di Pietro Alessio Palumbo, Il Sole 24 Ore, 20.4.2021.
La mancata attivazione delle attività di recupero e degli oneri di informazione alla famiglia circa l’andamento scolastico dell’alunno non influisce sul giudizio di non ammissione alla classe successiva.
Il “verdetto” si basa esclusivamente – senza che ad esso possa attribuirsi alcun intento “punitivo” – sulla constatazione oggettiva della insufficiente preparazione dello studente e dello scarso grado di maturazione personale dello stesso. A fronte di ciò, a ben vedere, l’ammissione dell’allievo alla classe superiore potrebbe costituire un danno piuttosto che un “premio”.
La maturazione frammentaria
La “bocciatura” di un alunno si basa unicamente sulla sua insufficiente preparazione e sul suo incompleto sviluppo educativo e formativo. E la valutazione di legittimità di tale giudizio deve essere condotta avendo esclusivo riguardo agli elementi che denotano, alla conclusione dell’anno scolastico, la presenza o meno di un sufficiente livello di conoscenze, ma anche di “crescita” dell’alunno.
Inoltre si badi, neppure vale ad inficiare il giudizio del consiglio di classe, un eventuale difetto di relazioni scuola – famiglia, dato che ciò che assume imprescindibile rilievo è la possibilità di esprimere un giudizio favorevole sulla preparazione e sul livello di apprendimento “concretamente” raggiunti al termine dell’anno scolastico; ovvero, in presenza di carenze, una valutazione positiva sulla “realistica” possibilità del loro recupero.
La valutazione di “congruità” del giudizio di non ammissione alla classe superiore deve quindi essere condotta avendo riguardo solo ai fattori che mostrano, alla conclusione dell’anno scolastico, la mancata “maturazione” dello studente, senza che su di essa possa incidere l’eventuale scarsa attivazione di specifici interventi atti a favorire il recupero scolastico dello studente.
Lo scarso impegno del ragazzo
Nella vicenda affrontata dal Tar di Palermo con la recente sentenza 700/2021 il livello globale di sviluppo degli apprendimenti dell’alunno era stato giudicato insufficiente da parte della scuola. L’alunno infatti aveva mostrato un “interesse minimo” per le attività proposte, partecipando alla vita scolastica in modo poco attivo e comunque discontinuo. Il risultato era stato che gli obiettivi delle programmazioni disciplinari non erano stati raggiunti, riportando insufficienze in ben cinque materie.
Al riguardo occorre evidenziare che il giudizio di non ammissione costituisce il frutto di una valutazione discrezionale di carattere tecnico-didattico sulla preparazione degli alunni che in quanto tale non è “discutibile” dal giudice amministrativo, salvo che da carte e comportamenti venga fuori una (evidente) irragionevolezza o illogicità.
Ebbene nella vicenda, secondo il Giudice siciliano, il giudizio conclusivo di non ammissione alla classe successiva era “congruente” e quindi “immune” dalle lamentele dei genitori che, su tutto, avevano segnalato la scarsità delle comunicazioni da parte della scuola sulle carenze riscontrate dal figlio già dal primo quadrimestre.
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