di Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore, 9.8.2020.
La scuola è appena iniziata in alcune regioni del Nord, ma già si rischia, nei prossimi giorni, di restare a casa. Non solo se l’alunno presenta sintomi o ha la febbre, misurata dai genitori, prima di uscire per raggiungere la scuola. Ma non si potrà entrare in classe anche se la Asl decide di applicare la quarantena dopo uno o più casi di infezione da coronavirus. Se sulla nozione di “sintomi” è già partito il dibattito (e le frizioni) tra genitori ed educatori, molti istituti stanno accogliendo bambini e genitori facendo firmare moduli che richiamano alla “responsabilità condivisa” scuola-famiglia per gestire al meglio quest’avvio del nuovo anno.
Le indicazioni ci sono, le ha fornite, e aggiornate a fine agosto, l’Istituto superiore di sanità. In caso di febbre sopra i 37,5 gradi e sintomi riconducibili al Covid-19 lo studente non può uscire da casa e bisogna avvertire subito pediatra o medico di famiglia. Se febbre o sintomi sopraggiungono a scuola, l’alunno va isolato, i genitori vanno subito avvisati, che a loro volta contattano il medico. Se il test è positivo, la parola passa al dipartimento di prevenzione della Asl che valuterà le decisioni da prendere: si potrà prescrivere la quarantena a tutti gli studenti della stessa classe e agli eventuali insegnanti e operatori scolastici esposti che si configurino come “contatti stretti”.
In quarantena obbligatoria non si può tornare a scuola. La quarantea – 14 giorni dalla data dell’ultimo contatto – scatta anche per i conviventi, eventuali sorelle e fratelli del ragazzo risultato positivo e per suoi genitori (per questi ultimi, il governo sta pensando allo smart working o a nuovi congedi straordinari per ragazzi minori di 14 anni).
L’ultima parola spetta alle autorità sanitarie, sentito il responsabile Covid-19, obbligatorio in ciascun istituto. Eventuali contatti stretti dell’alunno (non positivo) ma messo comunque in quarantena (ad esempio, compagni di classi e i loro genitori), o contatti stretti di contatti stretti, in base alle indicazioni sanitarie finora fornite, non necessitano di quarantena, a meno che la Asl non disponga diversamente (se, ad esempio, risultano a loro volta positivi). La chiusura di una scuola o parte della stessa dovrà essere valutata in base al numero di casi confermati e di eventuali cluster e del livello di circolazione del virus all’interno della comunità. In quarantena scatta la didattica a distanza.
Un singolo caso confermato in una scuola, almeno secondo le indicazioni attuali, non dovrebbe determinarne la chiusura soprattutto se la trasmissione nella comunità non è elevata. Lo studente positivo rientra a scuola solo quando c’è la guarigione clinica, vale a dire la totale assenza di sintomi. La conferma di avvenuta guarigione prevede l’effettuazione di due tamponi a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. Se entrambi i tamponi risulteranno negativi la persona potrà definirsi guarita, altrimenti proseguirà l’isolamento.
L’eventuale chiusura di più classi
Se a essere contagiato, a scuola, è un docente deve rimanere con la mascherina ed è invitato ad allontanarsi dell’istituto. Se il test è positivo, scatterà la stessa procedura (medico di famiglia-Asl) per rintracciare i contatti stretti e decidere le eventuali quarantene. Se l’insegnante è in servizio su più classi, potrebbe essere disposta la quarantena per tutte quelle classi. Si rientra a scuola dopo il doppio tampone negativo. In caso di studente o personale scolastico positivo scatta, sempre, la sanificazione, che va effettuata se sono trascorsi 7 giorni o meno da quando la persona positiva ha visitato o utilizzato la struttura.
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Dalla febbre alle quarantene, ecco tutti i casi in cui figli (e genitori) rischiano di rimanere a casa ultima modifica: 2020-09-09T06:12:42+02:00 da
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