di Alessandro Giuliani, La Tecnica della scuola, 11.11.2020.
La riduzione del numero ufficiale di nuovi contagi, meno di 33 mila, non deve fare illudere: in Italia la pressione sugli ospedali per casi Covid aumenta in modo continuo e anche l’incremento ulteriore di decessi, oltre 600 in sole ventiquattr’ore, non fa bene sperare. Quella di un nuovo lockdown nazionale, con fabbriche aperte e scuole chiuse, rimane quindi più di una ipotesi. Anche perché continuano a caldeggiarla diversi esponenti del Pd, che è anche il secondo partito di governo. Mercoledì 11 novembre ha ribadito il concetto Lucia Ciampi, deputata Pd in commissione Cultura della Camera, che è anche una docente.
Ciampi (Pd): non sottovalutiamo il problema
“La scuola – ha detto Ciampi – è una delle istituzioni sulla cui efficacia una società misura se stessa e la sua validità. Oggi però il sistema sanitario nazionale è sotto stress e l’apertura degli istituti sta oggettivamente aggravando una situazione difficile. Continuare a ripetere, e lo dico da insegnante, che le scuole devono rimanere aperte a ogni costo, anche di fronte agli appelli contrari del mondo scientifico, dei sindacati di categoria e di molte istituzioni territoriali, è controproducente e può essere addirittura interpretato come una sottovalutazione stessa della pandemia in atto”.
La democratica ritiene quindi che “una possibile chiusura temporanea delle attività in presenza, programmata e temporanea, non deve essere vista come una sconfitta ma come il contributo responsabile che il mondo dell’Istruzione potrebbe dare ad un sistema sociale, economico e produttivo già provato da restrizioni e limiti”.
Lo stesso segretario del Pd Nicola Zingaretti dice: “Vedremo nei prossimi giorni” se servirà un lockdown generalizzato, confermando che il Partito democratico si continua a dire pronto a sostenere anche una scelta così complicata e con conseguenze negative sicure.
Azzolina: pensiamo ai rischi per la chiusura
Chi invece non vuole sentire parlare di fermare la didattica in presenza nella scuola primaria e nelle medie è la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che nella stessa giornata a Radio Anch’io ha ribadito che la percentuale di focolai da Covid rimane molto bassa. “Oggi rispetto a marzo la situazione è diversa, la scuola all’interno si è molto preparata”, ha confermato.
“Si deve pensare ai rischi derivanti dalla chiusura delle scuole, rischiamo – ha sottolineato Azzolina – un disastro dal punto di vista psicologico, dello sviluppo formativo, sociologico, educativo di un bambino. Un bambino che in Campania o in altre Regioni deve imparare a leggere e scrivere non può farlo semplicemente da dietro uno schermo”.
La ministra ha detto anche, riferendosi anche senza citarla alla querelle del MI con le regioni Campania e Puglia, che non si può “accumulare dispersione scolastica soprattutto in alcune regioni del sud dove la dispersione c’era già in tempo di pace, figurarsi ora che siamo in tempo di guerra; oggi un bambino campano, a causa di un regionalismo delle diseguaglianze, non ha lo stesso diritto di andare a scuola di un bambino veneto e lombardo”.
I 5S: chiudere è l’ultima ratio
I deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Istruzione danno manforte alla titolare del MI:
“Chiusure prolungate delle scuole – sostengono i grillini – rischiano di arrecare a un’intera generazione di studenti, soprattutto a quelli oggi più piccoli o che provengono da contesti socio-familiari difficili. Carenze e lacune cognitive sono purtroppo già state registrate con il rientro a settembre dopo l’esperienza del lockdown”.
“Continuiamo quindi a ribadire – continuano i deputati del M5S -, sulla base di analisi scientifici e delle testimonianze di chi la scuola la conosce e la vive da vicino, che chiudere gli istituti, oltre quanto è già stato stabilito a livello nazionale, dovrebbe essere sempre l’ultima ratio”.