Concorso

Concorso scuola, la beffa di un prof di ruolo: «Ho fatto da cavia, hanno bocciato anche me»

di Marco RicucciIl Corriere della sera, 4.4.2022.

Record di respinti nel nuovo concorso ordinario con risposte a crocette: «Io, laureato con massimo dei voti, due anni di scuola di specializzazione, 10 in cattedra alle medie, con questo sistema non sarei entrato di ruolo»

Il concorso è finalmente arrivato per tanti aspiranti docenti, giovani e vecchi, precari storici e novizi, e lo Stato, dovendo «scremare» con la mannaia tale pletora di quasi mezzo milione di domande presentate nel 2020, ha avuto la fortuna di poter applicare la versione del concorso «semplificato», approvato col decreto 73 del maggio 2021 e i decreti attuativi del dicastero guidato dal Ministro Bianchi. Ai più attempati, posti davanti al monitor di un computer, nel rispondere a domande a crocette, sarà senza dubbio venuta in mente la sigla di un famoso programma di Renzo Albore: «Sì, la vita è tutt’un quiz/E noi giochiamo/E rigiochiamo/Perché noi non ci arrendiamo/Fino a quando non vinciamo…».

Questa è la sensazione che si aveva sia per la novità dello scritto del concorso a riposta multipla rispetto alle domande aperte più tradizionali, sia per la durata del medesimo, ovvero 100 minuti in cui uno «si giocava» il proprio futuro professionale, per così dire. Il concorso, così svolto, ha l’innegabile vantaggio di essere velocizzato, rispetto ai tempi titanici che Commissioni, formate da docenti di ruolo, impiegavano, di solito, nel correggere le prove scritte del concorso vecchia maniera: non solo per l’alto numero degli elaborati, ma anche perché i commissari non hanno mai avuto nessuna agevolazione come ad esempio l’esonero dal servizio o una riduzione – seppur momentanea – dalle ore svolte a scuola, per tacere poi dei compensi da fame, cambiati di poco da quelli «scandalo» del concorso ai tempi renziani del 2016 . Insegnare al mattino, correggere i compiti, partecipare alle riunioni e poi correggere, con lucidità adeguata, migliaia di prove scritte del concorso è una fatica tantalica, in quanto si aspirerebbe a fare bene, e con serietà, tutto quanto dovuto, il che tuttavia è altamente improbabile.

Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato i famigerati «Quadri di riferimento» per ogni classe di concorso (materia scolastica) ovvero i contenuti su cui qualche agenzia specializzata nel confezionare quiz ha tenuto conto, su mandato dei Ministero, per formulare le variegate domande: a leggerle con attenzione, si tratta, tuttavia, dello scibile umano, che nemmeno un Pico della Mirandola avrebbe potuto memorizzare. Dopo i fatidici 100 minuti, la stragrande maggioranza degli aspiranti docenti ha avuto l’onere e l’onore di avere subito il verdetto di un quiz che è stato definito «la ghigliottina» come un gioco a premi su RAI 1: chi avesse risposto ad almeno 35 risposte corrette su 50 (di cui 5 su informatica, 5 su inglese), raggiungendo la soglia della sufficienza ovvero un punteggio di 70 su 100 (ogni risposta esatta vale 2 punti), accedeva alla finale, ovvero al colloquio in cui, come da copione, in 45 minuti l’aspirante docente deve mimare una sorta di lezione davanti a una commissione di docenti di ruolo.

Insomma, ancora una volta i candidati, aboliti i percorsi di formazione iniziale dei docenti come SISS e TFA, che includevano un tirocinio diretto in aula, sono stati selezionati in base a mere conoscenze nozionistiche, ignorando del tutto gli aspetti pedagogici, emotivi e attitudinali di chi deve salire in cattedra. L’unica vero apprendistato per imparare a insegnare rimane il precariato, in cui ci si fa le ossa, nell’attesa della stabilizzazione attraverso la modalità tirata fuori dal cappello del politico di turno. Basterebbe leggere il brillante e documentatissimo saggio di Francesco Magni, ricercatore presso l’Università di Bergamo, «Formazione iniziale e reclutamento degli insegnanti in Italia. Percorso storico e prospettive pedagogiche» (Studium, Roma 2019), per rendersi conto che nel nostro Paese, ma in particolare in determinate discipline e aree geografiche dello Stivale, giovani laureati aspiranti docenti continuano a essere lasciati in balìa di procedure di selezione incerte e farraginose.

Se dunque abbiamo inquadrato il problema, sia a livello storico-pedagogico, sia a livello scolastico, in cui ogni anno la «supplentite» è un male cronico, come mai non è possibile un concreto e radicale cambio di paradigma? Dobbiamo essere inesorabilmente condannati alle fatiche di Sisifo per cui docenti si diventa per fortuna e non per merito? Il quale merito consiste in preparazione, attitudine, motivazione, parametri che un sistema di selezione serio dovrebbe avere per reclutare il corpo docente. Ancora una volta si è consumato un torto nei confronti dei nostri studenti, in quanto un sistema inadatto, troppo sbrigativo, aveva il compito di scegliere i loro futuri insegnanti mediante domande, le quali avevano risposte incerte, altre imprecise, altre perfino troppo semplicistiche.

La grande bocciatura dei «crocettatori» ha però risolto l’antico problema di reperire docenti per le commissioni: se si considera, ad esempio, che per Lettere alle medie (classe di concorso A022 secondaria primo grado) i candidati alla prova scritta erano circa 6.000 e gli ammessi alla prova orale sono 964, per poco più di 900 cattedre libere e vacanti, si capisce perché assai prontamente l’USR per la Lombardia abbia costituito appena due commissioni, in tempi record. Di fronte a questo «efficientismo» della macchina organizzatrice, grazie alla quale il concorso sarà espletato, questa volta, in tempi normali e i vincitori saranno verosimilmente in cattedra a settembre 2022, rimane il ragionevole dubbio se sia rimasto escluso qualche candidato meritevole e capace, vista la procedura poco prima illustrata.

Sicuramente, io posso parlare per me: ho partecipato regolarmente alla prova come «cavia» umana volontaria, se mi si consente l’espressione, per provare l’ebbrezza del concorso ordinario, in quanto io sono entrato di ruolo dopo essere stato selezionato e abilitato con la SISS attraverso lo scorrimento delle Graduatorie ad Esaurimento. Ebbene, ho raggiunto 68/70 nella prova computerizzata: ho una laurea in lettere conseguita col massimo dei voti, un corso biennale di formazione specialistico per diventare professore, quasi 10 anni di insegnamento alle medie, un anno di formazione e prova superato. Sono «colpevole» di non aver saputo, ad esempio, indicare il titolo di un romanzo tra quattro di altrettanti autori siciliani dati come alternative nella risposte, non ambientato in Sicilia. La risposta corretta è Eva di Giovanni Verga, un romanzo scritto dal grande scrittore prima di aderire al Verismo, quando viveva a Milano: ho scoperto che si svolge a Firenze! La differenza, però, è sostanziale: chi ha studiato seriamente per prepararsi al concorso (all’inizio doveva essere a risposta aperta), sarà rimasto allibito di fronte a domande del genere e amareggiato per non essere selezionato in base a criteri sensati, mentre io non ho fatto altro che affrontare il concorso come un gratta-e-vinci, per poi, bocciato, ritornare a occupare la mia cattedra di ruolo. Speriamo nella prossima volta, in un concorso basato su criteri diversi. Io però non ci sarò.

Marco Ricucci è professore di Italiano e Latino presso il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Milano e docente a contratto presso l’Università degli Studi di Milano

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Concorso scuola, la beffa di un prof di ruolo: «Ho fatto da cavia, hanno bocciato anche me» ultima modifica: 2022-04-05T06:35:05+02:00 da
Gilda Venezia

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