Insegnanti

E’ cominciata la campagna elettorale. Sulla scuola nessuno dice niente, ma c’è tempo per le solite promesse.

 di Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 28.7.2022.

Le grandi riforme immaginate da Bianchi rimangono al palo. La chiusura del governo dei migliori lascia di fatto inalterata una situazione preoccupante per la scuola pubblica statale italiana e soprattutto per gli insegnanti.

Nel discorso di commiato Mario Draghi non ha citato la scuola e gli insegnanti, quasi fosse scontato che i veri problemi del Paese fossero altri. Per le nostre forze politiche la scuola, tutto sommato, funziona, i docenti non si arrabbiano troppo per i bassi stipendi, i sindacati sono piuttosto malleabili e l’unica emergenza è sistemare in qualche maniera il precariato.

Il Ministero Bianchi
La pessima esperienza del Ministro Bianchi ha dimostrato solo l’inutilità di ragionare sull’istruzione e la formazione senza una visione politica forte su di esse. Quando la decisione ultima sugli investimenti sull’istruzione slitta nelle mani del Ministero dell’Economia la scuola diventa solo numeri e costi. Oppure diventa solo una massa di contenitori fisici chiamati edifici scolastici da rinnovare o la ripresentazione dei soliti piani 0-6 anni con la promessa del mitico aumento dei nidi e delle scuole dell’infanzia in una prospettiva sostanzialmente socio-economica di sostegno alle famiglie e di contrasto alla denatalità.
Il PNRR può continuare ad essere in  parte attuato dal governo uscente poiché si tratta di interventi già programmati anche per il settore dell’istruzione e della formazione (19 miliardi e 44 milioni con interventi che partono dagli asili nido e arrivano fino all’università).

Le grandi riforme immaginate da Bianchi rimangono al palo.

La riforma del reclutamento necessita di ben 14 decreti attuativi e si prospettano ancora una volta organici composti in parte rilevante da docenti precari. Siamo sicuri che in campagna elettorale alcune forze politiche si smarchino dai provvedimenti approvati (anche con il loro voto favorevole) promettendo una radicale modifica. Il tutto per il facile consenso delle decine di migliaia di docenti precari stufi di dover assistere al balletto delle riforme a loro volta riformate ad ogni cambio di governo.
Quando si fa riferimento alla necessità di intervenire con decreti attuativi ci si dimentica che chi fa le scelte concrete sono i funzionari ministeriali che interpretano spesso discrezionalmente leggi fatte male e peggio scritte. Di fronte a Ministri deboli o parolai la macchina ministeriale con i suoi esperti fa le leggi e le applica. Ciò vale ancor di più anche per tutta la partita dell’edilizia scolastica che abbisogna di tavoli di concertazione tra governo, enti locali e ministero dell’istruzione.

Fortunatamente potrà essere messa da parte la promessa riforma dei tecnici e professionali che Bianchi immaginava approvata in autunno. Anche in questo caso aspettiamo con ansia le proposte delle forze politiche in campagna elettorale, ma abbiamo più preoccupazioni che speranze.

Il “concorso di idee per la scuola” messo in cantiere da Bianchi è destinato ad una rapida estinzione. Manca ancora il necessario protocollo anti Covid per il 2022-23, visto che il virus continua a prosperare e diffondersi. Non ci sono idee per la prossima legge di bilancio che doveva almeno reintegrare gli stanziamenti per il contratto della scuola 2019-2021, scaduto da tre anni e per il prossimo CCNL 2022-24.

Come si può notare, la chiusura del governo dei migliori lascia di fatto inalterata una situazione preoccupante per la scuola pubblica statale italiana e soprattutto per gli insegnanti, situazione che si è venuta a deteriorare sempre di più negli ultimi vent’anni.

Non si può tacere che il governo dei migliori ha ascoltato i peana dei gestori degli stabilimenti balneari, dei tassisti, dei ristoratori poco ristorati, ecc. Mai una vera attenzione per i docenti e le loro condizioni lavorative.  E’ anche colpa dei docenti che non riescono a farsi sentire, o non vogliono farsi sentire. Quando l’ultimo sciopero generale della scuola ha raggiunto a malapena la percentuale del 20% significa che c’è una crisi della rappresentanza sindacale e dell’immagine di una professione ridotta ad un semplice “posto di lavoro fisso” mal pagato e poco valorizzato.

Forse bisogna approfittare della campagna elettorale in atto per far sentire la voce dei docenti e dei lavoratori della scuola senza delegare a dirigenti scolastici e sedicenti esperti la soluzione dei problemi.

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E’ cominciata la campagna elettorale. Sulla scuola nessuno dice niente, ma c’è tempo per le solite promesse. ultima modifica: 2022-07-28T06:13:20+02:00 da
Gilda Venezia

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