso l’uso dei social e di internet, in una modalità di comunicazione assolutamente fuori controllo, senza conoscenza del limite, dove prevalgono esibizionismo, masochismo, pornografia e violenza”, sostiene Pietropolli Charmet. “Tra scuola e internet c’è una bella gara tra chi dei due istighi di più a comportamenti di questo tipo“.

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Bullismo a scuola: come evolve il fenomeno ultima modifica: 2018-05-05T04:45:43+02:00 da
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