Credetemi, andare a scuola (e uscire) da soli può fare bene anche al Pil

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di Luca Foresti, Il Sole 24 Ore, 4.11.2017

– Nelle scorse settimane, a parità di normativa vigente, è scoppiato il caso dell’uscita in autonomia dei ragazzi da scuola. Il ministro Fedeli è scivolata su una buccia di banana a seguito di una sentenza della Cassazione che confermava la condanna di autista, Ministero e Comune per eventi accaduti 7 anni prima e che ha portato alla tragica morte di un bambino fuori da scuola. Ha pubblicamente sostenuto che le madri (sì le madri, non i genitori) dovevano andare a prendere i figli a scuola e che se per caso lavoravano c’erano i nonni. E comunque che bisognava ottemperare alla legge e quindi non si potevano lasciar uscire i bambini da soli.

Nei giorni seguenti è nato un dibattito che si è focalizzato su due aspetti: quello giuridico e quello psicologico. Vorrei qui trattare un aspetto che ritengo molto rilevante di questa vicenda: quello economico.

L’Italia è il terzultimo paese OCSE, come tasso di occupazione, al 57,7%:

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Peggio di noi fanno solo Grecia (52,7%) e Turchia (50,9%).

Questo dato è largamente trainato dal tasso di occupazione femminile, che in Italia è solamente al 48,5%:

23226709_10215201472458129_121969180_nSe guardiamo al tasso di fertilità, inteso come numero di figli per coppia, siamo anche qui in fondo alla classifica, con 1,4 figli per coppia:

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Quindi siamo un Paese in cui le donne lavorano meno di altri paesi (qui si intende il lavoro retribuito, mentre ci sono ampi studi sul fatto che le donne in Italia si sobbarcano la maggior parte del lavoro domestico e di accudimento dei figli) e in cui si fanno pochi figli. Questi due fenomeni, insieme alla scarsa competitività del nostro sistema economico e le difficoltà rispetto alla formazione dei ragazzi (abbiamo un numero di laureati troppo basso e con quote troppo alte di lauree che il mercato del lavoro non assorbe) sono probabilmente i fenomeni economici più importanti dell’Italia moderna e della sua economia.

In questo contesto si inserisce il tema dell’autonomia dei ragazzi nell’uscita da scuola. Il messaggio che il sistema Italia (l’insieme di norme, decisioni della magistratura, paura di molti dirigenti scolastici di correre rischi anche penali, disastrosa comunicazione del ministro) ha dato alle famiglie in questi giorni è stato: “Sentitevi in colpa perché invece di stare coi bambini preferite lavorare”.

Ovviamente concordo con chi ha scritto che è importante il diritto all’autonomia dei ragazzi e di come lasciarli uscire da soli da scuola sia uno dei tasselli con cui si costruisce tale autonomia, soprattutto quando si tratta di adolescenti. Personalmente ritengo che questo percorso verso l’autonomia dovrebbe iniziare anche prima: per esempio, se ci sono opportune condizioni di sicurezza stradale, anche a partire dalle elementari. In molti paesi in questi anni è invalso l’uso del Piedibus (una colonna di bambini che camminando, scortati da volontari, va verso scuola, passando attraverso stazioni di raccolta dei bambini) in entrata, mentre purtroppo non si è sviluppato il Piedibus in uscita, che porterebbe i bambini, fin dai 6 anni, a poter tornare a casa in autonomia. Ogni strumento concreto che porti i bambini a uscire presto dal caldo alveo famigliare e li porti ad affrontare la vita, con il suo carico di imprevisti ed eventi formativi è il benvenuto.

L’autonomia dei ragazzi, oltre che essere educativa per loro, risulta anche essere il contesto nel quale le famiglie possono permettere a entrambi i genitori di lavorare e perseguire i loro obiettivi professionali. In particolare le donne hanno bisogno di figli autonomi per poter abbandonare quell’atavico senso di colpa da abbandono dei figli che spesso le attanaglia quando devono seguire i loro sogni professionali.

La politica, i dirigenti pubblici, la magistratura, dovrebbero capire in profondità la freccia del tempo e le condizioni dell’Italia e portare al più presto a una situazione in cui le famiglie che lo desiderano possano educare i propri figli ad essere persone autonome e responsabili.

Twitter @lforesti

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