Competenza o abilità didattica, la cultura si spacca sul docente ideale ma gli estremismi non portano a nulla

Studio Rando Gurrieri, 2.4.2018

– Salvatore Settis, Accademico dei Lincei e direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa dal 1999 al 2010, è considerato come uno dei possibili successori di Valeria Fedeli come ministro dell´istruzione. Si tratta di uno degli studiosi più apprezzati dagli insegnanti, dato che nel recente passato e ripetutamente intervenuto criticando pubblicamente i tagli alla scuola pubblica, così come anche la buona scuola del governo Renzi.

Su Il Fatto Quotidiano del 15 marzo, Settis ha parlato della scuola e in particolare dei docenti: “Ci sono sempre stati buoni maestri, quelli che praticano con passione e impegno il proprio mestiere e sanno comunicare ai giovani curiosità, interesse, entusiasmo; e ci sono sempre stati cattivi maestri, scontenti di sé, insicuri, incapaci di dialogare e di suscitare attenzione. Ma quel che stimola ogni trasmissione di conoscenza è l´appassionata pratica di un sapere e il conseguente desiderio di trasmetterlo ai più giovani. La conoscenza si propaga per contatto fra esseri umani, e sono i contenuti che ne assicurano il travaso da una generazione all´altra”.
E ancora: “Da alcuni decenni è di moda credere che per insegnare, poniamo, la matematica o la storia non basta conoscere bene queste discipline, ma è indispensabile praticare qualcos´altro, che le supera e le contiene: la didattica della matematica, la didattica della storia. Questa perniciosa petitio principii ha infettato le nostre menti, ma anche le circolari ministeriali, i meccanismi di reclutamento e di valutazione. La didattica, o pedagogia che dir si voglia, tende così a diventare non un sapere fra gli altri, bensì una sorta di super-disciplina che pretende di superare o contenere tutte le altre. Di conseguenza, si può insegnare solo a patto di sapere come, non che cosa”.
“Concentrarsi sulle modalità del l´insegnamento e non sui suoi contenuti. Questa sembra essere la parola d´ordine della nuova scuola, “buona” o cattiva che sia. Si viene così a creare una perversa simmetria: agli insegnanti si chiede di spostare l´accento, nella loro preparazione e nel loro lavoro, dai contenuti ai metodi d´insegnamento e agli studenti si chiede di spostare l´accento dalla elaborazione della conoscenza all´acquisizione di abilità, competenze, skills. La scuola così intesa può forse ancora (stancamente) trasmettere nozioni, ma non la passione di sapere”
[…] “L´insegnante ideale è chi sa benissimo la storia o la matematica, vi dedica la miglior parte del suo tempo, e ha elaborato la passione di trasmetterla perché la considera non solo utile, ma “bella” da coltivare, da conoscere e da far conoscere. Solo un insegnante come questo (e per nostra fortuna nella scuola italiana ce ne sono ancora migliaia) saprà davvero trasmettere, attraverso la storia o la matematica, la capacità di ragionare con rigore che è la dote più preziosa di ogni essere umano”.
Contro Settis si è scagliato Antonio Brusa, Professore di Didattica della Storia all´Università di Bari. «Settis lancia una crociata che i suoi colleghi hanno già ampiamente vinto. L´insegnante italiano esce dalle nostre università sapendo qualcosa delle discipline che ha studiato, ma non conoscendo quasi nulla della didattica di queste discipline. Quindi, la scuola italiana è già come la vuole lui”.
“Può diventarne a buon diritto, come titolano alcune riviste, il prossimo ministro. (…) Nemmeno lui – Settis – sa che cos´è la didattica disciplinare. Parla di un qualcosa che ha vagamente sentito, ma che non conosce. (…) Non sa che la didattica storica è una delle discipline storiche (…). Non ho mai trovato un collega (…) che abbia sostenuto quello che Settis imputa ai didatti: che non importano i contenuti, importano solo i metodi. Anzi: la totalità dei manuali di didattica storica (…) iniziano appunto elencando le conoscenze (…) che occorre possedere, per avviarsi al mestiere dell´insegnante».
Un altro intervento quello di Antonio Fini, dirigente scolastico esperto nell´uso delle tecnologie nella didattica, che ha recuperato una dichiarazione di Andreas Schleicher, Direttore all´Ocse nel settore “Education and Skills” (Istruzione/educazione e competenze/abilità), nella quale afferma: “Not only do we expect them to have a deep and broad understanding of the subjects they teach, and to adequately prepare their students for 21st century challenges; we also expect them to be passionate, compassionate and thoughtful, and to ensure that students feel valued and included in a collaborative learning environment”. Gli insegnanti, quindi, “non solo devono essere profondamente competenti ma devono anche preparare adeguatamente gli studenti alle sfide del nostro secolo e ci si aspetta da loro che siano appassionati, empatici e riflessivi acciocché gli studenti percepiscano di essere valutati e inclusi in un ambiente di apprendimento collaborativo”.
Parole, queste ultime, pronunciate da Paolo Fasce, ne Il Secolo XIX che hai espresso un parere mediano che riportiamo in alcuni stralci:
L´insegnante perfetto, naturalmente non esiste. Per ovvi motivi di soggettività. Tuttavia individuare delle caratteristiche utili è abbastanza semplice e mettere in campo politiche di crescita professionale che le coltivino è necessario. Penso ad esempio alle nuove modalità di realizzazione dell´anno di prova, ma penso anche all´aggiornamento obbligatorio, strutturale e permanente…“.
Si può quindi tendere ad avere “tanti insegnanti dignitosi”, cosa che oggi avviene serenamente perché, fortunatamente, tutti impariamo dai nostri errori e gli insegnanti non sono da meno. Sì può fare in modo che il tempo di crescita personale diminuisca per raggiungere l´obiettivo con meno ritardi. A mio parere, se la categoria ha perso smalto e credito sociale, non è già per il fatto che gli stipendi siano bassi (peraltro sono arrotondabili con funzioni che molti non vogliono svolgere e, pertanto, chi vuole, se lo può alzare senza particolari conflitti), ma per il fatto che le competenze criticate da Settis non sempre sono presenti“.
“Ho assistito a colloqui davvero imbarazzanti tra l´ultimo arrivato, pescato da una graduatoria senza filtro, e i genitori, ad un ricevimento collettivo parenti. Questo collega, soffrendo parecchio e assoggettandosi ad anni di precariato, tra qualche anno sarà un insegnante di ruolo. Nessuno potrà dirgli, prima dell´anno di prova, dove materialmente lo si potrebbe fermare, che questo non è il suo mestiere, perché è vero che la gente impara, ma è anche vero che partire da caratteristiche tanto lontane da quelle necessarie, rende il percorso molto arduo e, spesso, sfocia nel burnout. Mai in vita mia, essendo alto un metro e ottantatré centimetri, ho pensato di diventare un ginnasta negli anelli. Se fossi entrato in una palestra con lo scopo di diventarlo, qualsiasi allenatore mi avrebbe detto la cruda verità: non sei adatto“.
“Serenamente, e controcorrente, penso che per migliorare il sistema, entro un orizzonte temporale che nella scuola è sempre almeno decennale, occorra consentire alle scuole di filtrare il personale precario inadeguato. L´area sindacale teme filtri di tipo ideologico o altro, ma le modalità completamente asettiche attualmente vigenti col reclutamento per scorrimento, di fatto hanno danneggiato la comunità insegnante. Forse, oggigiorno, certo tipo di filtri, temuti in passato, non sono più all´ordine del giorno. In buona sostanza, si tratta di decidere tra due diritti: il diritto all´istruzione, che si può ottenere nella sostanza con insegnanti preparati e capaci invocati da Schleicher. E allora occorre mettere in campo dei filtri efficaci, soprattutto all´inizio, dove si creano aspettative. Oppure i “diritti dei lavoratori” (uso con coscienza le virgolette). Credo che tutti vogliamo medici capaci, infermieri capaci, ingegneri capaci… Valutiamo le proposte politiche nell´ambito scolastico alla luce di questa elementare questione: vanno nella direzione di selezionare insegnanti capaci? Se la risposta è positiva, allora la riforma è buona e sarà criticata da portatori d´interesse legittimi, ma sacrificabili alla luce del diritto sul quale la scuola è stata edificata: il diritto all´istruzione. Quand´anche il portatore di interessi legittimi fosse nostro cugino“.
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Competenza o abilità didattica, la cultura si spacca sul docente ideale ma gli estremismi non portano a nulla ultima modifica: 2018-04-02T22:01:33+02:00 da
Gilda Venezia

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