di Curzio Maltese, Contromano, il Venerdì di Repubblica, 21.7.2017
– Accanto al populismo attratto dalle soluzioni regressiva e irrealistiche di demagoghi furbastri, esiste anche un’altra antipolitica di cui non si discute mai, assai più affascinante. È l’antipolitica di pezzi crescenti della società che sono troppo avanti rispetto alle classi dirigenti per sensibilità, modernità e intelligenza del reale.
I segnali sono molti e Repubblica ne ha forniti un paio importanti nelle ultime settimane. Una bella ricerca di Ilvo Diamanti sulle parole dominanti ha messo in cima alla visione del futuro degli italiani ambiente ed energie rinnovabili, segno di saggezza del nostro popolo che non trova espressione nell’agenda dei vari governi.
L’altro segnale è un referendum fra la comunità dei lettori di Repubblica che ha eletto come priorità assoluta della sinistra, accanto ovviamente alla lotta alla disoccupazione, l’investimento su istruzione e ricerca. Un tema quasi ignorato nei pollai televisivi che da anni hanno sostituito il discorso pubblico, eppure centrale nei pensieri di larghi settori della società. Dovrebbe essere perfino banale ripetere che per una sinistra moderna l’ínvestimento pubblico nell’istruzione è una priorità assoluta perché è la chiave per cambiare un sistema che produce sempre maggiori ingiustizie, disoccupazione, esclusione e paure, regressione e infine, inevitabilmente, il fascismo.
Ma è impossibile capirlo per la politica. La nostra ha continuato per decenni a tagliare ifondi a]l’istruzione, con gli effetti ben descritti dalla lettera di addio alla ricerca di Massimo Pierrnattei, lo storico che si è messo a vendere pezzi di ricambio dopo una vita da precario. Tagli che non sono serviti a ridurre la spesa pubblica, dove gli sprechi impazzano, fre opere inutili, migliaia di enti parassitari moltiplicati dal cosiddetto federalismo, favori alla finanza e corruzione. In compenso hanno accelerato di molto il declino del Paese, umiliato gli insegnanti, impoverito di futuro i giovani e ridotto la grande istituzione della scuola pubblica a imitare bolsi modelli aziendali anni ’90.
Qualcosa ora si muove nell’opiníone pubblica. Gli unici due leader che hanno messo l’istruzione al centro della campagna, Bernie Sanders e Jeremy Corbyn, sono stati premiati con risultati insperati. In Italia cresce la popolarità dei pochi leader, come il ministro Franceschini o la commissaria Mogherini, che almeno mostrano sensibilità per questi temi. Papa Francesco è l’unico leader universalmente stimato non solo per quello che dice ma per come lo dice, da grande intellettuale in un panorama mondiale mai tanto afflitto da leader mediocri come quelli sfilati all’ultimo G20 di Amburgo.
Se davvero la sinistra vuole inaugurare un nuovo futuro, hanno ragione i lettori di Repubblica, è dalla scuola che deve ripartire.
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Fate una cosa di sinistra: ripartite da Scuola e Ricerca
ultima modifica: 2017-07-24T16:40:10+02:00
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