di Vittorio Lodolo D’Oria, Orizzonte Scuola, 7.4.2020
– Pervengono numerose le lettere dei docenti che danno testimonianza dello scompiglio portato nella loro vita professionale in particolare con l’introduzione della DAD. Nel selezionare e ridurre le lunghe missive, ci scusiamo con gli autori se non riusciamo a dare completezza del loro pensiero limitandoci a sottolineare solo gli aspetti di maggiore interesse per la collettività di tutti gli insegnanti.
I testimonianza
Gentile dottore, venerdì scorso per la prima volta nella mia vita (avrò 46 anni il prossimo ottobre), e nella mia carriera di docente – di ruolo dal 2007 – sono in malattia per un disturbo che non è fisico ma psichico. Assumo psicofarmaci perché sono arrivato al punto di rottura. Questa DAD e la situazione corrente certo non facilitano, ma il mio stare male dipende da una semplice cosa: la mancanza di un gesto di comprensione minimo, che non sarebbe costato nulla alla mia dirigenza. Dai genitori del mio istituto non ho mai avuto contestazioni o gesti di ostilità, ma solo cooperazione. La DAD certo è stata il detonatore, ma l’esplosivo era accumulato da anni nella Santabarbara della mia vita. Il mio lungo stress si è infatti manifestato gradualmente con coliti ingravescenti. Sono stato trattato con aggressività, la ds non mi è venuta incontro e mi ha detto che “erano problemi miei e che mi dovevo attrezzare procurandomi i mezzi per fare didattica in presenza e che ero obbligato a questo per decreto del Governo”. Ho avuto il crollo con attacco d’ansia. Al medico ho chiesto di essere lasciato in servizio ma con un supporto farmacologico. Risultato della mia – concedetemelo – buona volontà e cooperazione? Una lettera di chiarimenti formale e protocollata per l’uso di un avatar personale durante la videoconferenza! Mi sono sentito perseguitato e mobbizzato ed ho avviato un’azione legale. Ho avuto un’altra crisi, sedata con il farmaco, sono andato dal medico e ora sono in malattia fino al 6 aprile. Concludo dicendo che non volevo nulla, non chiedevo nulla, solo una parola, una frase dalla mia DS, un – per esempio – “Non tema, stia tranquillo, lei sta facendo già il suo dovere. Faccia quel che può e grazie ancora.” Bastava questo! Bastava solo un pugno di parole e umanità, e avrei tirato dritto col mio lavoro come sempre! Ora invece mi trovo per la prima volta in vita mia alle prese con gli psicofarmaci e so chi ringraziare.
Riflessioni
Di fronte a un siffatto episodio viene subito da chiederci se è stato gestito bene, se poteva essere gestito diversamente e soprattutto come. La soluzione viene data dal docente che era in evidenti difficoltà (non esclusivamente professionali) e si attendeva un semplice aiuto (due parole d’incoraggiamento) anziché un richiamo. Rapporti umani compromessi, azione legale per mobbing e psicofarmaci rappresentano il, non certo, lieto fine della storia. Il dirigente è il primo a essere sottoposto a pressioni in determinate circostanze, ma proprio per questo deve improntare il proprio comportamento a incoraggiare i subordinati, sedare le loro ansie e favorire condivisione e reciproco aiuto tra insegnanti.
II testimonianza
Sono una docente di spagnolo alla secondaria di primo grado. Ho 9 classi per un totale di 18 ore settimanali e sono mamma di un bimbo di 2 anni.
Al momento mio marito lavora da casa, ma dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18 si chiude in camera per i meeting quindi la gestione di nostro figlio in orario lavorativo standard ricade su di me.
Questa mi pare una premessa importante perché è uno dei tre problemi che mi pesano davvero della didattica a distanza. Mi trovo a lavorare principalmente dopo cena fino a tardi, la mattina all’alba e faccio le live subito dopo pranzo. Questa settimana ci sono anche i consigli di classe, tutte le mattine alle 8. Sono coordinatrice in una classe e segretaria in un’altra, quindi ho dovuto preparare il mio intervento per la prima e il verbale per la seconda. E qui arriva il secondo problema: la burocrazia. È troppa! Compiliamo dei registri in cui vengono segnate le presenze dei ragazzi e le attività che svolgono. Poi report, quindi avvisi alle famiglie, infine i compiti per i ragazzi e i messaggi pubblicati sul registro elettronico da condividere coi ragazzi a mezzo piattaforma. Senza dimenticare i file coi link dei video precaricati su YouTube. L’ultimo problema è la connessione, davvero difficoltosa per alcuni studenti. Di alcuni non so quanto stiano seguendo, cosa stiano facendo e capendo. Sono 180 e non riesco a stare dietro a tutti. Perfino nella mia classe (quella che coordino) ho una ragazzina dispersa.
A fronte di tutto ciò, ci sono momenti belli. Dopo i primi tempi in cui tutti ci sentivamo un po’ scemi davanti alla telecamera abbiamo imparato nella maggior parte delle classi a fare scuola insieme. Alcuni ragazzini sono sbocciati, forse perché i genitori li seguono di più, alcuni ridono e scherzano, le lezioni sono piacevoli quando internet funziona bene.
Insomma, per il momento tiriamo avanti bene. C’è più da fare questo è vero. Personalmente mi basterebbe un taglio alla burocrazia e un aiuto col bambino e sarebbe tutto più che gestibile.
Grazie per il tempo dedicato a questa mail e per il suo articolo molto interessante.
Un cordiale saluto e buon lavoro.
Riflessioni
Questa lettera spiega bene le difficoltà incontrate: l’orario di lavoro aumentato che si va a sovrapporre con le necessità tecnologiche contemporanee dei familiari, la burocrazia esagerata, lo “smarrimento” di qualche alunno che risulta disperso o mai connesso. Tuttavia, meritano di essere evidenziate le note positive che sarebbe un dispiacere riassumere. Invito pertanto i lettori a gustarsi gli ultimi tre capoversi a partire da “A fronte di tutto ciò” fino alla fine.
III testimonianza
Gentile dottore, devo dire che sono fortunata, da laureata in informatica mi sono sempre interessata all’uso delle tecnologie nella didattica, avevo già una buona padronanza di molti strumenti, una connessione con una buona velocità, un computer di un anno, quindi sufficientemente performante e per tutti questi motivi mi sono attivata già il 4 marzo per svolgere le prime lezioni in videoconferenza.
I ragazzi (liceo scientifico) hanno risposto con buona volontà, sono quasi sempre collegati, se non possono esserci avvisano tramite qualche compagno, per fortuna stanno tutti bene assieme alle loro famiglie e la maggioranza ha un giardino dove passare parte del proprio tempo, purtroppo, però, non tutti hanno una connessione sufficiente per poter utilizzare la webcam (o almeno così dicono), quindi non riesco a vederli tutti e a farmi aiutare almeno dall’espressione dei loro visi.
Non mi lamento, però sono stanchissima, con una collega abbiamo notato che anche i ragazzi lo sono, non è facile insegnare senza vedere il linguaggio del corpo dei ragazzi, linguaggio che ci dà il feedback su come stiamo facendo il nostro lavoro.
Un grande aiuto lo trovo dai colleghi: ho la fortuna di avere un gruppo di 4-5 persone con cui sono in contatto quasi quotidiano, con cui posso scambiare idee, difficoltà, esperienze. Senza di loro mi sentirei ancora più sola, visto che ero abituata a passare un po’ di tempo ogni giorno in sala insegnanti, dove il dialogo era intenso e costante e lo scambio era fondamentale sia per la professione che per il morale.
Poi c’è il DS, da cui non mi sento sostenuta: fa interventi (pubblici) in video ogni lunedì, che durano 20-25 minuti, in cui dice e non dice, dà indicazioni su piattaforme da utilizzare, bacchetta (nel primo video esplicitamente, poi in modo più soft)… ogni volta che ne esce uno io, disciplinatamente, lo guardo e mi rendo conto che avrei preferito non vederlo, mi sarei sentita meno sola, ma forse sono io che ho pregiudizi, perché il primo messaggio mi ha fatto saltare sulla sedia.
Se devo fare un bilancio del mio lavoro fino a qui, devo dire di essere abbastanza convinta di aver dato qualcosa ai ragazzi, sia dal punto di vista della rassicurazione, sia dal punto di vista della disciplina: mi faccio consegnare dei compiti, loro sanno che non verrà messo un voto ma che il lavoro servirà a loro per sapere a che punto si trovano, ma la correzione di questi compiti mi richiede ore di lavoro, insegnando matematica i lavoro sono scritti a mano e fotografati, e spesso la fotografia è sgranata, ci sono zone d’ombra… però, in genere, i lavori sono fatti abbastanza bene.
Grazie per tutto ciò che stai facendo per noi
Riflessioni
Sembrerebbe una situazione ideale nel momento opportuno: laurea in informatica, conoscenza dei software per la DAD, connessione rapida e PC adeguato, ragazzi più o meno in grado di seguire le lezioni e compiti svolti con sufficiente cura. Non mancano però le difficoltà per la stanchezza (se ancora non si è capito, sono per tutti più ore di lavoro) e DS in confusione come spesso succede. In questi casi è il corpo docente a dover cercare (per propria convenienza s’intende) di trovare il modo di rassicurare il capo d’istituto. Tuttavia, l’aspetto più prezioso di questa testimonianza risiede in queste affermazioni: “Un grande aiuto lo trovo dai colleghi: ho la fortuna di avere un gruppo di 4-5 persone con cui sono in contatto quasi quotidiano, con cui posso scambiare idee, difficoltà, esperienze. Senza di loro mi sentirei ancora più sola, visto che ero abituata a passare un po’ di tempo ogni giorno in sala insegnanti, dove il dialogo era intenso e costante e lo scambio era fondamentale sia per la professione che per il morale”. La condivisione rientra a buon diritto tra le principali strategie adattive nei confronti dello Stress-Lavoro-Correlato.
IV testimonianza
Ho 27 anni, sono una maestra d’inglese precaria. Il mio Istituto si trova in alto Adige. Dopo la conferma della chiusura delle scuole, ogni insegnante ha attuato fin da subito modalità diverse di didattica a distanza: blog, piattaforme, invio di compiti per e-mail o tramite i rappresentanti di classe. Ci sentiamo tra di noi quotidianamente per scambiarci idee, consigli e informazioni. Purtroppo, però il nostro Dirigente non ci sta “seguendo”: nessun collegio docenti in webinar, nessuna video conferenza per programmare, nessuna indicazione su che metodologia comune utilizzare. Ho consigliato video su Youtube, ho creato un blog didattico, ho inventato esercizi online, giochi interattivi, ho mandato PDF da stampare, schemi, schede, esercizi e mappe. Ho cercato di far utilizzare l’inglese anche al di fuori del contesto scolastico, dando per compito una ricetta, un gioco di carte, una caccia al tesoro da fare in famiglia.
Purtroppo ho “fallito” ogni volta: genitori senza stampanti che non potevano stampare i PDF, famiglie senza connessione e/o senza computer che non potevano fare i giochi online, genitori che sostenevano che un blog didattico con era un mezzo ufficiale di didattica a distanza, genitori che pretendevano fossimo noi a stampare i materiali e farli avere loro per posta, famiglie che sostengono di non avere più autorità sui loro figli e di non riuscire a tenerli sui compiti nemmeno un’ora al giorno, genitori che puntano il dito senza sapere nulla, genitori che vogliono più video lezioni ma meno compiti, altri che pretendono di dover andare avanti con il programma ma di non voler “ricominciare a studiare l’inglese a 40 anni”.
Alcuni hanno cominciato addirittura a giudicarmi senza conoscermi: “Non hai figli, sei giovane, non sai cosa vuol dire dover cucinare e fare la spesa e in più fare i compiti con i tuoi bambini. Sarai sempre a casa a rilassarti!”
Sono giovane, non ho figli ma sono ben consapevole del compito di noi insegnanti.
So che sono i bambini ad essere i protagonisti della scuola e non i concetti. Penso di saper rendere giocosa anche la lezione più noiosa, conosco lo sguardo preoccupato dei bimbi che si accorgono di aver dimenticato di fare il compito e proprio per questo evito di metter loro la nota, concedendo una “seconda possibilità”.
Cerco di fare massima attenzione ai rapporti, con alunni e famiglie e lavoro al computer con fatica e impegno. Manca la presenza di un Dirigente che ci “guidi”, lungo la stessa strada, in questo periodo così complicato e delicato e che ci sostenga quando i genitori puntano il dito.
E manca la fiducia da parte delle famiglie in noi insegnanti, nelle nostre capacità, nel nostro impegno continuo, nella nostra didattica che si è dovuta trasformare e uscire dalle classi.
Riflessioni
La buona volontà di questa giovane maestra precaria è addirittura commovente per l’impegno profuso nell’attività didattica in presenza e a distanza. Sono altrettanto facilmente intuibili i nemici con cui si troverà a cimentare le proprie forze: il precariato, genitori assenti o incombenti, un dirigente “trasparente”. A sostenere la giovane maestra sono i quotidiani contatti virtuali ma importantissimi coi colleghi. Basterà a crescere professionalmente o giungerà inevitabile l’obiettivo minimo di sopravvivere? Di sicuro merita gli auguri di tutti noi
Suggerimento
Per concludere metto a disposizione un cortese invito a partecipare a una community da parte di una docente di inglese per scambiare idee, commenti, materiali e altre iniziative.
Insegno inglese da 30 anni (gli ultimi 10 nella scuola secondaria come docente precaria) e sono una conversatrice madre lingua inglese. Insegno in due scuole secondarie nella provincia di Torino. Non avendo dei testi da seguire, devo preparare tutto il materiale da proporre alle mie 18 classi. Passo ore a cercare articoli giornalistici, video e podcast che siano stimolanti e adatti a ciascun livello. Sono soprattutto, le basi per un ulteriore approfondimento da parte dei miei allievi visto che Il mio compito d’insegnante è anche di coinvolgere i ragazzi attivamente, sposando la formula del “learning by doing” di Dewey. Così ho creato un google site per poterci unire, in questo momento difficile, in una comunità di learners, per scambiare riflessioni sia culturali che di attualità.
Ecco il link:
https://sites.google.com/iiscurievittorini.edu.it/curie-linguistic-department/home-page
Prof.ssa Jessica Molinaro
www.facebook.com/vittoriolodolo
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