Gli italiani? Un popolo di santi, navigatori e poeti… e mancati docenti assunti in ruolo. I numeri diffusi recentemente dal Ministero dell’Istruzione lo confermano con impietosa verità: in totale, i posti assegnati a ruolo per l’anno scolastico corrente sono stati 26.928. A questi bisogna aggiungere quasi 16 mila supplenti (quasi tutti insegnanti di sostegno) che per quest’anno devono ancora accontentarsi di un contratto a tempo determinato ma, grazie a una procedura ad hoc, dal 2023/24 saliranno in cattedra in via definitiva. Ma qualcosa non va, se in sostanza poco più della metà dei posti autorizzati dal MEF, ovvero 94.000 per l’anno scolastico 2022/2023, sono stati coperti. Calcolatrice alla mano, rimangono libere e vacanti, come si dice nel gergo scolastichese, 51 mila cattedre. Come mai? Una grande quantità di posti non vengono coperti perché non ci sono candidati e non ci sono candidati perché la maggior parte di coloro che aspira a entrare di ruolo non è riuscita a superare il concorso.
Dal 2016 in poi ogni tornata concorsuale registra un nuovo record di bocciati. Come mai? Le motivazioni sono concomitanti e interconnesse: da una parte, archiviata la stagione dei Tfa (tirocini formativi attivi: due anni di formazione e tirocinio post laurea), da almeno 8 anni non vi è un percorso strutturato, coerente e organizzato per la formazione iniziale degli aspiranti docenti delle scuole medie e superiori; dall’altra parte vi è un effettivo abbassamento della preparazione fornita dalle università ai giovani che si immatricolano con pesanti lacune delle competenze di base, tanto che gli atenei mettono le pezze organizzando dei veri e propri corsi di recupero che sono chiamati Ofa (Obblighi Formativi Aggiuntivi): si va dalla matematica alla comprensione del testo, dalla scrittura ai rudimenti di biologia e così via.
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