Docenti, SC: prima dell’esito del periodo di prova, nessun accertamento di idoneità psico-fisica

di Rosalba Sblendorio, Studio Rando Gurrieri, 15.3.2019

– Con sentenza n. 6334 del 5 marzo 2019, la Corte di cassazione ha stabilito che l’immissione nei ruoli del personale docente consegue a una valutazione positiva espressa all’esito del periodo di prova. In difetto di questa, il rapporto può essere risolto. In tali casi l’amministrazione scolastica, datore di lavoro pubblico:

  • esprime un giudizio non sindacabile nel merito;
  • non è tenuta, prima della conclusione del periodo di prova su indicato, ad avviare un procedimento per accertare l’idoneità psico-fisica del docente. E ciò in considerazione del fatto che questa procedura presuppone che il periodo di prova in esame sia stato già positivamente superato.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all’esame dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa.

La ricorrente ha agito in giudizio per chiedere la reintegrazione nei ruoli del personale docente, previo accertamento dell’illegittimità del decreto, con il quale il dirigente scolastico ha disposto la non conferma in ruolo per esito negativo del periodo di prova. In primo grado la sua domanda è stata rigettata e così la ricorrente ha proposto appello, lamentando che il provvedimento amministrativo in questione è illegittimo per non aver la P.A., prima di esercitare il recesso, atteso l’esito del procedimento di accertamento di idoneità psico-fisica della docente avviato su iniziativa della stessa amministrazione scolastica. La Corte territoriale ha confermato la decisione del primo Giudice. A suo dire, infatti, va escluso che pregiudiziale rispetto alla valutazione della prova è la definizione del procedimento finalizzato ad accertare l’idoneità psico-fisica della docente.

E ciò in considerazione del fatto che l’art. 3 del d.P.R. n. 171/2011 «è chiaro nel prevedere che detto procedimento può essere avviato dal dipendente o dal dirigente scolastico solo in caso di stabilità del rapporto, essendo incompatibile con la precarietà che connota il lavoro in prova». Un’incompatibilità, questa, che emerge con più evidenza dal fatto che «l’eventuale giudizio di inidoneità determina l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 in tema di messa a disposizione e di mobilità, che presuppone, appunto, la definitiva instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato». Alla luce di tali considerazioni, pertanto, i Giudici d’appello hanno rigettato la domanda della ricorrente.

Così il caso è giunto dinanzi alla Corte di cassazione.

Ripercorriamo i punti salienti dell’iter logico-giuridico seguito dai Giudici di legittimità.

La decisione della SC.

Innanzitutto, appare opportuno rilevare che il reclutamento del personale docente della scuola è disciplinato dal d.lgs. n. 297 del 1994 che, agli artt. 437 e seguenti applicabili al caso di specie nel testo vigente all’epoca dei fatti, prevede l’obbligatorietà dell’assunzione in prova. Tale obbligatorietà caratterizza il lavoro pubblico contrattualizzato, «distinguendolo, sotto questo profilo, da quello privato (si rinvia a Cass. n. 32877/2018 ed alla giurisprudenza ivi richiamata)». L’esito positivo del periodo di prova conduce alla stabile immissione nei ruoli del personale scolastico. La mancanza di una valutazione positiva comporta la risoluzione del rapporto ai sensi dell’art. 496 del richiamato d.lgs. n. 297/1994. In punto, la Corte di cassazione evidenzia che la valutazione del periodo di prova rientra nell’ambito dei giudizi discrezionali che il datore di lavoro esprime, con l’ovvia conseguenza che detta valutazione non può essere sindacabile nel merito.

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