di Gianfranco Scialpi, Scuola in Forma, 3.5.2020
– Didattica mista a settembre? È una delle possibilità presentate ieri dalla Ministra Lucia Azzolina. È una soluzione quasi a costo zero, ma che non risolve alcun problema organizzativo e didattico.
Didattica mista a settembre, l’intervista della Ministra
Didattica mista a settembre. È una delle possibili soluzioni per il rientro a scuola a settembre. L’opzione è stata proposta ieri a SkyTg24 e ripresa da Luigi Rovelli. Si legge: “A settembre si deve tornare a scuola, gli studenti ne hanno diritto.
Lucia Azzolina, però, ha parlato anche di come potrebbe ripartire la scuola, ovvero con la possibilità di una ‘didattica mista‘, in parte in presenza e in parte online, a distanza. Niente doppi turni ma una divisione delle classi con la metà degli studenti che andranno a scuola per metà settimana, mentre l’altra metà resterà collegata online, a distanza, in modo tale che la socialità possa restare.
Nel resto della settimana accadrà il contrario, gli studenti che si sono recati fisicamente a scuola potranno rimanere a casa e viceversa per un’alternanza che potrebbe valere anche per la scuola primaria.”
Una buona soluzione ‘economica’
La possibile soluzione strettamente correlata all’andamento del contagio è sicuramente una soluzione a costo (quasi) zero. Ottimizza le risorse esistenti! Diverso il discorso se la Ministra avesse optato per i doppi turni “che avrebbe richiesto migliaia di altre assunzioni, oltre le 24mila già deliberate, come già stanno chiedendo sindacati e forze politiche” (La Stampa del 3 maggio).
Quindi la soluzione proposta da Lucia Azzolina risponde ai soliti diktat dell’economia che anche in un contesto di emergenza riesce a far sentire la propria voce, condizionando una Ministra, esperta di aula, anche se ormai proiettata professionalmente ad assumere l’incarico di Dirigente Scolastica.
Una soluzione scarsamente efficiente ed efficace
Economicamente è una soluzione pasticciata e fuori da ogni logica che finalizza l’ottimizzazione delle risorse al raggiungimento del risultato. Questo declinato nel contesto scolastico rimanda al conseguimento di un livello di apprendimento adeguato.
Ogni ottimizzazione delle risorse risulta efficiente se consente di raggiungere il risultato con il minore utilizzo di risorse. Nel nostro caso la didattica mista risulta per nulla efficiente ed efficace, in quanto i risultati di apprendimento sarebbero sicuramente dubbi da renderli impresentabili. Quindi un fallimento su tutta la linea.
L’impegno della ministra per abolire le classi pollaio
La Ministra ha sempre parlato del suo impegno ad abolire il sovraffollamento delle classi, imposto dal duo Gelmini/Tremonti (2008-2009). Lucia Azzolina, infatti, è la prima firma della proposta di legge del 5 luglio 2018. Ha sempre confermato questo impegno in molte interviste, supportata dalla sua esperienza diretta di insegnante. Anche ieri ha dichiarato:”Non possiamo far tornare gli studenti a scuola con 28-30 persone per classe. Io ho fatto una battaglia contro le classi pollaio. E io sono stata derisa, perché mi dicevano che queste classi pollaio non esistevano. E adesso tutti si rendono conto di quanto sia importante la scuola e del fatto che le classi pollaio esistono”
La conferma delle classi pollaio, ma nella versione Covid-19
Purtroppo la soluzione della didattica mista non abolisce le classi pollaio. Ne elimina l’aspetto fisico, legato alla presenza eccessiva degli studenti in aula. Rimangono, invece tutti i problemi legati all’organizzazione della didattica inclusiva. Anzi aumentano! L’insegnante dovrà lavorare in un contesto di ambiente di apprendimento allargato caratterizzato non dalla sottrazione, ma dalla somma delle criticità dei due sottoambienti (fisico e virtuale).
Facile ipotizzare i condizionamenti della didattica a distanza sul lavoro in aula. Sarà molto difficile, infatti lavorare contemporaneamente su due dimensioni in una logica di inclusione, senza dover risolvere eventuali problemi tecnici legati direttamente al dispositivo o causati dalle disconnessioni dovute al carico della Rete o al tipo di contratto dell’utente… Risulterà complesso, inoltre il controllo dei lavori singoli o di gruppo in un continuo salto dimensionale.
Senza dimenticare ( e qui giungiamo ai problemi dell’aula-Covid-19) la continua attenzione che dovrà porre l’insegnante al distanziamento fisico (mi piace poco l’aggettivo sociale) o al corretto uso delle mascherine per evitare contagi su sé stesso ed eventuali chiamate per inottemperanza alla culpa in vigilando (art. 2048 c.c.).
Che fare allora?
L’inclusività e il raggiungimento di obiettivi di apprendimento di qualità costano. Del resto il Ministro ha sempre espresso il suo impegno per una scuola per ognuno e per tutti.
Se si intende conseguire i suddetti traguardi, non resta che optare per i doppi turni, soluzione non gradita dalla Ministra. In pratica occorrerà dividere la classe in due sottogruppi. Il primo (A) entrerebbe a scuola la mattina, il secondo il pomeriggio. Il giorno successivo le parti si invertono. Ovviamente la composizione dei gruppi cambierebbe ogni mese per favorire la socializzazione con tutti. Questo tipo di organizzazione non escluderebbe a priori il momento della mensa, molto diffuso nella scuola dell’infanzia e primaria. Occorrerebbe organizzarlo anche con il supporto di altro personale, oppure prevederlo in aula negli ultimi trenta minuti del turno antimeridiano.
È indubbio il vantaggio di una scuola organizzata su due turni sulla personalizzazione dei percorsi di apprendimento.
L’alternativa è proseguire solo con la didattica a distanza che azzera tutti i problemi legati alla presenza in aula, lasciando però irrisolto quello dell’inclusione.
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