di Luciano Mariani, insegnare 2.2.2017
– Nel corso degli anni e della mia attività come insegnante e formatore, ho raccolto una notevole quantità di dati sugli studenti e sugli insegnanti, molti dei quali sono costituiti da risposte a questionari, da risultati di interviste, e anche da affermazioni fatte nel corso di incontri più informali. Da questi dati emerge con chiarezza l’importanza che convinzioni e atteggiamenti rivestono per le decisioni che prendono insegnanti e studenti e per i loro conseguenti comportamenti nel processo di apprendimento/insegnamento.
Le convinzioni sulla natura degli oggetti di studio: il caso di Giorgio
Giorgio, studente di una quarta di liceo scientifico, scrive a proposito dello studio dell’inglese:
“… Inoltre l’inglese non ha regole per la pronuncia delle parole, e infatti spesso bisogna ricorrere allo “spelling” per poterle scrivere. Questo mi pare alquanto stupido per una lingua, che dovrebbe avere regole precise anche nella pronuncia e nella relativa scrittura delle parole.”
Giorgio ha sviluppato, nel corso della sua “carriera” scolastica, e quindi in seguito a tutte le sue precedenti esperienze di apprendimento, una concezione molto precisa della lingua inglese e, più in generale, del fenomeno “lingua”: una lingua è essenzialmente un sistema di “regole ferree” che ne garantiscono solidità di struttura ed efficienza di funzionamento. Ciò che più colpisce, tuttavia, è il tono perentorio con cui argomenta il suo pensiero: si noti quel “dovrebbe avere regole precise”, che tradisce una visione rigida, che non lascia spazio per il dubbio, le possibili alternative, la flessibilità nell’approccio alla conoscenza, a favore di un orientamento assolutamente prescrittivo. È proprio l’afflato emotivo che Giorgio dimostra in questa sua affermazione che ci permette di cogliere il rapporto tra convinzioni, cioè rappresentazioni cognitive di un fenomeno, e atteggiamenti, che sulla base di quel portato cognitivo sviluppano nell’individuo reazioni affettive (in questo caso, di rifiuto o per lo meno di opposizione). Possiamo forse anche ipotizzare il comportamento che Giorgio potrebbe assumere nei confronti di metodi di insegnamento e di materiali e attività didattiche che non siano basati su questa visione della lingua e che gli richiedano magari risposte più flessibili e meno legate alla pura correttezza basata sul rispetto della regole grammaticali.
Le convinzioni sui processi di apprendimento: il caso di Marco
Marco, studente di una seconda di liceo scientifico, così si esprime sulla sua esperienza di lettore in lingua inglese:
“Per quanto riguarda la lettura, pensavo di dover tradurre ogni singola pagina, quindi con il passare del tempo questi libriccini semplificati iniziavano a stufarmi; poi, però, ho capito che per leggere un libro bisogna proseguire anche se non si capiscono alcune frasi, perché alla fine del capitolo, mettendo insieme le cose che si hanno veramente inteso, si riesce a ricostruire anche quelle incomprese.”
I “libriccini semplificati” di cui parla Marco sono le letture graduate che sono spesso utilizzate per promuovere la capacità di lettura in lingua straniera. Marco prende come spunto di riflessione proprio questo tipo di esperienza di lettura per fornire una vera e propria descrizione, potremmo dire “longitudinale”, dei suoi comportamenti, cioè di come le sue convinzioni sul processo di lettura sono cambiate nel corso del tempo. Da una concezione che vede la traduzione “parola per parola” come chiave di comprensione del testo, e che fa quindi affidamento completo o almeno preponderante sui significati trasmessi dai segni grafici e sulla loro puntuale interpretazione, Marco è passato gradualmente ad una concezione che vede il lettore come costruttore di ipotesi parziali, che trovano conferma o smentita nei processi associativi (“mettendo insieme le cose che si hanno veramente inteso”) per ri-costruire i significati complessivi. I comportamenti strategici di Marco sono così cambiati: dalla lettura rigidamente lineare è passato a una lettura più flessibile e ricorsiva: questo ha comportato una “temporanea sospensione dell’incredulità”, ossia una maggiore tolleranza dell’ambiguità e una flessibilità nella ricostruzione progressiva dei significati.
Marco è dunque, in un certo senso, all’opposto rispetto a Giorgio, che faceva del rigore assoluto un principio irrinunciabile. Si noti che anche in questo caso il cambiamento graduale della rappresentazione cognitiva del processo di comprensione si è accompagnato a reazioni affettive di tolleranza dell’ambiguità e di accettazione del rischio (e dell’ansia) di “non capire”: a riprova che gli atteggiamenti integrano la componente emotiva con quella cognitiva delle convinzioni.
Convinzioni e concezioni più generali dell’apprendimento
La ricerca sulle convinzioni e gli atteggiamenti ha ipotizzato che, a monte delle convinzioni, che sono sempre legate ai contesti e ai contenuti specifici di quanto si apprende, si possano individuare, a un livello più astratto, delle più generali concezioni dell’apprendimento, che influenzano poi le convinzioni più specifiche e contestualizzate e gli approcci allo studio effettivamente messi in pratica dagli studenti. Marton e collaboratori, per esempio, hanno proposto una distinzione tra una concezione quantitativa e una concezione qualitativa (Marton et al. 1997). La concezione quantitativa considera la conoscenza come essenzialmente esterna all’individuo, pre-costituita da un corpus di concetti e procedure definito in partenza, e l’apprendimento come memorizzazione e acquisizione (nel senso di aumento progressivo e accumulativo) di tale corpus, trasmesso da autorità competenti che ne sono detentori a discenti sostanzialmente “passivi” recettori dell’informazione. Non a caso a questo tipo di concezione vengono associati approcci più superficiali all’apprendimento, in quanto vengono chiamate in causa strategie di elaborazione di basso livello. La concezione qualitativa considera invece la conoscenza come elaborazione attiva e continua di una conoscenza che viene ri-costruita da chi apprende attraverso strategie di più alto livello (astrazione di significati, interpretazione della realtà, cambiamenti di prospettiva), che corrispondono ad approcci più profondi all’apprendimento. È importante tenere presente che le due concezioni si possono considerare gli estremi di un ideale continuum su cui si situano molte posizioni intermedie.
Concezioni dell’apprendimento e nuovi contesti digitali
Questa distinzione tra diverse concezioni dell’apprendimento assume oggi una rinnovata rilevanza se riferita ai contesti digitali, e in particolare alla lettura di testi “multipli” e “simultanei” online. Ricerche recenti (Bråten, Strømsø e Ferguson 2016), per esempio, hanno dimostrato una diversa capacità degli studenti di creare sintesi e integrazioni da testi espositivi con contenuti differenti se non addirittura contraddittori, a seconda che ritengano la conoscenza “provvisoria ed evolutiva piuttosto che certa e univoca sin dall’inizio, complessa piuttosto che semplice, derivante da autori esperti piuttosto che dal lettore, e giustificata da regole di indagine e controlli incrociati delle fonti di informazione piuttosto che dalle proprie opinioni ed esperienze” (Mariani 2016: 137).
Più in generale, è stato dimostrato (Eagleton & Dobler 2007), come gli studenti credono di saper gestire la comprensione di testi online, mentre in realtà si limitano ad applicare strategie di lettura tradizionali, magari adatte al supporto cartaceo ma certamente insufficienti per gestire una molteplicità di testi complessi e multimediali. Prendere in considerazione le convinzioni e gli atteggiamenti degli studenti al riguardo risulta così oggi più rilevante che mai, poiché tali convinzioni condizionano la scelta e l’efficace utilizzo di opportune strategie in ambienti di apprendimento in cui sono proprio i lettori a “costruire” i testi in base alla rete di informazioni da loro stessi creata attraverso i collegamenti che scelgono di seguire.
I nuovi contesti di apprendimento digitali chiamano perciò in causa nuove rappresentazioni mentali e nuove configurazioni di fattori affettivi, che ci riportano a quanto si è detto considerando le affermazioni di Giorgio e di Marco: sono oggi importanti, se non essenziali, atteggiamenti di flessibilità nel costruire conoscenza in modo graduale e ricorsivo, di riflessività per tenere sempre in primo piano i propri scopi senza perdersi nella “rete”, di persistenza e di resilienza per affrontare ricerche di informazioni a volte lunghe e complesse, e di pensiero critico per sottoporre le informazioni a verifiche rigorose quanto alla loro fonte e alla loro attendibilità.
Riferimenti
Bråten I., Strømsø H.I., Ferguson L.E., 2016, “The Role of Epistemic Beliefs in the Comprehension of Single and Multiple Texts”, in Afflerbach P. (Ed.), Handbook of Individual Differences in Reading: Reader, Text, and Context, Routledge, New York, NY, pp.67-79.
Eagleton M. B., Dobler E., 2007, Reading the web: Strategies for Internet inquiry, Guilford Press, New York, NY.
Mariani L., 2016, “Convinzioni, atteggiamenti, motivazioni: la dimensione nascosta del saper leggere”, Lingua e Nuova Didattica, Anno XLV, No. 4, pp. 131-145.
Marton F., Watkins D., Tang C., 1997, “Discontinuities and continuities in the experience of learning: an interview study of high school students in Hong Kong”, Learning and Instruction, 7 (1).
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