Categorie: Insegnanti

Da 30 anni ad oggi: ecco perché i docenti erano ben pagati e rispettati

di Lauro Zanzara, La scuola semplice, 8.7.2018

– Alla fine della primavera del 1986 gli insegnanti si trovarono a un grosso bivio: diventare impiegati o lottare, erano in gran parte scontenti della piattaforma contrattuale dei sindacati allora esistenti, proprio come oggi.

Anche a quei tempi “Centottanta mila iscritti al più potente sindacato della scuola del tempo (lo SNALS) si accorsero di pagare le quote solo per ricevere un bollettino di informazioni e il resto degli insegnanti ebbe conferma di non poter fidarsi di alcun sindacato”.

Lo SNALS infatti, dopo qualche misera promessa, aveva deciso di sospendere l’agitazione.

Aveva però scioperato, con i confederali, il 7 novembre, e la protesta era stata un successo storico, ma era stata anche il primo momento, per tanti docenti, per votare veramente contro la piattaforma proposta e chiedere migliori condizioni economiche e lavorative per i docenti.

Dopo aver assistito a tante consultazioni, compresa quella sulla Buona Scuola, non posso che constatare un pericoloso cambiamento tra i docenti, disposti ormai ad alzare la mano per votare a favore in ogni consesso dal consiglio di classe alle RSU, inutile falso teatrino delle buone intenzioni.

A quei tempi si stava rinnovando il contratto 1985/87, tutti i sindacati allora esistenti (Confederali e SNALS), avevano costruito una proposta di contratto che Sandro Gigliotti, storico fondatore della Gilda, così descrive, con Maria Carla Gullotta, in “La scuola ritrovata. Un anno di comitati di base” – Armando Editore – :

“ Confederali e SNALS insieme avevano prodotto una di quelle piattaforme solitamente definite “trappole”, nelle quali la parvenza di innovazione maschera un disegno di divisione di una categoria per ottenerne un controllo ottimale.”

Anche allora si partiva dal presupposto che gli insegnanti svolgessero un mestiere scadente e si voleva pagare di più e meglio chi si impegnava in mansioni burocratiche o paradidattiche come “collaboratori del preside, aspiranti bibliotecari, patiti della sperimentazione ad ogni costo, amanti delle supplenze brevi e via discorrendo”.

Per gli insegnanti, considerati “pressoché somari”, nasceva la ben nota figura del formatore, una persona defilata negli uffici IRRSAE che era pagata per fingere di insegnare ad altri il mestiere dell’insegnante. Per la cronaca oggi gli stessi uffici, falsamente aboliti nel 2007, si chiamano INDIRE e godono di buona salute.

In pratica la via burocratica all’aggiornamento e alla ristrutturazione della scuola era vista, già 30 anni fa, come lo specchio dell’ideologia di gruppi ormai da tempo separati (distaccati sindacali – personale IRRSAE) o in via di separazione (aspiranti formatori) dalla pratica della didattica.

Un tale contratto era il risultato dell’ inserimento della Scuola nel Pubblico Impiego, un modo per rendere i docenti più impiegati e meno professionisti. Un’idea che i sindacati tradizionali non hanno mai abbandonato.

La strada che hanno iniziato a percorrere in quegli anni era chiarissima: contenimento dei salari, blocco degli scatti di anzianità, divisioni tra lavoratori, gerarchizzazione e rafforzamento della burocrazia e delle clientele. In pratica avevano già scritto 30 anni fa la Legge 107, contro i docenti, come ora il PD dovrebbe aver compreso.

Vedendoci bene Gigliotti aggiunge: “Mancava il cartellino, ma forse qualcuno, nelle stanze confederali, l’aveva già programmato” e infatti oggi ci sono collegi dei docenti e RSU che lo approvano.

Era così che la Scuola veniva punita dai suoi stessi sindacati per i privilegio di cui ancora oggi gli insegnanti sono accusati: meno ore di lavoro e tante vacanze. Di lavoro sommerso, già a quei tempi, nessuno parlava.

La protesta nacque cercando forme alternative di lotta, nessuno riteneva vincente l’idea di regalare una giornata di paga per chiudere le scuole, momenti rari, in cui tutti erano avvisati con largo anticipo e gli studenti ottenevano un giorno di vacanza in più.

Già nelle assemblee di quei tempi le forme di protesta richieste dai docenti erano le più svariate: aprire le scuole giorno e notte per preparare le lezioni e correggere i compiti, dar fuoco ai compiti in classe o addirittura donare il sangue tutti insieme per lasciare le scuole deserte, visto che i donatori hanno un giorno di permesso per farlo.

Proprio come oggi, sulle tastiere del web più che nelle assemblee sindacali, gli insegnanti chiedevano di far emergere il lavoro sommerso, di difendere la dignità del lavoro e anche di ottenere stipendi migliori.

Di assemblea in assemblea , dopo scioperi, manifestazioni e marce, nel maggio 1987 i Comitati scelgono cinque richieste da presentare al ministero e vengono ricevuti dalla Falcucci dove ribadiscono il rifiuto del contratto, già praticamente accettato dai sindacati tradizionali.

I docenti, mentre è ancora in corso il blocco degli scrutini in tante città e, con alle spalle varie iniziative di lotta, indicono lo sciopero degli scrutini per il mese di giugno e presentano una semplice piattaforma.

In primo luogo rifiutano il fondo dell’incentivazione, la logica salariale del “merito” e chiedono che i 523 miliardi allora stanziati per dividere la categoria, siano distribuiti a tutti i docenti in parti uguali per recuperare il semestre 1985.

In secondo luogo le richieste, lungimiranti, prevedono classi di 20 alunni e di 15 se sia presente un portatore di handicap.

Infine si chiede l’abolizione dell’anagrafe dei formatori, interventi sul precariato e maggiore democrazia nella scuola.

Le richieste sul precariato colpiscono per la loro attualità. Si chiede infatti, in vista dell’abolizione dei concorsi, l’istituzione immediata, tramite decreto legge, di un canale unico per l’immissione in ruolo (idonei, abilitati, personale con 180 giorni di servizio). Si chiede anche di interpretare in modo estensivo la sentenza della Corte Costituzionale n 249 del 1986. Anche questo è di cocente attualità: “Accantonata l’ipotesi di un’immediata immissione in ruolo dei docenti che rientrano nella sentenza, il confronto si è articolato su come garantire, in ogni caso, il mantenimento in servizio dei supplenti, in attesa di un provvedimento organico.”

Nella stessa serata dell’incontro  Fanfani vara il decreto sui 25 alunni ed altro. Un bel risultato, dissipato nel tempo con le classi pollaio, mai più veramente contrastate da alcuno.

Nessuno ha più chiesto 15 alunni in classe in presenza di alunni con handicap, forse perchè sono pochi i sindacalisti a stare in classe.

Quando cominciano le prime divergenze nel movimento di docenti che si era creato, il 6 marzo 1988 nasce la Gilda nazionale dei Comitati di base degli Insegnanti, un modello di associazione professionale con fini sindacali, unico ancora oggi in Italia.

Nel luglio 1988 anche la neonata Gilda firma il miglior contratto che abbiano avuto gli insegnanti negli ultimi anni, un contratto nato dalla rivolta dei docenti, in netta inversione di tendenza, che fa grossi passi in avanti nel riconoscimento del mestiere d’ insegnante.

Fa specie vedere la UIL che dalle pagine di Repubblica fa il confronto tra

lo stipendio di base di un cancelliere e un maestro e reputa il contratto firmato una bomba!

E’ passato qualche tempo e i docenti, almeno in base alle ultime rilevazioni, hanno continuato a ritenere degni di fiducia quei sindacati che sono stati costretti a firmare quell’ultimo decente contratto per la scuola, solo sulla scorta della protesta di tanti colleghi.

Ora parlare di professione docente sembra tempo perso, vince chi rappresenta i dirigenti, oltre che i docenti, e ottiene il loro ultimo aumento epocale, vince chi non vuole trovare la specificità della scuola, vince chi ci ha tenuto divisi, vuoi per il merito, vuoi per il reclutamento, vuoi perchè siamo troppe donne.

E all’orizzonte c’è il nuovo che avanza: il sindacato ricorsificio capace di mettere l’uno contro l’altro per guadagnare bene e tanto con i ricorsi di entrambi.

Emblematica la situazione dei Diplomati magistrale, usati da tutti e ora, come già si doveva prevedere, graduati in base ai punteggi.

Il massimo del dibattito che si legge nei gruppi dedicati è qualcuno che chiede all’altro (che l’ha superato con un ricorso) come abbia fatto a vincere e quanto abbia speso.

Che fine ha fatto una categoria capace di lottare unita per la propria dignità?

La paura dei ricorsi ha spinto i sindacati tradizionali a rincorrere chi faceva ricorsi individuali a tutto spiano, poi è arrivata la “R”. E’ tardi per dirlo ma la lotta sindacale vincente è solo quando davvero è ispirata a criteri di giustizia che siano applicati a tutti, non solo ai ricorrenti.

Dopo 30 anni, grazie a questi burorappresentanti, nuovi e vecchi, siamo ancora alle prese con classi pollaio e stipendi da fame.

Ci entusiasmiamo quando tutti insieme vogliono difenderci dalle botte di alunni e genitori, ci indigniamo, giustamente, quando siamo noi i carnefici, ma diamo addosso al collega che è stanco, demotivato, preso in giro, perchè ogni docente ha l’idea di essere lui il più bravo. Così ecco la corsa al merito e un esercito di docenti ripagati da una mancetta.

Partecipiamo gratis e spesso senza interesse a dubbi corsi di aggiornamento inventati da colleghi pagati, aspiranti esperti e futuri meritevoli.

Un nuovo cambio epocale dei sindacati e di noi stessi potrà salvare la professione. Basterebbero 5 punti unitari su cui nessun sindacato rappresentativo faccia passi indietro:

  1. Stipendi europei nel giro di 3 anni.
  2. Immissioni in ruolo su tutti i posti disponibili.
  3. Classi di 20 alunni, 15 in presenza di handicap.
  4. Libertà didattica.
  5. Formazione in servizio.

Altrimenti rassegnamoci a una scuola povera e triste, a sindacati comandati da presidi e avvocati in gara a chi fa mettere più R di riserva nelle graduatorie, a favore di pochi e a discapito di tutta la società.

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Da 30 anni ad oggi: ecco perché i docenti erano ben pagati e rispettati ultima modifica: 2018-07-11T09:56:00+02:00 da

Gilda Venezia

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