di Fabrizio De Angelis, La Tecnica della scuola, 3.8.2018
– Il primo weekend di settembre ha visto la notizia, già riportata da questa testata, della bocciatura del concorso docenti riservato agli abilitati da parte del Consiglio di Stato. Adesso però, i giudici di Palazzo Spada, pur ammettendo con riserva tutte le categorie di precari esclusi, passa la patata bollente alla Consulta, che dovrà decidere sul da farsi.
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Discriminazione verso altri precari esclusi
La decisione con cui la sesta sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale riguarda nello specifico l’art. 17 comma 2 lett. b) e comma 3 del decreto legislativo 59/2017, attuativo della legge sulla “Buona Scuola”, che riguarda il riordino del sistema di reclutamento degli insegnanti delle scuole secondarie (medie e superiori).
Per il Consiglio di Stato, infatti, l’indizione di un concorso riservato ad abilitati rappresenta una discriminazione verso altri precari della scuola. Se questa interpretazione fosse fatta propria dalla Consulta (serve almeno un anno per la pronuncia), il ministero dell’Istruzione dovrebbe mettere la parola fine ai concorsi facilitati che hanno provato a mettere ordine nell’universo del precariato. Dubbi a questo punto per quello previsto dal decreto dignità per salvare i diplomati magistrale.
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Il dottorato di ricerca è titolo abilitante
Quello che emerge dal pensiero del Consiglio di Stato, è che l’esclusione di categorie di insegnanti dal concorso sia dettata da scelte arbitrarie dell’amministrazione. Infatti, Il Consiglio di Stato rileva il caso dei dottori di ricerca non ammessi alle prove: ” Il dottorato di ricerca, infatti, rappresenta il più alto titolo di studio previsto dal nostro ordinamento, poiché – come previsto dall’art. 4, comma 1, l. 3 luglio 1998, n. 210, che gli ha conferito l’assetto attuale- fornisce “le competenze necessarie per esercitare … attività di ricerca di alta qualificazione”. Al di là poi di tale dichiarazione di principio, il dottorato, ovvero la semplice frequenza al relativo corso, abilita all’insegnamento presso le università, ovvero presso il corso di istruzione immediatamente superiore alla scuola secondaria, ai sensi dell’art. 4, comma 8, l. 3 luglio 1998, n. 210, per cui “Le università possono, in base ad apposito regolamento, affidare ai dottorandi di ricerca una limitata attività didattica sussidiaria o integrativa che non deve in ogni caso compromettere l’attività di formazione alla ricerca. E’ del tutto evidente che le limitazioni previste da tale norma sono dettate unicamente dalla necessità che il tempo dedicato alla docenza non vada a discapito della ricerca, cui il dottorando deve per definizione dedicarsi, e non denotano in alcun modo un livello inferiore della docenza impartita dal dottorando stesso.
Appare pertanto illogico che nel più, ovvero l’abilitazione all’insegnamento nell’università, istituzione di grado superiore, non sia compreso il meno, ovvero l’abilitazione all’insegnamento della stessa materia nell’istituzione di grado inferiore, ovvero la scuola superiore”.
In questo senso, l’orientamento di Palazzo Spada potrebbe anche spostare in favore dei dottori di ricerca una questione che si trascina da anni, ovvero l’abilitazione “automatica” di dottori di ricerca all’insegnamento nella scuola secondaria. Ma si tratta di un orientamento preciso in merito a questa vicenda.
Aspettiamo di conoscere il verdetto della Corte Costituzionale.
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Concorso abilitati, ammessi con riserva gli esclusi. Ma deciderà la Consulta ultima modifica: 2018-09-03T21:28:56+02:00 da