Didattica a distanza, dirigenti riportano su bacheca registro elettronico tutte le attività svolte dai singoli docenti. E’ legittimo?

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Avv. Marco Barone, Orizzonte Scuola, 27.3.2020

– Con l’emergenza coronavirus si sta vivendo una mera sperimentazione sociale che nella scuola passa dalla didattica a distanza. Una sperimentazione che si inserisce in quadro normativo incerto, anzi, per alcune fattispecie totalmente inesistenti, con tutte le problematiche del caso.

Ma lo stato di diritto non è stato sospeso neanche all’interno della scuola, pur essendo in piena emergenza nazionale e questo è bene ricordarsene. Una problematica che viene segnalata è se sul sito della scuola si possa pubblicare in via indiscriminata l’attività svolta dai docenti durante la DAD ( didattica a distanza).

Non esiste un provvedimento normativo che abbia equiparato la didattica ordinaria alla DAD

Bisogna ricordarsi che siamo in presenza di una tipica, seppur prolungata, situazione di sospensione di attività didattica. Lo stesso MIUR nelle sue FAQ ricorda: La sospensione delle attività didattiche comporta l’interruzione delle sole lezioni. Pertanto, le scuole rimarranno aperte e i servizi erogati dagli uffici di segreteria continueranno ad essere prestati. Non c’e alcun provvedimento normativo, alcune fonte di legge, alcun atto primario che abbia equiparato l’attività didattica a quella a distanza. Almeno sino ad oggi. Perché se così fosse, allora si innescherebbero una serie di obblighi e doveri che al momento non esistono, come il rispetto dell’orario di lavoro, come il firmare il registro elettronico.

Atti che se imposti, in questo momento, sono da considerarsi illegittimi. Discorso diverso è quello di tracciare sul proprio registro elettronico l’attività svolta. C’è invece l’obbligo da parte del Dirigente Scolastico di attivare la DAD. Sempre il MIUR nelle sue FAQ sottolinea “secondo quanto disposto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020 i Dirigenti Scolastici attivano, per la durata della sospensione, modalità di didattica a distanza, con particolare riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità”. Poi spetterà ai docenti decidere che metodologie utilizzare, che non possono essere imposte, altrimenti si violerebbe la libertà d’insegnamento.

Monitorare l’attività non significa dover favorire un controllo generalizzato

La famosa nota del MIUR del 17 marzo, che non ha alcun valore giuridico vincolante, né impositivo, afferma che “Attraverso tale rimodulazione, ogni docente riprogetta in modalità a distanza le attività didattiche, evidenzia i materiali di studio e la tipologia di gestione delle interazioni con gli alunni e deposita tale nuova progettazione relativa al periodo di sospensione, agli atti dell’istituzione scolastica, tramite invio telematico al Dirigente scolastico, il quale svolge, un ruolo di monitoraggio e di verifica, ma soprattutto, assieme ai suoi collaboratori, di coordinamento delle risorse, innanzitutto professionali, dell’Istituzione scolastica”. L’eventuale attività di monitoraggio che il DS vorrà effettuare dovrà avvenire all’interno del rispetto dei diritti dei docenti, e degli studenti, senza determinare alcun controllo generalizzato dei lavoratori ed in un circuito circoscritto ai docenti interessati. Una pubblicazione sul sito della scuola dell’attività svolta dai docenti potrà essere illegittima e finalizzata a determinare un controllo generalizzato nei confronti dell’attività della PA oltre che dei lavoratori medesimi. Bisogna ricordarsi che i genitori possono accedere ad esempio alle verifiche svolte dai propri figli, nel caso dell’attività didattica tradizionale, solo tramite istanza di accesso agli atti. E come la giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito tale accesso viene negato nel caso si ravvisi il voler sindacare, controllare, in modo generico e indistinto e generalizzato il buon andamento dell’attività amministrativa.

Le attestazioni delle attività didattiche sono atti pubblici

In più è il caso di ricordare che nel caso dell’attività didattica, che è essa stessa pubblica funzione, la qualificazione degli atti che estrinsecano la finalità completa dell’ente non può essere considerata come avulsa da quelle connotazioni tipiche della funzione stessa, con la conseguenza che le attestazioni poste in essere nel corso dell’attività didattico-istituzionale non possono che essere inquadrate nella categoria di atti fidefacenti (sulla natura pacificamente autoritativa o certificativa della funzione pubblica, anche disgiuntamente esercitate, cfr. Sez. 5, sentenza n. 6685 del 14/04/1992, P.G. in proc. Martinelli ed altri, Rv. 190513, proprio in riferimento alla funzione pubblica di insegnamento).Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-07-2019) 21-11-2019, n. 47241.

Pertanto le attestazioni delle attività didattiche effettuate vanno considerate come atti pubblici, redatti da pubblico ufficiale, e non possono essere divulgati a chicchessia con quella discrezionalità propria di chi vorrebbe pubblicare nei siti internet l’attività svolta dai docenti durante la didattica a distanza come tracciata nei registri elettronici che pur non essendo obbligatori, se utilizzati, hanno una chiara qualificazione giuridica e un chiaro valore legale. Ed in ogni caso non si può prescindere dal consenso del docente in questione. Infatti, bisogna sempre ricordarsi che i docenti sono pubblici ufficiali e vanno rispettati come tali: “l’esercizio delle funzioni di pubblico insegnante non è circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma si estende alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive” Cass. pen. Sez. VI, 15/12/1993, n. 4033 (rv. 197966)”.

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