Il Corriere della Sera 24.9.2018
– Niente provvedimenti di ammissione con riserva per gli esclusi: troppi ricorsi si snaturerebbe il concorso. La parola alla Corte Costituzionale.
«The show must go on». Il concorso straordinario per docenti della scuola secondaria bandito dall’ex ministra Valeria Fedeli in attuazione alla legge sulla Buona Scuola può e deve procedere senza ulteriori intoppi. Almeno finché la Consulta non si sarà pronunciata sulla costituzionalità della norma che esclude i docenti che non abbiano l’abilitazione. Lo ha deciso il Consiglio di Stato depositando il 24 settembre una serie di ordinanze cautelari con cui ha tolto ogni speranza, almeno per il momento, alle decine di migliaia di ricorrenti. I giudici di Palazzo Spada mantengono una forte riserva sulla correttezza giuridica del bando di concorso riservato ai docenti di seconda fascia ma «prendendo atto della vastità e delle dimensioni del contenzioso che hanno interessato la procedura concorsuale straordinaria per l’assunzione di personale docente per le scuole secondarie, ha ritenuto necessario attendere il pronunciamento della Corte costituzionale». La VI Sezione ha pertanto accolto le migliaia di istanze avanzate dai ricorrenti «ai soli fini della sollecita fissazione del merito in primo grado» «all’esito del già proposto incidente di costituzionalità», senza però disporre anche l’ammissione con riserva, che avrebbe provocato – secondo le ordinanze – «un mutamento della natura dello stesso concorso in esame, in assenza delle esigenze di certezza e di continuità che nella specie solo la pronuncia della Corte Costituzionale può dare».
Il dietro-front
Proprio il ritardo nella pubblicazione delle graduatorie di merito regionali di questo concorso straordinario in cui – per il momento – passano tutti a condizione di avere l’abilitazione (non importa come conseguita, se passando la prova super selettiva dei cosiddetti Tirocini formativi attivi o comprandosi l’abilitazione in Romania come ha raccontato un’insegnante di sostegno a Corriere.it), ha lasciato scoperti più della metà dei 50 mila posti che il Miur aveva messo a disposizione per settembre. Perciò, intanto si va avanti. Poi quando fra un anno arriverà la sentenza della Corte Costituzionale, si vedrà. Il 3 settembre i giudici del Consiglio di Stato avevano già rimesso alla Consulta la questione di costituzionalità della disciplina attuativa della legge sulla «buona scuola» ma, pronunciandosi sui primi dieci ricorsi (su un’ottantina) presentati da studi legali e sindacati, aveva invece disposto l’ammissione con riserva dei ricorrenti: erano dottori di ricerca, insegnanti tecnico pratici, docenti dell’alta formazione musicale, Isef, insegnanti di Italiano per stranieri, gli abilitati all’estero. Il Consiglio di Stato nell’ordinanza osservava che nel periodo dal ‘90 al 2017, ovvero quando l’abilitazione era requisito per partecipare ai concorsi, averla conseguita o meno è dipeso da un complesso di circostanze casuali, non dipendenti dalla diligenza o dal merito dell’interessato, cosicché, il mantenere la riserva agli abilitati costituirebbe un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ai laureati.
Il rinvio alla Consulta
Oggi la doccia fredda per tutti gli altri. Almeno per il momento. Ma l’ultima parola spetta ai giudici della Consulta che potrebbero ancora dare ragione alle decine di migliaia di non abilitati esclusi da questa tornata di stabilizzazioni. Per una singolare coincidenza temporale il Miur proprio tre giorni fa ha pubblicato intanto la nota che regola l’anno di prova o tirocinio (il cosiddetto Fit) che devono svolgere tutti i neo immessi a seguito del concorso. Cosa succederà fra un anno se la Corte Costituzionale dovesse dare ragione ai ricorrenti?
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