di Reginaldo Palermo, La Tecnica della scuola, 7.4.2020
– Con il decreto legge approvato dal Governo il 6 aprile la didattica a distanza diventa la modalità ordinaria di insegnamento/apprendimento a cui fare ricorso in questo scorcio di anno scolastico mentre, in futuro, potrebbe essere utilizzata sia in situazioni di emergenza sia in condizioni “normali”.
Un’attenta lettura del testo del provvedimento ma anche della relazione tecnica allegata di cui la nostra redazione è entrata in possesso sembrano fugare ogni possibile dubbio.
La relazione chiarisce che la disposizione contenuta nel comma 3 dell’articolo 2, relativa appunto alla didattica a distanza, “dà forza di legge e sistematizza” quanto già disposto con il DPCM dell’8 marzo scorso.
“Si tratta – aggiunge testualmente la relazione – di una disposizione che, per il tempo dell’emergenza epidemiologica, trasferisce in modalità telematica l’attività delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione”.
Letto alla luce delle precisazioni della relazione tecnica, anche il testo del comma in questione appare chiaro: “In corrispondenza della sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica – recita il decreto – il personale docente assicura comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza”; la disposizione normativa si riferisce dunque senza dubbio alla attività di didattica a distanza già in corso nella stragrande maggioranza delle scuole d’Italia.
E’ del tutto evidente, infatti, che per “sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica” si intende appunto la sospensione dell’attività in corso in questa fase.
D’altronde le stesse organizzazioni sindacali lo confermano implicitamente: “In termini perentori – afferma per esempio la Flc-Cgil – si dice che la didattica a distanza diventa ‘prestazione ordinaria’ come se ciò bastasse a risolvere tutte le criticità che sono emerse in queste settimane: carichi di lavoro inediti per 800 mila docenti, stress enorme per le famiglie, impossibilità di raggiungere la totalità degli studenti”.
E anche la Gilda sostiene: “Occorre avere indicazioni chiare e precise sul tipo di didattica a distanza che si intende implementare, anche in relazione alla diversa età degli alunni. Se le condizioni sanitarie non consentiranno il ritorno sui banchi a settembre, bisognerà programmare un sistema alternativo che non può limitarsi a scimmiottare le lezioni in classe”.
Il problema, semmai, è che la norma rischi di rimanere sulla carta a causa delle carenze strutturali e strumentali diffuse in tutto il Paese. Ci riferiamo, per esempio, alla mancanza di adeguata copertura di rete che riguarda soprattutto le aree più marginali della nazione dove la didattica a distanza potrebbe rivelarsi insufficiente a contenere la dispersione scolastica.
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